“Il potere dell’ascolto”, testo di Enzo Bianchi pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 7 di agosto ultimo: (…). …mi sembra che non ci sia consapevolezza del fatto che quando viene meno l’ascolto la modalità delle relazioni diventa veramente patologica e a poco a poco prevale la barbarie. Sempre più ci accade di subire l’ascolto come una pratica fastidiosa, crediamo di dover impegnare ogni minuto del nostro tempo nel dire e nel fare, non certo nell’ascoltare, e quando siamo proprio costretti all’ascolto facciamo sì che questa “incombenza” duri il meno possibile. Eppure dovremmo sapere che per gli umani “in principio era l’ascolto…”, che è l’ascolto ciò che permette di situarci rispetto agli altri. Il rapporto con gli altri si fonda sulla capacità di articolare la parola pronunciata con l’ascolto e solo quest’ultimo rende feconda e significativa la parola ascoltata. Ascoltare è molto più che sentire e per questo è un atto di volontà, richiede una decisione. Quando ci si predispone all’ascolto occorre rientrare in sé, far tacere il brusio interiore e prestare attenzione a colui o colei che si ascolta. Va detto: ascoltare è anche un’operazione faticosa, richiede di essere presenti e svegli di fronte all’altro tentando di comprenderlo fino a sentirsi coinvolti con lui. L’altro non sempre pronuncia parole di reale interesse: per questo chi ascolta deve essere esercitato alla pazienza e impegnato in uno sforzo di interpretazione che sovente è pesante e a caro prezzo. Solo così si ascolta ciò che l’altro vuole comunicare e si conosce l’empatia. Un ascolto fatto perché “si deve”, un ascolto di routine, senza coinvolgimento e senza “eros”, cioè passione per l’altro, fallisce. Solo l’ascolto autentico fa vivere l’altro, solo l’ascolto reciproco crea un legame! Ma accanto all’ascolto dell’altro, altrettanto necessaria e ancora più difficile è l’arte dell’ascolto di sé, delle profondità del cuore, del proprio intimo. Talmente importante che i credenti dicono che quello è ascolto di Dio stesso: un ascolto della coscienza. Ognuno di noi ha nel proprio intimo il maestro interiore che gli indica ciò che è bene e ciò che è male. Ecco allora la necessità dell’ascolto delle intuizioni che provengono dal profondo, parole che emergono dal mistero del proprio “uomo nascosto del cuore”, che ispirano le parole che diciamo e offrono le chiavi per interpretare le parole che ascoltiamo. Ascoltare è dare ascolto! Se nella vita quotidiana lo praticassimo di più non giungeremmo a ipotizzare “stanze per l’ascolto”, di per sé insufficienti a rendere possibile quella grande esperienza umanizzante che è l’ascolto autentico.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
martedì 29 agosto 2023
Dell’essere. 100 Umberto Galimberti: «La comunicazione si dischiude quando il silenzio non è semplice "non dire", ma "ascoltare"».
Ha scritto Umberto Galimberti in “L'eco del silenzio” pubblicato sul
settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 26 di agosto 2023: Presso
i papuani, ci informa il geografo francese Émile Baron, il linguaggio è poverissimo. Ogni tribù ha la propria lingua, il cui
lessico si impoverisce di continuo perché, dopo ogni morte, vengono soppressi
alcuni vocaboli in segno di lutto. Nel nostro linguaggio, invece, regna
un'economia di profusione e di abbondanza, come se di parole ce ne fossero
tante, e tante ce ne saranno sempre quante se ne vorrà, senza che mai si
profili lo spettro della penuria. Viviamo, infatti, nel rumore del mondo,
sottomessi a un regime acustico-visivo, per cui sempre meno esiste un posto
silenzioso. Penetrando senza essere richiesto, in modo indiscreto e invadente,
senza neppure bisogno del nostro esplicito consenso, il mondo delle parole e
delle immagini è diventato lo sfondo da cui ciascuno non può ritagliare un
brandello di silenzio per incontrare se stesso. Come se concedersi un minimo di
riflessione su di sé fosse diventata un'esperienza così inquietante per cui
ciascuno fugge da sé come dal più temibile nemico. Privati come siamo della
possibilità di non ascoltare e di non vedere, immersi in quel mero recitare ciò
che insieme si ascolta senza interruzione, il nostro udito e la nostra vista
finiscono con l'essere organi della soppressione della nostra libertà. E questo
perché, ridotti come siamo a puri ripetitori di quel monologo collettivo, dove
chi ascolta finisce con ascoltare le cose che egli stesso potrebbe
tranquillamente dire, e chi parla dice le stesse cose che potrebbe ascoltare da
chiunque, celebriamo quel perfetto conformismo dove il nostro tratto specifico,
la nostra individualità, ciò che rende ciascuno diverso dall'altro, non avendo
un vocabolario a disposizione che non sia il monologo collettivo in cui non
riesce a dirsi, tace in quel silenzio che ciascuno sempre più avverte quando
incontra se stesso. Che ne è a questo punto di quei dialoghi interiori che non
si articolano in suoni vocali? Che ne è di quelle emozioni che silenziosamente
accompagnano lo stupore, di quegli sguardi intensi che, senza parole, dicono
l'intensità di un amore, di quei soliloqui interiori dove un io e un tu danno
vita a quel dialogo segreto che sempre accompagna chiunque voglia incontrare se
stesso? Avvolti come siamo dal rumore del mondo, questi spazi, che solo il
silenzio sa concedere, non solo si riducono, ma trasformano la natura stessa
del silenzio che diventa qualcosa di sospetto. Mi riferisco a quei silenzi
tesi, chiusi, impermeabili alla comunicazione che penetrano come una linea
retta per ferire, o per respingere come una linea convessa tutto quello che
incontrano, È il silenzio che diffonde intorno a sé un vuoto che caratterizza,
soprattutto tra padri e figli, tutte le comunicazioni mancate, oppure è il
silenzio insidioso, difficile da descrivere, ma che lo si scopre quando è già
penetrato per devastare, far tacere, nascondere, negare la muta richiesta di
chi vorrebbe sentire una parola. Come la parola, infatti, anche il silenzio può
essere al servizio della comunicazione od opporvisi, perché la comunicazione si
dischiude quando il silenzio non è sempliçe "non dire", ma
"ascoltare", sapendo però che un ascolto è un vero ascolto se lascia
l'altro nella sua irriducibile alterità. Scopriremo allora che quell'altro
siamo anche noi stessi, di cui possiamo accorgerci solo quando saremo in grado
di far tacere il discorso che quotidianamente facciamo per ribadire
quell'identità che ci inchioda a quell'unico senso edificato per esorcizzare il
terrore dello smarrimento di sé.
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"Parlare è un bisogno, ascoltare è un'arte".(Johann Wolfgang Goethe). "Ascoltare è un atto di silenzio".(J.Krishnamurti). "Sempre ti ascolto in silenzioso stupore".(R.Tagore). "La conoscenza parla,ma la saggezza ascolta".(Jimi Hendrix). "Parlare è un mezzo per esprimere se stessi agli altri, ascoltare è un mezzo per accogliere gli altri in se stessi ".(WenTzu). "Crediamo di ascoltare,ma molto raramente ascoltiamo con vera comprensione,vera empatia. Eppure, l'ascolto di questo tipo, molto speciale, è una delle forze di cambiamento più potenti che io conosca ".(Carl Rogers). Grazie per questo post preziosissimo che ho apprezzato moltissimo e che farà parte di quei gioielli da conservare gelosamente... Ottimo l'accostamento di quanto espresso meravigliosamente da questi due grandi Pensatori, che tanto amo,su un tema, secondo me, particolarmente significativo e importante. Grazie di cuore ancora e buona continuazione.
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