Tratto da “Da
Salvini a Gasparri le suppellettili della politica in Tv” di Alberto
Statera (Roma, 16 settembre 1947 – Roma, 22 dicembre 2016), pubblicato sul
settimanale A&F del 21 di marzo dell’anno 2016: Ettore Bernabei, antico e
sanguigno direttore generale della Rai, soleva dire che gli italiani che allora
guardavano la televisione erano venti milioni di teste di cazzo. Sbagliava.
Molti di quei milioni hanno scoperto, sia pure tardivamente, almeno la trappola
di un genere televisivo che via via è andato gonfiandosi come la rana di Fedro
per poi scoppiare: il talk show politico. Genere a basso costo e produttore,
tra l’altro, di utili influenze lottizzatorie ha avuto una fase piuttosto
fortunata per piombare poi in un desolato spettacolo di maschere fisse quanto
improbabili, una compagnia di giro di smodati presenzialisti che produce un
incessante rumore di fondo. (…).
Quante volte nelle ultime settimane siete
corsi al telecomando per oscurare Matteo Salvini? Ve lo diciamo noi: 73 volte
in 60 giorni, con una progressione in crescita via via che si avvicina la
scadenza elettorale. Per un totale di 18 ore di parole, sempre le stesse.
L’assalto dei candidati (…) non penalizza gli habituè, le consuete suppellettili
di arredamento negli studi di Floris, Giannini, Del Debbio, Formigli, Porro,
Vespa, Panella, Merlino, Paragone (e scusate se ce ne scappa qualcuno).
Maurizio Gasparri e Daniela Santanché continuano a bivaccare lì, immarcescibili
controfigure di loro stessi, tra una comparsata e l’altra. Quel che dicono è
assolutamente irrilevante, un po’ perché le sparano a caso, un po’ perché tanto
sanno che non faranno cambiare idea a nessuno. Scivolano così nel
macchiettismo. La nuvola di improbabilità è tale che persino chi di cose da
dire ne ha a iosa e sa pure farlo, come il giornalista Marco Travaglio, rischia
di diventare tedioso. Insomma il talk show ormai brucia i suoi presentatori e i
suoi protagonisti, li usura per over exposition, li sottopone all’irritazione
palpabile di quei milioni di teste di cazzo bernabeiane. Se ne è accorto il
leader della Fiom Maurizio Landini che in un’intervista proprio al Fatto
Quotidiano ha detto di volersi sottrarre a chi voleva fare di lui una delle
tante suppellettili televisive, una comparsa, un pezzetto di teatro che serve
alla messinscena quotidiana fatta di gente ignorantissima, che non sa di che
cosa parla.
Vedremo se Landini manterrà l’impegno di eludere il presenzialismo
mediatico, ignoto in altri paesi, come la Francia e la Germania. Quanto ai
leader politici non risulta ci sia un qualsiasi spin doctor che gli spieghi
come l’eccessivo presenzialismo televisivo non faccia che allontanare gli
italiani da loro e dalle urne. Se tocca votare quei saltimbanchi che occupano
quotidianamente il video, meglio restarsene a casa. Lo aveva già spiegato anni
fa Umberto Eco nella sua Bustina di minerva sull’Espresso con queste parole:
“Ai telespettatori non importa quel che dicono gli ospiti, ma solo gli scontri
e gli insulti che si lanciano. E se qualcuno ha il coraggio di definire queste
arene Terza Camera non stupisce che nessuno vada più a votare”.
Nessun commento:
Posta un commento