Tratto da “Gli
ordini sono ordini: Pannella no” di Furio Colombo, pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 22 di maggio dell’anno 2016: Cari concittadini, lo so che
molti di voi si stanno domandando quando e dove questo Marco Pannella, adesso
al colmo della celebrazione, abbia mai messo mano alle vicende, leggi o
cambiamenti della vita italiana. Il suo caso è di estremo interesse non per ciò
che di lui è stato detto con concitato fervore in questi giorni di
celebrazione, ma per ciò che è avvenuto in vita. Pannella non doveva apparire
nei mezzi di comunicazione di massa, e non è mai apparso. Pannella non doveva
parlare, benché fosse il più prolifico e sorprendente oratore politico del
Paese, e non ha mai parlato, salvo frammenti di frasi isolate dal contesto. Gli
ascoltatori di Radio Radicale ricordano le meticolose ricerche nella mattutina
rassegna della stampa di Bordin. Dopo un evento a cui Pannella aveva inteso
dedicare una rivoluzione culturale (come “il diritto alla conoscenza” oppure
“lo Stato di diritto” invece del “diritto di Stato”, oppure l’invocazione per
la salvezza di un popolo) il giornalista accantonava una dopo l’altra le grandi
testate, e doveva quasi sempre concludere che no, sui radicali oggi non c’è
alcuna notizia. Impossibile non pensarci vedendo sfilare direttori e colleghi
giornalisti di fronte alla salma dell’appena defunto leader radicale, dicendo
al microfono, subito disponibile, almeno qualcuna delle cose che in 40 anni non
sono mai state dette, e anzi fingendo che gli eventi a cui quelle parole si
riferivano non fossero mai avvenuti. Gli ordini sono ordini, ora da destra e
ora da sinistra. Ma Pannella deve stare fuori. E il vero successo che oggi
stiamo celebrando e che merita attenzione, perché è un fenomeno ben radicato,
non sono tutte le cose (diritti, difese, rivelazioni, affermazioni, impegni
internazionali) che Pannella è riuscito a realizzare nonostante tutto. Ma il
fatto che, nonostante tutto, un enorme richiamo politico, una straordinaria
capacità di toccare il punto in anticipo, una vena profetica e una di naturale
e fortissima empatia per il mondo estraneo al potere a cui si rivolgeva (ma
anche una straordinaria inclinazione pedagogica per i capi partito che il
leader radicale si ostinava a tentare di salvare), Pannella è stato lasciato
fuori da ogni canale di comunicazione del Paese e privato di ogni contatto con
la grandissima maggioranza degli italiani. Il vero capolavoro è che ci siano
riusciti. Sempre. Per ogni decennio del lavoro instancabile di un grande
politico ricco di intuizione istantanea, di abilità strategica, di
anticipazione del dopo, di una straordinaria visione del contesto, Pannella ha
avuto le sue rivincite, e in molti casi impossibili è riuscito a imporre quella
che lui vedeva (e che era) la sola strada possibile. Un modo di vendicarsi di
coloro che subivano la visione di Pannella, era di guardarsi dal parlarne, mai,
facendo pensare a una trovata del caso. O appropriandosi senza imbarazzo
dell’idea. Però il vero capolavoro non è il plagio. È la sistematica
eliminazione di voce, presenza e azione nella vita di un grande Paese. Un
espediente è stato l’uso della caricatura, profittando di digiuni, di marce, di
altre eterodosse iniziative che potevano essere definite, fingendo benevolenza,
come “stranezze”. Il fenomeno ha due aspetti che riguardano entrambi le
condizioni della nostra democrazia: il silenzio di Pannella è stato ordinato
(Chiesa, Stato, interessi organizzati, necessità di eliminare l’obiezione
intelligente). Il silenzio di Pannella è stato eseguito, nel senso che
praticamente tutti, nella vita pubblica italiana, hanno osservato quel silenzio
come se si trattasse di un normale dovere civico. Non si ricordano importanti
violazioni del comandamento. Ma si sono visti rendere omaggio, anche con
dichiarazioni vibranti davanti alla salma, coloro (tutti) che hanno eseguito
scrupolosamente la linea di partito del silenzio su ogni iniziativa radicale.
Pannella è stato un grande e nuovo uomo politico italiano. Perciò conta molto
l’operazione della perfetta esclusione della vita pubblica. È una operazione
fondata sulla disciplina, senza se e senza ma, di direttori, commentatori,
cronisti, che scrivono volentieri solo ciò che si può scrivere. (…).
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