Tratto da “Psycho
Trump” di Ian Buruma, pubblicato sul settimanale L’Espresso del 26 di marzo
dell’anno 2017: Negli anni Trenta, nazioni diverse dettero origine a fascisti diversi.
Hitler fu ossessionato dalla razza, Mussolini dalla gloria imperiale di Roma, e
il Generale Franco fu un militare cattolico reazionario. Anche i demagoghi di
oggi hanno stili diversi a seconda della nazionalità. Donald Trump assomiglia
un po’ a Silvio Berlusconi: entrambi si sono arricchiti nel settore
immobiliare. Entrambi si sono sentiti perseguitati dalla stampa libera e dal
sistema giudiziario indipendente. Entrambi hanno uno stesso modo volgare di
relazionarsi alle donne. Berlusconi, però, ha sempre mantenuto lo stile
mellifluo del cantante italiano da nave di crociera, mentre Trump è più
americano.
Appartiene a quella tipologia di intrallazzatori - un po’ lestofanti e un po’ finanziatori dello show business, un po’ predicatori evangelici e un po’ uomini di affari e malaffari - che compare di frequente nella storia americana. In televisione li vedi predicare a vaste platee di persone in deliquio in enormi pseudo-chiese, e accalorarsi e sgolarsi e spillare soldi al pubblico. Li incroci negli studi cinematografici, sui ring di pugilato, nelle assemblee politiche, nelle sale riunione dei consigli di amministrazione di grandi aziende e a Wall Street. Per avere successo, in America devi avere qualcosa da vendere, fosse anche un cumulo di fantasie, e spesso devi saper sbraitare più forte di chiunque altro per decantare ciò che vendi. Nelle società piccole e antiche, chi si auto-elogia è ritenuto volgare in modo deprecabile. Chi nasce facoltoso e privilegiato tende a tenerlo nascosto. Tra le classi europee più agiate parlare di denaro è da maleducati. Anche gli Stati Uniti hanno una classe molto abbiente alla quale piace prendere a modello i modi riservati degli europei, ma Donald Trump, benché nato ricco, non ne ha mai fatto parte. Negli Usa il crasso auto-elogio non soltanto è gradito, è anche ammirato. Eppure, perfino negli Stati Uniti c’è un limite. I modi di Trump sono così arroganti, le sue menzogne così lapalissiane, che la maggior parte degli americani, compresi molti di coloro che hanno votato a suo favore, su un piano personale lo trova difficile da digerire. Ciò nonostante, eccolo qui: è il presidente degli Stati Uniti, il massimo intrallazzatore americano alla Casa Bianca. Per capire Trump è utile ricorrere ai film: le pellicole di Hollywood sono spesso centrate sulle vite di artisti della truffa e approfittatori come Trump. Ne “Il figlio di Giuda” (Elmer Gantry, 1960), Burt Lancaster interpretò la parte di un donnaiolo ubriacone che, diventato un predicatore di enorme successo, a furia di parlare riesce a spillare ai sempliciotti fino all’ultimo quattrino. Il film che ci può spiegare più cose su Trump, tuttavia, è il capolavoro di Orson Welles “Quarto potere” (Citizen Kane) realizzato nel 1941. Nelle interviste, Trump ha detto che “Quarto potere” è il suo film preferito. Pare che egli si identifichi nel tycoon della stampa smanioso di arricchirsi e di diventare più potente di chiunque altro. Kane, il protagonista, usa le sue ricchezze e la sua influenza per scatenare guerre, erigere per sé un castello di nome Xanadu, traboccante di tesori provenienti da tutta Europa, e comprarsi a suon di denaro l’adulazione di milioni di persone, incluse le sue stesse mogli. Quando non riesce a comprare le persone, le minaccia. Finisce i suoi giorni solo e amareggiato: aveva tutto ciò che il denaro può comprare, ma ha perso la sua anima. Per identificarvi in Kane, i casi sono due: o fraintendete completamente il film oppure siete megalomani fino al midollo, perché “Quarto potere” in realtà è la storia di un drammatico fallimento umano, della tragica rovina dell’arroganza americana. Nel suo sforzo di controllare ogni cosa, Kane sfida Dio. E la sua Xanadu è l’equivalente americano del XX secolo della Torre di Babele. Ciò che manca a Kane è la cattiveria di Trump: è, infatti, un personaggio più patetico che perfido. In Unione Sovietica la proiezione del film “Quarto potere” fu proibita perché i censori comunisti ritennero che la raffigurazione del capitalista fosse troppo amabile. Trump è un personaggio più fosco, che ribolle di rabbia contro tutto e tutti, contro ciò che gli si para davanti. Kane e Trump, comunque, condividono uno stesso tipo di “hybris”, quella che si riscontra di frequente nei grandi intrallazzatori, negli showman e nei dittatori. A tutti costoro non basta tenere sotto controllo la gente e far sì che obbedisca ai loro desideri, né basta costruire grandi castelli, acquistare flotte di aerei privati o vivere in magioni immense con i pavimenti di marmo e le colonne dorate. Kane e Trump aspirano a costringere il mondo a ruotare completamente attorno a loro. Sono bloccati in una visione puerile del mondo, dalla quale è assente qualsiasi opinione o esperienza altrui. Vogliono essere padroni della realtà, rendendola conforme solo al loro punto di vista. Essere proprietari di giornali, nel caso di Kane (e di Berlusconi, per quel che conta), è di cruciale importanza. I media plasmano la nostra concezione del mondo e, possedendo i media, i tycoon sfrontati possono imporre la loro visione e la loro prospettiva a noi tutti. Questo è il motivo per il quale Trump si scaglia furibondo contro i cosiddetti media mainstream che continuano a osteggiare i suoi tentativi di plasmare la realtà a colpi di tweet, di soldi, e con il suo potere di incutere soggezione. Quando dichiara che il presidente Obama ha fatto tenere sotto controllo i suoi telefoni o che milioni di elettori irregolari hanno preferito Hillary Clinton a lui, non sopporta di essere contraddetto, perché ciò indebolirebbe il suo controllo della realtà. Spesso questo tipo di arroganza è innato in una personalità artistica. La gente gira film o scrive romanzi perché desidera creare una realtà diversa da quella in cui vive. In questo atteggiamento, se confinato all’arte, non vi è nulla di male, ma quando artisti falliti come Hitler o il presidente Mao vogliono imporre la loro visione artistica al mondo provocano danni catastrofici. Il Cittadino Kane vive i suoi ultimi giorni nelle tetre stanze del suo castello, da solo. Le pareti ne riecheggiano la voce. Nella sua vita non è rimasto nessuno su cui esercitare il controllo. Le uniche figure umane che popolano Xanadu, oltre al maggiordomo, sono statue mute, acquistate a caro prezzo. Una delle scene del film che più di altre fa venire i brividi è quella in cui Kane entra nella sala degli specchi e si trova circondato da tante immagini riflesse di sé. Il personaggio del Cittadino Kane nel film “Quarto potere” si basò in buona parte su un vero tycoon della stampa, William Randolph Hearst, che si era costruito un castello in California, arrivò a possedere giornali in tutti gli Stati Uniti e cercò più volte di farsi eleggere presidente degli Usa senza mai riuscirci. Trump ci è riuscito. Anche se i suoi antagonisti repubblicani lo consideravano un imbroglione e un lestofante, Trump è riuscito ad assumere le redini del partito repubblicano, che adesso è a sua immagine. Alcuni repubblicani, forse molti, in privato si dicono tuttora sgomenti da Trump, ma o pensano di poterlo tenere a bada o considerano la sua presidenza un mezzo utile per procurarsi ciò che vogliono. In ogni caso, finora Trump non ha incontrato una vera opposizione in seno al partito repubblicano. Malgrado tutto, però, Trump non riesce ancora a tenere sotto controllo gli Stati Uniti, e tanto meno il mondo. Oltre ai media mainstream, critici nei suoi confronti, il presidente deve far fronte a istituzioni del governo piene di professionisti recalcitranti che si rifiutano di essere manipolati dai suoi tweet o dai suoi scoppi d’ira. Come la maggior parte dei demagoghi, Trump si sente più a suo agio con le folle plaudenti che ridono alle sue battute e ne condividono la rabbia. Da quel che si dice, alla Casa Bianca Trump è un po’ come Kane nella sua sala degli specchi: un uomo solitario, furioso per la sua impotenza nonostante l’enorme potere conferitogli dalla sua carica, incapace di sopportare il fatto che la realtà continui a non adeguarsi alle sue fantasie. C’è chi dice che le cose non potranno andare avanti a lungo così. Forse, si tratta solo di pia illusione. In ogni caso, se Trump a un certo punto dovesse crollare e perdere il suo palazzo oltre che alla sua anima, saremo fortunati se non trascinerà nella sua rovina anche buona parte del mondo.
Appartiene a quella tipologia di intrallazzatori - un po’ lestofanti e un po’ finanziatori dello show business, un po’ predicatori evangelici e un po’ uomini di affari e malaffari - che compare di frequente nella storia americana. In televisione li vedi predicare a vaste platee di persone in deliquio in enormi pseudo-chiese, e accalorarsi e sgolarsi e spillare soldi al pubblico. Li incroci negli studi cinematografici, sui ring di pugilato, nelle assemblee politiche, nelle sale riunione dei consigli di amministrazione di grandi aziende e a Wall Street. Per avere successo, in America devi avere qualcosa da vendere, fosse anche un cumulo di fantasie, e spesso devi saper sbraitare più forte di chiunque altro per decantare ciò che vendi. Nelle società piccole e antiche, chi si auto-elogia è ritenuto volgare in modo deprecabile. Chi nasce facoltoso e privilegiato tende a tenerlo nascosto. Tra le classi europee più agiate parlare di denaro è da maleducati. Anche gli Stati Uniti hanno una classe molto abbiente alla quale piace prendere a modello i modi riservati degli europei, ma Donald Trump, benché nato ricco, non ne ha mai fatto parte. Negli Usa il crasso auto-elogio non soltanto è gradito, è anche ammirato. Eppure, perfino negli Stati Uniti c’è un limite. I modi di Trump sono così arroganti, le sue menzogne così lapalissiane, che la maggior parte degli americani, compresi molti di coloro che hanno votato a suo favore, su un piano personale lo trova difficile da digerire. Ciò nonostante, eccolo qui: è il presidente degli Stati Uniti, il massimo intrallazzatore americano alla Casa Bianca. Per capire Trump è utile ricorrere ai film: le pellicole di Hollywood sono spesso centrate sulle vite di artisti della truffa e approfittatori come Trump. Ne “Il figlio di Giuda” (Elmer Gantry, 1960), Burt Lancaster interpretò la parte di un donnaiolo ubriacone che, diventato un predicatore di enorme successo, a furia di parlare riesce a spillare ai sempliciotti fino all’ultimo quattrino. Il film che ci può spiegare più cose su Trump, tuttavia, è il capolavoro di Orson Welles “Quarto potere” (Citizen Kane) realizzato nel 1941. Nelle interviste, Trump ha detto che “Quarto potere” è il suo film preferito. Pare che egli si identifichi nel tycoon della stampa smanioso di arricchirsi e di diventare più potente di chiunque altro. Kane, il protagonista, usa le sue ricchezze e la sua influenza per scatenare guerre, erigere per sé un castello di nome Xanadu, traboccante di tesori provenienti da tutta Europa, e comprarsi a suon di denaro l’adulazione di milioni di persone, incluse le sue stesse mogli. Quando non riesce a comprare le persone, le minaccia. Finisce i suoi giorni solo e amareggiato: aveva tutto ciò che il denaro può comprare, ma ha perso la sua anima. Per identificarvi in Kane, i casi sono due: o fraintendete completamente il film oppure siete megalomani fino al midollo, perché “Quarto potere” in realtà è la storia di un drammatico fallimento umano, della tragica rovina dell’arroganza americana. Nel suo sforzo di controllare ogni cosa, Kane sfida Dio. E la sua Xanadu è l’equivalente americano del XX secolo della Torre di Babele. Ciò che manca a Kane è la cattiveria di Trump: è, infatti, un personaggio più patetico che perfido. In Unione Sovietica la proiezione del film “Quarto potere” fu proibita perché i censori comunisti ritennero che la raffigurazione del capitalista fosse troppo amabile. Trump è un personaggio più fosco, che ribolle di rabbia contro tutto e tutti, contro ciò che gli si para davanti. Kane e Trump, comunque, condividono uno stesso tipo di “hybris”, quella che si riscontra di frequente nei grandi intrallazzatori, negli showman e nei dittatori. A tutti costoro non basta tenere sotto controllo la gente e far sì che obbedisca ai loro desideri, né basta costruire grandi castelli, acquistare flotte di aerei privati o vivere in magioni immense con i pavimenti di marmo e le colonne dorate. Kane e Trump aspirano a costringere il mondo a ruotare completamente attorno a loro. Sono bloccati in una visione puerile del mondo, dalla quale è assente qualsiasi opinione o esperienza altrui. Vogliono essere padroni della realtà, rendendola conforme solo al loro punto di vista. Essere proprietari di giornali, nel caso di Kane (e di Berlusconi, per quel che conta), è di cruciale importanza. I media plasmano la nostra concezione del mondo e, possedendo i media, i tycoon sfrontati possono imporre la loro visione e la loro prospettiva a noi tutti. Questo è il motivo per il quale Trump si scaglia furibondo contro i cosiddetti media mainstream che continuano a osteggiare i suoi tentativi di plasmare la realtà a colpi di tweet, di soldi, e con il suo potere di incutere soggezione. Quando dichiara che il presidente Obama ha fatto tenere sotto controllo i suoi telefoni o che milioni di elettori irregolari hanno preferito Hillary Clinton a lui, non sopporta di essere contraddetto, perché ciò indebolirebbe il suo controllo della realtà. Spesso questo tipo di arroganza è innato in una personalità artistica. La gente gira film o scrive romanzi perché desidera creare una realtà diversa da quella in cui vive. In questo atteggiamento, se confinato all’arte, non vi è nulla di male, ma quando artisti falliti come Hitler o il presidente Mao vogliono imporre la loro visione artistica al mondo provocano danni catastrofici. Il Cittadino Kane vive i suoi ultimi giorni nelle tetre stanze del suo castello, da solo. Le pareti ne riecheggiano la voce. Nella sua vita non è rimasto nessuno su cui esercitare il controllo. Le uniche figure umane che popolano Xanadu, oltre al maggiordomo, sono statue mute, acquistate a caro prezzo. Una delle scene del film che più di altre fa venire i brividi è quella in cui Kane entra nella sala degli specchi e si trova circondato da tante immagini riflesse di sé. Il personaggio del Cittadino Kane nel film “Quarto potere” si basò in buona parte su un vero tycoon della stampa, William Randolph Hearst, che si era costruito un castello in California, arrivò a possedere giornali in tutti gli Stati Uniti e cercò più volte di farsi eleggere presidente degli Usa senza mai riuscirci. Trump ci è riuscito. Anche se i suoi antagonisti repubblicani lo consideravano un imbroglione e un lestofante, Trump è riuscito ad assumere le redini del partito repubblicano, che adesso è a sua immagine. Alcuni repubblicani, forse molti, in privato si dicono tuttora sgomenti da Trump, ma o pensano di poterlo tenere a bada o considerano la sua presidenza un mezzo utile per procurarsi ciò che vogliono. In ogni caso, finora Trump non ha incontrato una vera opposizione in seno al partito repubblicano. Malgrado tutto, però, Trump non riesce ancora a tenere sotto controllo gli Stati Uniti, e tanto meno il mondo. Oltre ai media mainstream, critici nei suoi confronti, il presidente deve far fronte a istituzioni del governo piene di professionisti recalcitranti che si rifiutano di essere manipolati dai suoi tweet o dai suoi scoppi d’ira. Come la maggior parte dei demagoghi, Trump si sente più a suo agio con le folle plaudenti che ridono alle sue battute e ne condividono la rabbia. Da quel che si dice, alla Casa Bianca Trump è un po’ come Kane nella sua sala degli specchi: un uomo solitario, furioso per la sua impotenza nonostante l’enorme potere conferitogli dalla sua carica, incapace di sopportare il fatto che la realtà continui a non adeguarsi alle sue fantasie. C’è chi dice che le cose non potranno andare avanti a lungo così. Forse, si tratta solo di pia illusione. In ogni caso, se Trump a un certo punto dovesse crollare e perdere il suo palazzo oltre che alla sua anima, saremo fortunati se non trascinerà nella sua rovina anche buona parte del mondo.
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