Ha lascito scritto Platone nel Suo “Pitagora”: “(…). Cominciando dalla tenera
infanzia e per tutta la vita, i genitori ammaestrano e ammoniscono il loro
figlio. Nutrice, madre, pedagogo e lo stesso padre, fanno a gara per
insegnargli ciò che è bello e ciò che è brutto, ciò che è giusto e ciò che è
male. Poi lo affidano ai maestri, raccomandando loro che si prendano cura della
condotta più che dell’insegnamento delle lettere e della cetra. E quando il
ragazzo avrà appreso l’alfabeto, pongano loro dinnanzi i versi dei migliori
poeti, fonte di ammaestramenti e di esempi di vite illustri, perché li leggano
e sentano il bisogno di emularli. Così privati e Stato debbono insieme avere
cura della virtù dei giovani. (…).” Sono bastevoli le “raccomandazioni”
di quell’illustre pensatore per raggiungere quel “conosci te stesso” che l’oracolo
di Delfi dispensava ai visitatori? Tratto da “Conosci Te stesso se vuoi scegliere il tuo destino” di Umberto
Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 4
di giugno dell’anno 2016: La felicità, certo, è nella gioia di
realizzarsi. Ma occorre misura per non cercare l'impossibile. Questo
raccomandava l'oracolo di Delfi, e resta più vero che mai. (Si) ritiene
giustamente che lo scopo della vita sia realizzare se stessi, perché solo in
questa realizzazione si trova la gioia. Ma questa autorealizzazione è
condizionata, quando non impedita, da mille circostanze che non dipendono da
noi, a incominciare dalla nascita, che avviene senza il nostro consenso per il
desiderio di altri, per un puro incidente, o per tutt'altre ragioni che hanno
in comune il fatto che non siamo noi ad averle scelte. Una volta nati, vediamo
la luce in una certa terra, dove vige una certa cultura, una certa lingua, certi
usi e costumi che, a prescindere da ogni nostra possibilità di scelta, ci
condizionano ineluttabilmente. Allo stesso modo dei genitori che ci troviamo ad
avere, dell'educazione che riceviamo, della casualità degli incontri che
facciamo e che ci consentono di dar vita ad amori che durano finché i
rispettivi caratteri, che nessuno dei due ha scelto per sé, riescono a
tollerarsi e a non urtarsi troppo. Dov'è dunque la libertà con cui poter
scegliere e reperire il senso della nostra esistenza? Senso. Una parola grossa.
L'unico significato che riesco a darle non è altro che il desiderio di vedere
il tempo della mia vita iscritto in un disegno che ho scelto, costruendo in tal
modo una storia in cui mi riconosco. Ma questo è un desiderio irrealistico,
vista la quantità di condizioni non scelte che determinano la vita di chiunque,
per cui la prima condizione per evitare inutili sofferenze è quella di non
porsi obbiettivi che sono fuori dalle nostre possibilità e come tali
impossibili da realizzare. Ciò significa non pretendere di oltrepassare quei
limiti molto angusti che la nostra illusione di libertà riesce a ritagliarsi
tra i vincoli inoltre passabili a cui ineluttabilmente ci lega il nostro
destino. E allora occorre conoscere il nostro destino. Non consultando oroscopi
che, senza troppi sforzi, alimentano le prospettive favorevoli inaugurate dai
nostri desideri, ma applicandoci alla conoscenza di noi stessi, perché in quel
che siamo è scritto il nostro destino, con tutti i condizionamenti che ci hanno
fatto essere in un modo piuttosto che in un altro, e quindi idonei a percorrere
certe vie piuttosto che altre, in vista di obiettivi che sono alla nostra
portata e raggiungibili lungo la via che stiamo percorrendo. A chi si recava a
Delfi per conoscere il proprio futuro, l'oracolo giustamente rispondeva:
«Conosci te stesso», perché se non ti conosci incominci a sognare cose che sono
fuori dalle tue possibilità, ponendo così le premesse del tuo sicuro
fallimento. Ma una volta che hai conosciuto te stesso e quindi le possibilità
che puoi realizzare, l'oracolo proseguiva dicendo: «Attuale, ma secondo
misura», perché chi oltrepassa la propria misura prepara la propria rovina. Cercare
la felicità, generata dalla realizzazione di sé, al di fuori di questo stretto
sentiero indicato dall'oracolo di Delfi è illusorio, e ogni illusione ha come
suo approdo la delusione, e quindi lo sconforto, la perdita dell'autostima che
neppure colpevolizzando gli altri si riesce a recuperare. Siamo sempre noi la
causa delle insoddisfazioni che non dipendono dal fatto che le stelle non ci
hanno assecondato, ma dal fatto che abbiamo desiderato al di là della giusta
misura. Quella che sempre "nelle stelle" era scritta per noi, ma noi
non abbiamo voluto vedere, animati come eravamo dalla ricerca di un senso che
volevamo costruire a partire dal nostro desiderio. E che invece ci sarebbe
apparso solo alla fine della vita, guardando semplicemente le cose che avevamo
fatto. Dopo di che, la morte, rispetto alla quale, come scrive Sartre: «È la stessa cosa aver guidato popoli o essersi
ubriacati in solitudine».
"La vita ha sempre un senso se al tramontar del sole ci sarà ancora il desiderio di vederlo sorgere. Ogni giorno è come nascere un'altra volta, mi godo l'intensità di ogni attimo e vivo ogni giorno, se non felice ma almeno serena, e con i colori del cuore voglio dipingere ogni giorno i miei pensieri. Non temo la tempesta della vita. La tempesta è capace di disperdere i fiori, ma non di danneggiare i semi e, anche nelle giornate buie, per me ci sarà sempre il sole dietro le nuvole". (Lina Viglione). "Tu sei al centro di tutte le relazioni, quindi sei responsabile della stima di te stesso, crescita, felicità e realizzazione. Non aspettarti che l'altro ti regali queste cose. Devi vivere come se fossi solo e gli altri fossero doni che ti vengono offerti per aiutarti ad arricchire la tua vita ".(Leo Buscaglia)." Cercare la felicità fuori di noi è come aspettare il sorgere del sole in una grotta rivolta a nord".(Proverbio tibetano). "La felicità è una forma di coraggio".(Holbrook Jackson). "La vera felicità è non aver bisogno di felicità".(Lucio Anneo Seneca). Grazie di cuore per questo post che mi ha regalato una preziosa opportunità di riflessione. Buona continuazione.
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