Tratto da “I
delitti eleganti” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano”
del 19 di marzo 2019: (…). Sicuramente Silvio Berlusconi non ha
ordinato il probabile avvelenamento di Imane Fadil, la ragazza marocchina che
nel 2009, a 25 anni, frequentò ben sei “cene eleganti” a base di bungabunga
nella sua villa di Arcore e lo incontrò altre due volte in un ristorante
milanese e in un’altra villa in Brianza. I testimoni B. di solito li compra,
non li ammazza. E tutto poteva augurarsi, fuorché la morte di una teste-chiave
del processo Ruby-ter (dov’è imputato, tanto per cambiare, per corruzione di
testimoni) e il ritorno del bungabunga sulle prime pagine dei giornali.
Infatti, negando le sentenze e persino l’evidenza, ha provato a smentire di
aver mai visto Fadil. Ma purtroppo nessuno può escludere che c’entrino i vari
ambienti criminali che lo circondano da quasi mezzo secolo, da Cosa Nostra alla
massoneria deviata, dal sottobosco dell’eterna Tangentopoli ai gigli di campo
di Putin. Cioè che qualcuno abbia voluto fargli un favore non richiesto, o
lanciargli un messaggio avvelenato per ricattarlo, o sputtanarlo, o ricordargli
qualche promessa non mantenuta. Non sarebbe né la prima né l’ultima volta che
chi si mette di traverso sulla sua strada ne patisce le conseguenze (…). …Maurizio
Costanzo, ex maestro della P2, (…) il 14 maggio ’93, mentre tentava di
dissuadere B. dall’entrare in politica, scampò per miracolo a un attentato
mafioso ai Parioli: la prima autobomba di Cosa Nostra fuori dalla Sicilia.
Agatha Christie diceva che “una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze
fanno un indizio, tre coincidenze fanno una prova”. Ora, può darsi che per B.
non ne basti nemmeno una ventina. Ma questo riguarda i pm che stanno indagando
sulla morte di Imane e ricostruendo le sue ultime ore prima del ricovero
all’Humanitas. Un altro aspetto invece riguarda tutti noi, e non da oggi, ma da
quando B. vinse le sue prime elezioni il 27 e 28 marzo 1994, esattamente 25
anni fa: le conseguenze politiche e morali dell’irruzione di quel po’ po’ di
interessi affaristici e criminali nella vita dello Stato.
L’inventore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, sta scontando ai domiciliari, per ragioni di salute, una condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa (e, altra coincidenza, aveva chiesto gli arresti ospedalieri all’Humanitas). L’altro regista dell’operazione, Cesare Previti, è stato radiato dal Parlamento, dall’avvocatura e dai pubblici uffici per due condanne a un totale di 7 anni e mezzo per corruzione in atti giudiziari. Lo stesso B. è pregiudicato per frode fiscale, pluriprescritto per altri gravi reati e tuttora indagato a Firenze, con Dell’Utri, per le stragi del ’93. E la lista dei delinquenti portati in Parlamento da questa fairy band e poi condannati è lunga chilometri. Eppure ci è voluta la morte terribile di quella povera ragazza per riportare l’attenzione sul versante criminale del berlusconismo. Da un anno, cioè da quando Pd e FI sono fuori gioco, è di gran moda rimpiangere il berlusconismo e rifargli la verginità in funzione anti-“populista”, descrivendo l’attuale governo – il primo deberlusconizzato della storia repubblicana – come il peggiore mai visto. Eugenio Scalfari, in campagna elettorale, disse che fra B. e Di Maio preferiva B. E Carlo De Benedetti giunse alla stessa conclusione. Lo scrittore Sandro Veronesi non vede l’ora di “firmare col sangue per il ritorno di Berlusconi”. Renzi dice che “dovremmo chiedergli scusa”. E ancora l’altro giorno, su Repubblica, Corrado Augias definiva il governo Conte “il peggiore della storia repubblicana”, perché, sì, B. è “amorale” (sic), ma “non ha scardinato le strutture dello Stato”, cosa che invece stanno facendo “questi homines novi”: ergo, “se la sola scelta possibile fosse tra un bandito consapevole e un fanatico ignaro di tutto sceglierei, tremando, il bandito”. (…).
L’inventore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, sta scontando ai domiciliari, per ragioni di salute, una condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa (e, altra coincidenza, aveva chiesto gli arresti ospedalieri all’Humanitas). L’altro regista dell’operazione, Cesare Previti, è stato radiato dal Parlamento, dall’avvocatura e dai pubblici uffici per due condanne a un totale di 7 anni e mezzo per corruzione in atti giudiziari. Lo stesso B. è pregiudicato per frode fiscale, pluriprescritto per altri gravi reati e tuttora indagato a Firenze, con Dell’Utri, per le stragi del ’93. E la lista dei delinquenti portati in Parlamento da questa fairy band e poi condannati è lunga chilometri. Eppure ci è voluta la morte terribile di quella povera ragazza per riportare l’attenzione sul versante criminale del berlusconismo. Da un anno, cioè da quando Pd e FI sono fuori gioco, è di gran moda rimpiangere il berlusconismo e rifargli la verginità in funzione anti-“populista”, descrivendo l’attuale governo – il primo deberlusconizzato della storia repubblicana – come il peggiore mai visto. Eugenio Scalfari, in campagna elettorale, disse che fra B. e Di Maio preferiva B. E Carlo De Benedetti giunse alla stessa conclusione. Lo scrittore Sandro Veronesi non vede l’ora di “firmare col sangue per il ritorno di Berlusconi”. Renzi dice che “dovremmo chiedergli scusa”. E ancora l’altro giorno, su Repubblica, Corrado Augias definiva il governo Conte “il peggiore della storia repubblicana”, perché, sì, B. è “amorale” (sic), ma “non ha scardinato le strutture dello Stato”, cosa che invece stanno facendo “questi homines novi”: ergo, “se la sola scelta possibile fosse tra un bandito consapevole e un fanatico ignaro di tutto sceglierei, tremando, il bandito”. (…).
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