"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 19 agosto 2023

Capitalismoedemocrazia. 80 La statunitense Exxon: «È altamente improbabile che la società accetti il peggioramento degli standard di vita che richiederebbe il raggiungimento delle emissioni nette zero nel 2050».

Ha scritto Alberto Vannucci in “E intanto il capitale ha catturato lo Stato” pubblicato sul periodico mensile “Millennium” del mese di agosto 2023: (…). Nell'attuale stadio di sviluppo delle forze di produzione, tanto per rispolverare la terminologia marxista vintage, corrispondente al "capi talismo immateriale" del terzo millennio, si sono spalancate le più abissali sperequazioni nella distribuzione della ricchezza mai sperimentate dall'umanità. Oxfam denuncia che i dieci uomini più ricchi al mondo dispongono di un patrimonio sei volte superiore a quello del 40% dell'umanità, ossia oltre tre miliardi di persone. Nel contempo, l'atomizzarsi delle relazioni lavorative ha disgregato qualsiasi aspirazione a riconoscersi reciprocamente quali portatori di una comune "coscienza di classe". La classe operaia non è andata in paradiso, come immaginava Elio Petri in un bel film del 1971, ma neppure è sprofondata all’inferno: si è dissolta in un limbo, mestamente. Per tornare a Marx, non sono mai apparse così stridenti le contraddizioni tra lo sfruttamento delle "forze produttive materiali della società" e "i rapporti di produzione" che tutelano giuridicamente queste feroci diseguaglianze. Eppure nessuna "rivoluzione sociale" si profila all'orizzonte a sconvolgere la base economica e la sua "gigantesca sovrastruttura". Forse perché nel frattempo i potentati economici hanno letteralmente catturato il sistema dei media e gli stessi decisori pubblici, messi a libro paga con finanziamenti elettorali, ovvero addomesticati garantendo loro porte girevoli verso futuri, ben retribuiti impieghi privati. Come mostra l'ultimo World Inequality Report, anche nei Paesi più sviluppati la ricchezza si concentra quasi integralmente nelle mani dei privati: i governi sono diventati sempre più poveri e dunque impotenti. (…).

«Troppe crisi per il dio Mercato», testo di Mauro Del Corno pubblicato sullo stesso periodico: (…). Marx è il teorizzatore delle crisi che, nella sua visione, il capitalismo è destinato inesorabilmente a generare, su scala sempre più larga, per effetto delle sue contraddizioni interne. Così sino alla inevitabile implosione finale. Nessuna speranza che il mercato si autoregoli, semplicemente non ne ha la capacità. E non bastano neppure sostegni esterni qua e là, convinzione che sottende invece alle teorie dell'economista inglese John Maynard Keynes. Sinora la storia non ha dato ragione a Marx, ma, a quanto pare, la storia non è finita, come invece ipotizzava il politologo Francis Fukuyama dopo il crollo del muro di Berlino. Nel mondo globalizzato sembra anzi realizzarsi una delle previsioni chiave contenute nelle tesi marxiane: una classe capitalistica sempre più esigua, ma che detiene enormi e crescenti quote di ricchezza e potere, contrapposta a una massa di persone che si allarga e che è sempre più sfruttata. Che, attenzione, non significa necessariamente diventare più poveri in senso assoluto, come 'spesso fraintende chi contesta Marx. Il tasso di sfruttamento (ossia la quota di ricchezza che chi dispone dei mezzi di produzione tiene per sé) può aumentare anche quando il disagio economico del lavoratore si riduce. «Ogni volta che il marxismo viene dichiarato morto e sepolto, ed è successo non so quante volte, si scatena l'ennesima ondata di crisi e le nuove generazioni riscoprono il valore di queste idee. In fondo non potrebbe essere diversamente, le contraddizioni del capitalismo provocano crisi, economiche, sociali, politiche e ambientali e ogni generazione che ne subisce le dure conseguenze cerca di comprenderle e ipotizzare una via alternativa», spiega David Ruccio, professore emerito di economia all'università di Notre Dame ed autore del libro Marxian Economics (…). «Ciò che le persone apprendono leggendo Marx, e facendo propri i suoi strumenti di critica, è innanzitutto la capacità di liberarsi dal cosiddetto senso comune, il pensiero dominante, da cui siamo quotidianamente bombardati». I politici studino. Curiosamente la consapevolezza del valore di questi strumenti di lettura della realtà sembra essere diffusa soprattutto tra le classi dominanti e, non di rado, proprio in quella finanza che incarna lo spirito più sfrenato del capitalismo. «I politici che cercano di capire il caos che segue il panico finanziario, le proteste e gli altri malesseri che affliggono il mondo farebbero bene a studiare un economista morto molto tempo fa: Karl Marx», ha scritto non molto tempo fa George Mangnus, autorevole consulente economico della banca svizzera Ubs. Restano emblematiche, nel loro "candore", le parole del finanziere americano, uno degli uomini più ricchi del mondo, Warren Buffett, riportate anni fa dal New York Times: «Certo che la lotta di classe esiste, solo che la stiamo vincendo noi ricchi». L'economista Vladimiro Giacché è uno studioso delle teorie di Marx, ma la sua carriera professionale si è svolta sinora nel mondo dell'alta finanza. Prima a Capitalia e Banca Profilo al fianco del banchiere Matteo Arpe, e ora responsabile della ricerca per Banca del Fucino. «Quando nel 2009 ho pubblicato un'edizione degli scritti di Marx sulla crisi, mi sorprese l'interesse mostrato da Arpe, con cui collaboravo, e da Alessandro Profumo», (…). «Ma in fondo si trattava di una sorpresa ingiustificata - continua Giacché - visto che le teorie di Marx rappresentano un'analisi dell'economia capitalistica e sono utili a chiunque desideri capire le linee di tendenza, i trend economici di fondo. A maggior ragione di fronte alla scarsa comprensione delle radici della crisi da parte dell'economia mainsteram, sia neoclassica sia neokeynesiana. La cosa paradossale, semmai, è che questi strumenti di analisi siano stati completamente dimenticati dalla politica». Bisogna ammettere che, soprattutto all'inizio, leggere Marx non è facile. Sebbene Il Capitale sia stato concepito dal suo autore come un testo destinato a operai autodidatti, alcune pagine sono oggettivamente ostiche. A passaggi brillanti che "giocano" con vari stili e suggestioni letterarie, se ne alternano altri più oscuri e faticosi. Ma lo sforzo ripaga e, una volta che si iniziano a padroneggiare alcuni concetti, si coglie pure il senso di speranza che pervade tutta l'opera. Per fortuna esistono numerosi contributi, incluso quello del citato professor Ruccio, che possono essere di grande aiuto per avvicinarsi senza soggezione all'autore. Dopo il 2008 sono nate, soprattutto negli Stati Uniti, diverse testate online, come Jacobin.com (…), che rielaborano le tesi marxiste in una chiave moderna e accessibile. Uno dei più instancabili divulgatori del pensiero di Marx è il geografo inglese, docente prima a Oxford e poi alla John Hopkins University e alla City University di New York, David Harvey, di cui sono stati pubblicati diversi libri anche in Italia. Di Harvey sono disponibili corsi on line gratuiti che spiegano il contenuto dei vari volumi del filosofo tedesco. L'ultimo suo libro uscito in Italia, Cronache anticapitaliste (Feltrinelli), è un contributo prezioso per attualizzare il pensiero di Marx nel contesto odierno. Se guardiamo che cosa accade oggi nelle fabbriche di Cina o Bangladesh, nota per esempio Harvey, possiamo fare esattamente la stessa considerazione che formulavano un secolo e mezzo fa Marx ed Engels: "Non è questo il modo in cui un mondo civile dovrebbe organizzare la propria produzione". Lo scorso marzo i colossi della tecnologia Apple e Foxconn, dopo un'intensa azione di lobbying, sono riusciti ad ottenere dallo stato indiano del Karnataka la pressoché totale liberalizzazione del mercato del lavoro locale, inclusa l'estensione di turni» fino a 14 ore, come presupposto per aprire uno stabilimento in loco. In Texas il governo ha da poco deciso di sopprimere l'obbligo per le imprese edili di concedere pause ai lavoratori per ristorarsi in condizioni di grande caldo. L'Inghilterra di Charles Dickens non è poi così lontana. Senza spostarci troppo, cosa dire dei protocolli applicati agli addetti alle catene di montaggio? Vengono cronometrati i tempi di ogni movimento (incluse le pause dei bisogni fisiologici) per assicurarsi che i ritmi produttivi vengano rispettati. Esattamente come previsto da Marx, l'essere umano finisce per diventare nulla più che una propaggine della macchina. Un libro pubblicato una quindicina di anni fa dall'economista Giorgio Ruffolo era titolato provocatoriamente Il capitalismo ha i secoli contati. E in effetti, sinora, questo modello economico è sempre riuscito a scavallare le sue crisi, spostando le stesse dinamiche che le provocavano su una scala più grande. La capacità, non solo di sopravvivere ma di radicarsi, rafforzarsi ed espandersi, ha portato molti osservatori a dubitare delle previsioni marxiane di un tracollo che, presto o tardi, sarebbe inesorabilmente giunto. Tuttavia, se indubbiamente Marx ha anticipato troppo i tempi della resa dei conti, non è detto che prima o poi questa non debba davvero presentarsi. È utile ricordare cosa ipotizzava la filosofa marxista Rosa Luxemburg nella sua "teoria del terzo fattore". Il capitalismo può perpetrare la sua espansione anche grazie all'esistenza di settori e aree del globo pre-capitalistici che vengono "catturati" e portati sotto la sua sfera di influenza. Il capitalismo si "nutre" di fattori esterni per sopravvivere alle sue crisi e il suo crollo potrà arrivare solo quando l'intera superficie della terra sarà conquistata e divorata. L’illusione dell’equilibrio. Convitato di pietra di questa discussione è oggi la crisi climatica che inizia a manifestarsi. «In una prospettiva marxiana, la crisi ambientale è in ultima analisi riconducibile al fatto che all'interno di una società capitalistica la valorizzazione del capitale, ossia il conseguimento del massimo profitto nel tempo più breve, rappresenta il valore supremo rispetto al quale ogni altra finalità passa in secondo piano», riflette Giacché. «Le crisi non hanno solo spiacevoli effetti pratici, ma cambiano anche le convinzioni delle persone. Quella del 2008 ha confutato l'idea che il capitalismo fosse in grado di' autoregolarsi. Marx è interessante perché» pensa esattamente il contrario: non solo è illusorio ritenere che la società capitalistica riesca a dominare le proprie contraddizioni, ma lo squilibrio, in questo tipo di società, è la normalità», aggiunge l'economista. Come rimarca il professor Ruccio, fin dalle origini il capitalismo ha sfruttato e modificato l'ambiente naturale. All'inizio ha trasformato il modo di vivere delle persone, espellendo i lavoratori dalla terra e affollandoli in grandi e malsani centri urbani. Poi, con l'estrazione di enormi quantità di materie prime e il passaggio all'industrializzazione basata sui combustibili fossili, ha innescato una cascata di effetti catastrofici che oggi riconosciamo come riscaldamento globale. Nonostante le crescenti evidenze di un potenziale imminente disastro, «aziende ed economisti tradizionali stanno facendo tutto il possibile per mantenere lo status quo e continuare a sfruttare le risorse fossili. Si affidano al mercato dei diritti di emissioni (…) ma non prendono in considerazione cambiamenti radicali nelle istituzioni e nelle dinamiche capitalistiche che hanno prodotto questa situazione». Illuminante leggere quanto scrive nel suo ultimo report la statunitense Exxon, una delle più grandi compagnie petrolifere al mondo: "È altamente improbabile che la società accetti il peggioramento degli standard di vita che richiederebbe il raggiungimento delle emissioni nette zero nel 2050". La società ha pertanto deciso di aumentare ulteriormente i suoi investimenti in petrolio e gas. «Siamo arrivati ad un punto - avverte Ruccio, in cui abbiamo disperatamente bisogno di un nuovo modello economico, e la critica marxista della politica economica può aiutarci a muoverci in questa direzione». Giovani rivoluzionari. Le più esposte alle conseguenze della crisi climatica in corso sono naturalmente le generazioni più giovani, non a caso le più attive nel mobilitarsi per la richiesta di un radicale cambio di rotta. Spesso queste proteste tendono però a focalizzarsi su problemi specifici, senza mettere in discussione la struttura economico-sociale che li genera. Tuttavia, nota ancora Ruccio, «i giovani hanno iniziato a creare spazi di riflessione alternativi e a svolgere un profondo lavoro intellettuale e politico. Oltre al disastro ambientale, hanno ereditato problemi gravi come debiti giganteschi, salari bassi e lavori precari. Non c'è da meravigliarsi, quindi, che gli Stati Uniti stiamo assistendo alla più grande e diffusa rinascita dell'organizzazione sindacale degli ultimi decenni, alimentata principalmente dai giovani lavoratori». Uno degli aspetti più affascinanti delle teorie marxiste è l'alta considerazione dell'essere umano e della sua dignità. In ultima analisi è questo il motivo per cui vale la pena di impegnarsi per cercare di migliorare la società in cui viviamo e fare in modo che agli individui sia data la possibilità di realizzare appieno le proprie potenzialità. "Il campo della libertà comincia in realtà soltanto dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dalle considerazioni terrene... Dopo comincia quello sviluppo dell'energia umana che è un fine in sé, il vero regno della libertà", scrive Marx che, come si vede, propone un'idea della libertà più alta e ampia dei "liberisti". Non si può però dimenticare come un'applicazione distorta di queste "utopie" abbia finito per dar vita ad apparati che hanno represso in modo feroce e disumano questa stessa libertà. Sarebbe imperdonabile ricadere negli stessi errori, ma c'è probabilmente anche da salvare, tanto o poco lo si capirà in un futuro prossimo. Stando a una recente rilevazione, per il 56% della popolazione mondiale il capitalismo nella sua forma attuale provoca più danni che benefici. Un pessimismo, o forse un semplice disincanto, che è particolarmente diffuso tra i più giovani. Già nel 2019 il settimanale The Economist aveva dedicato la sua prima pagina al "socialismo dei millenials". Lo "stato di necessità" ha ricominciato a farsi opprimente per un numero crescente di persone e il neoliberismo si sta dimostrando incapace di mantenere le promesse su cui aveva prosperato e per cui in molti lo avevano celebrato come l'unica via. Sembra giunto il tempo di ripensarsi, anche con l'aiuto di chi lo aveva già fatto.

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