Tratto da “A proposito dei testi sacri” di Umberto Galimberti, pubblicato sul
settimanale “D” del 15 di maggio dell’anno 2010: Ogni volta che ne leggiamo uno,
anche se non ce ne rendiamo conto, lo stiamo interpretando. Quel che so è che
le parole della Bibbia e del Vangelo vengono continuamente modificate dalle
interpretazioni che si susseguono nel tempo in base alla sensibilità e alla
cultura dell'epoca. Basta ascoltare la bellissima trasmissione Uomini e Profeti
condotta da Gabriella Caramore sabato e domenica mattina su RaiTre per rendersi
conto che, a secondo di chi parla, nascono letture bibliche che solo con vere
acrobazie del pensiero possono concordare fra loro. Questo è il destino della
parola scritta affidata all'interpretazione. Perché dei testi, anche dei testi
sacri, noi capiamo solo quello che interpretiamo o vogliamo piegare alla nostra
interpretazione. (…). …ad esempio il 6 comandamento che noi recitiamo nella
formula (…) "Non fornicare". Ebbene, a parte la difficoltà di
spiegare ai bambini e anche agli adulti una simile astrusa espressione, faccio
notare che il testo biblico recita letteralmente: "Non mescolare le
cose", che poi vuol dire non confondere la sorella con la sposa, l'uomo
con la donna, l'animale con l'uomo, e via proseguendo con una lista di 637
ordinamenti, per evitare la confusione dei codici, dove non è più ravvisabile
un limite, una norma, un orizzonte, una misura, un'identità da salvaguardare,
differenze da mantenere, per orientarsi nel mondo. Dove la sessualità c'entra,
ma non è tematica, perché il tema è quello di non naufragare in
quell'indifferenziato che gli uomini hanno immaginato all'origine del mondo, e
da cui si sono distanziati per costruire il loro mondo, fatto di volti
riconoscibili e di segni identificabili. Tutto questo per non implodere
nell'indifferenziato, dove vige la confusione dei codici che gli antichi
chiamavano "sacro", parola indoeuropea che vuol dire "separato",
qualcosa quindi da tenere lontano come "benedetto" e insieme
"maledetto", perché avvicinarsi troppo è sconfinare nella follia, e
tenersi troppo lontano vuol dire perdere la fonte di ogni creazione. E perciò
non assumiamo la nostra "interpretazione" come la "verità"
del testo sacro.
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