Tratto da “Tafazzetti”
di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 17 di maggio 2019: (...).
L’elezione di Nicola Zingaretti a segretario aveva fatto ben sperare quel
popolo, che ancora una volta si era trascinato alle primarie, persino nel
gazebo dove c’era Calenda. Zinga è anche lui un brav’uomo che l’estate scorsa
aveva addirittura osato lanciare uno slogan ragionevole: “Meno Macron e più
sinistra”. E tanto era bastato per farlo amare da chi non ne poteva più di
vedere Renzi abbracciato ai peggiori nemici dell’Italia, della sinistra e della
legalità. E masticava amaro dinanzi ai 5Stelle che rubavano alla sinistra,
l’una dopo l’altra, tutte le sue bandiere storiche: la lotta al precariato,
alla povertà, ai salari e alle pensioni da fame, alla corruzione, alla prescrizione,
alla privatizzazione dell’acqua, alle grandi opere inutili e inquinanti come il
Tav, ai vitalizi e agli altri privilegi della casta. Poi, purtroppo, l’Era
Zingaretti è cominciata. E per l’Elettore Ignoto è ricominciato il calvario.
Zanda “nuovo” tesoriere, che propone subito di aumentare lo stipendio ai
parlamentari e di ripristinare il finanziamento pubblico diretto ai partiti
(poi ritirati, ma solo per finta). L’ex lettiana e poi renziana De Micheli
vicesegretaria. L’ex renziana Serracchiani vicepresidente. I renziani Delrio e
Marcucci confermati capigruppo. Le marcette Pro Tav a braccetto con FI e Lega.
Le candidature in Europa di vecchi dinosauri come Toia, Cozzolino, Bresso, di
pasionarie turborenziane come la Bonafè e la Picierno, di personaggi
incompatibili come Pisapia e Calenda. Per non parlare della strepitosa
accoppiata in Campania fra l’ex pm Roberti alle Europee e dell’indagato Alfieri
“Mr Fritture” alle Comunali. E poi l’accordo con Miccichè in Sicilia, da Gela a
Mazara del Vallo. L’abbraccio con Cirino Pomicino. Lo scandalo del
marchettificio sanitario in Umbria, con le dimissioni retrattili della Marini.
L’ennesima indagine sui ras calabresi Oliverio, Adamo e Bruno Bossio, che non
si dimettono neanche per finta. La nomina dell’ex magistrato berlusconiano
Arcibaldo Miller a capo dell’Ipab del Lazio. L’arruolamento di Moscovici come
testimonial per far perdere qualche altro voto. E poi l’ideona di candidare
come futuro premier (ma di quale maggioranza?) il sindaco milanese Beppe Sala
alla vigilia della richiesta di condanna a 13 mesi di carcere per falso
documentale. L’assenza in luoghi e momenti cruciali, come l’assalto fascista ai
rom di Casal Bruciato, con gli applausi postumi e imbarazzati all’arcinemica
Virginia Raggi, sola e unica a metterci la faccia. L’incredibile battaglia
parlamentare contro la riforma, finalmente efficace, del voto di scambio
politico-mafioso, votata da M5S, Lega, FdI e LeU e avversata da Pd e Forza
Italia. L’assurda ostilità alla proposta di salario minimo lanciata da Di Maio
e molto vicina a quella dei sindacati. E il mantra quotidiano “Mai con i
5Stelle” che risponde a una domanda al momento insensata (in questa legislatura
non c’è spazio per maggioranze diverse) e serve solo a rafforzare Salvini (lui
un’alternativa alla coalizione giallo-verde ce l’ha). (…). Intanto, come ai
tempi del Popolo dei Fax e dei Girotondi, la società civile progressista
organizza l’opposizione (soprattutto a Salvini) per conto suo: la rivolta degli
striscioni del Popolo dei Balconi è nata a prescindere da quel che accade al
Nazareno. Come se il Pd non esistesse. Ma esiste ancora, il Pd? E quali peccati
atavici devono ancora espiare i suoi elettori?
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