Tratto da “I Pomicioni” di Marco Travaglio,
pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 15 di maggio 2019: (…). …appena sento parlare di
Paolo Cirino Pomicino non riesco a non pensare alla sua leggendaria tangente
della Madonna. Sullo scorcio degli anni 80, alla vigilia di un intervento a
cuore aperto a Houston, l’allora ministro Dc fa un voto alla Vergine: se tutto
andrà bene, aiuterà i piccoli ospiti del Villaggio dei Ragazzi di don Salvatore
D’Angelo, a Maddaloni. L’operazione riesce perfettamente. Ma Pomicino, anziché
metter mano al portafogli, chiama un noto costruttore, Francesco Zecchina, in
lista d’attesa per gli appalti del dopo-terremoto. “Mi chiese – racconterà
Zecchina al processo sulle tangenti per la ricostruzione post-1980, poi caduto
come sempre in prescrizione – di dare un contributo di circa 100 milioni, in
rate da 10 a Pasqua e 10 a Natale, per cinque anni, a don D’Angelo. Obiettai che
mi sembrava singolare che dovessi pagare io di persona un voto fatto da lui. Ma
lui replicò che dovevo pagare io”. “Se non fosse per la gravità delle
imputazioni e per l’entità dell’esborso imposto - scriverà la Procura di Napoli
nella richiesta di autorizzazione a procedere alla Camera - la vicenda sarebbe
veramente grottesca… Pomicino pretende di fare opere caritatevoli con il denaro
altrui, e questo appare francamente eccessivo”. Pomicino è fatto così: un
mariuolo sveglio, pronto, intelligente, spiritoso e spudoratamente creativo.
Anche come tangentaro. Perciò, a dispetto della condanna definitiva a 1 anno e
8 mesi per finanziamento illecito (maxi-tangente Enimont), del patteggiamento
di 2 mesi per corruzione (fondi neri Eni), dell’arresto per estorsione e degli
altri 39 processi finiti fra prescrizioni, autorizzazioni a procedere negate,
archiviazioni, proscioglimenti e assoluzioni, nonché del suo fondamentale
contributo al boom della spesa e del debito pubblico negli anni 80-90, non
riesce a starmi antipatico. Nel 2016 riuscì persino a rendersi utile (capita a
tutti, prima o poi), schierandosi per il No al referendum di Renzi e inviando
alcune letterine contro la schiforma Boschi-Verdini all’unico giornale che
difendeva la Costituzione: il nostro. Infatti non è con lui che ce l’ho, ma con
Nicola Zingaretti. Il “nuovo” segretario del “nuovo” Pd ha incontrato il 79enne
andreottiano all’hotel Vesuvio di Napoli e gli ha strappato il prezioso
sostegno per le Europee e le Amministrative del 26 maggio. In attesa della
versione di Zingaretti, ecco quella di Pomicino, intervistato ieri dal nostro
sito: “Se io dico che mi oriento a votare per il Partito democratico, i miei
amici votano – per una parte – per il Partito democratico”. Poi - ha aggiunto -,
per entrare nel Pd, bisognerà ragionare”. È l’ultima transumanza del
peripatetico partenopeo, che dopo la Dc trasvolò nell’ordine: in FI, in
Democrazia europea, nel Ccd, nell’Udeur, nella Nuova Dc di Rotondi, nella lista
Dc-Psi, nel Pdl, nell’Udc, nei fittiani di Noi con l’Italia e ora nel Pd. Un
po’ a destra, un po’ al centro, un po’ a sinistra (si fa per dire). Lui
naturalmente è liberissimo di riciclarsi e camuffarsi come e con chi vuole. Ma
il bello è che trova sempre qualcuno che ci casca. Il problema non è Pomicino
che s’offre, ma il Pd che se lo piglia. Zingaretti, dopo lunghe ricerche, era
appena riuscito a trovare un buon candidato per la circoscrizione Sud, non solo
incensurato - impresa già ardua nelle terre dei De Luca, dei Pittella, degli
Oliverio e degli Adamo -, ma addirittura magistrato: Franco Roberti. Forse non
sa che, trent’anni fa, nel battaglione di pm che indagavano a Napoli su
Pomicino, c’era pure Roberti. O forse lo sa e ha pensato bene di riequilibrare
quel tasso eccessivo di legalità con un simbolo conclamato dell’illegalità.
Come se non bastasse Franco Alfieri, detto Mr Fritture di Pesce, indagato per
voto di scambio politico-mafioso con la camorra e candidato Pd a sindaco di
Capaccio-Paestum. O l’incredibile inciucio in Sicilia con Gianfranco Miccichè,
già braccio e naso destro di Marcello Dell’Utri. O gli scandali delle giunte
dem da Milano all’Umbria alla Calabria. Noi, se guidassimo un partito che vuole
rinnovarsi intorno ai valori della sinistra, e Pomicino ci avvicinasse per
aderire, ci domanderemmo dove abbiamo sbagliato, cos’abbiamo fatto di male per
piacergli tanto. E risponderemmo: “No, grazie, come se avessi accettato”. Anche
se quello ci garantisse il suo pacchetto di voti, veri o presunti (“Se io dico
che mi oriento a votare per il Pd, i miei amici votano per il Pd”), gratis.
Anzi, proprio per quello: chi vuole rinnovare un partito non può accettare
l’idea che i voti appartengano a qualcuno che se li porta appresso, ora a
destra, ora al centro, ora a sinistra, manco fossero calzini o mutande. Poi
dovrebbe domandarsi chi siano questi “amici” di Pomicino, e con quali mezzi e a
che prezzo un ex politico che non conta più nulla da 25 anni “controlla” ancora
uno stock di elettori.
Infine dovrebbe rifiutarli pubblicamente, per motivi di decenza, ma pure di convenienza: se qualche persona di sinistra, di bocca buona e di stomaco forte era tentata di tornare a votare Pd per l’arrivo di Zingaretti (e per la simultanea dipartita di Renzi), ora ne sarà dissuasa dalla notizia del sostegno di Pomicino. Che, per quanti voti controlli, non basteranno mai a superare quelli che farà perdere col suo bacio della morte. Soprattutto ora che la questione morale è tornata in auge col caso Siri, le retate da Nord a Sud e il trionfale ingresso della famiglia Genovese nella Lega siciliana. Tutte ottime occasioni per segnare la distanza di una nuova sinistra da Salvini, che imbarca di tutto e non butta via niente. Ma parlare di morale a chi ignora persino l’abc del marketing, (…) è fatica sprecata.
Infine dovrebbe rifiutarli pubblicamente, per motivi di decenza, ma pure di convenienza: se qualche persona di sinistra, di bocca buona e di stomaco forte era tentata di tornare a votare Pd per l’arrivo di Zingaretti (e per la simultanea dipartita di Renzi), ora ne sarà dissuasa dalla notizia del sostegno di Pomicino. Che, per quanti voti controlli, non basteranno mai a superare quelli che farà perdere col suo bacio della morte. Soprattutto ora che la questione morale è tornata in auge col caso Siri, le retate da Nord a Sud e il trionfale ingresso della famiglia Genovese nella Lega siciliana. Tutte ottime occasioni per segnare la distanza di una nuova sinistra da Salvini, che imbarca di tutto e non butta via niente. Ma parlare di morale a chi ignora persino l’abc del marketing, (…) è fatica sprecata.
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