"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 16 marzo 2019

Sullaprimaoggi. 69 Tajani e «la zona grigia del riduzionismo».


Tratto da “La memoria banale del fascismo” di Ezio Mauro, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 15 di marzo 2019: (…). La zona grigia del riduzionismo, nel giudizio storico sul Ventennio, si allarga ormai fino all'incoscienza delle cariche istituzionali, che pure guidano gli organismi democratici nati dalla riconquista della libertà dopo la dittatura, grazie proprio all'opposizione e alla resistenza al fascismo: e dovrebbero ricordarlo, e soprattutto ricordarselo. (…). Il luogo comune che distingue tra il prima e il dopo, giustificando il Duce fino al 1938 e addirittura fino al 10 giugno del 1940, non è un errore, ma una falsificazione storica a fini politici, perché riduce la scelta della guerra a fianco di Hitler e la vergogna delle leggi razziali a un incidente di percorso, un'opzione strategica sbagliata, quasi una deviazione sfortunata o un accidente, mentre si tratta invece dell'esito naturale, perché coerente, di un'avventura che è figlia di una precisa cultura e di un evidente disegno politico.
Quei primi anni (…) sono infatti il momento della fascistizzazione delle istituzioni e della trasformazione dello Stato in strumento della dittatura che stava compiendosi, riducendo i poteri del Parlamento, limitando i diritti di libertà, legalizzando la violenza squadrista. E ponendo le basi del totalitarismo, con tutti gli elementi classici di scuola: un'ideologia pervasiva, il monopolio della rappresentanza in un unico partito, il pieno controllo degli strumenti d'informazione, la violenza organizzata in un sistema poliziesco terroristico, la guida statale dell'economia. Vediamoli quegli anni che oggi si celebrano come innocenti. Il 24 novembre del 1922 Mussolini chiede i pieni poteri, che ottiene immediatamente, dopo che il 16 novembre aveva minacciato le Camere: "Potevo sprangare il Parlamento ma non ho, almeno in questo primo momento, voluto". Il 15 dicembre nasce il Gran Consiglio del Fascismo, che diventerà l'organo supremo dello Stato. Tre giorni dopo a Torino le squadracce assaltano la Camera del Lavoro e devastano la redazione dell'Ordine Nuovo, la settimana successiva si costituisce la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale che risponde direttamente al Duce e non giura fedeltà al Re, il 3 febbraio del 1923 vengono arrestati 112 dirigenti del Partito comunista, il 24 agosto viene assassinato Giovanni Minzoni, il 14 novembre passa la legge Acerbo che fissa un premio di maggioranza dei due terzi dei seggi al partito che conquista il 25 per cento dei voti, a dicembre vengono distrutte le tipografie dove si stampano i giornali socialisti, il 7 febbraio del 1924 è aggredito in strada Giuseppe Di Vittorio, il 28 viene ucciso a Reggio Emilia dai fascisti il socialista Antonio Piccinini, il 1° maggio i giornali di sinistra escono con grandi spazi bianchi per l'intervento della censura, il 22 giugno viene devastata la casa del direttore della Stampa Alfredo Frassati, l'8 luglio finisce ufficialmente la libertà di stampa. Il 31 ottobre del 1926 il Duce ordina lo scioglimento di tutti i partiti salvo il Pnf, chiude i giornali d'opposizione, istituisce l'Ovra, la polizia segreta del regime, crea il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato contro i reati politici, istituisce il confino. Prima, c'erano state le elezioni del 6 aprile 1924, con Mussolini che conquistò il 66,3 per cento dei voti e, grazie alla legge Acerbo 374 seggi su 535. Nel suo ultimo discorso alla Camera, Matteotti chiese che il voto venisse invalidato, in quanto "nessun elettore si è trovato libero di decidere con la sua volontà perché una milizia armata di un solo partito aveva il compito di sostenere un determinato governo con la forza, anche se fosse mancato il consenso". In 6 circoscrizioni elettorali su 15 la raccolta delle firme dai notai per le liste fu bloccata con la violenza, a Genova il comizio dell'onorevole Gonzales fu impedito a bastonate, a Napoli le bande fasciste armate assaltarono la conferenza di Giovanni Amendola, molti candidati d'opposizione dovettero rifugiarsi fuori casa, mentre gli scrutatori ai seggi erano al 90 per cento fascisti, i certificati elettorali venivano confiscati e affidati a fedelissimi che votavano sotto falso nome, i miliziani entravano dentro le cabine, controllavano il voto, lo imponevano, o lo tracciavano direttamente sulla scheda. Anche per questa denuncia Matteotti verrà rapito dai fascisti per essere ucciso a pugnalate. Com'è possibile che questo percorso non faccia parte della memoria di uomini politici che hanno responsabilità istituzionali? Ma soprattutto che non faccia parte della coscienza comune del sistema politico, della comunità democratica, per capire chi davvero siamo e da dove veniamo? La banalizzazione strisciante e progressiva del fascismo che è stata fatta in questi ultimi decenni ha prodotto come risultato l'azzeramento della storia, l'annullamento del suo significato, l'indebolimento del suo giudizio. Bobbio ci aveva avvertiti che l'ansia di equiparazione tra antifascismo e anticomunismo avrebbe portato all'aberrante equivalenza tra fascismo e antifascismo. Ci siamo vicini, non col negazionismo, ma con il relativismo riduzionistico che neutralizza il Ventennio in un vizio italiano, da cui possono utilmente essere estratti ancora oggi slogan e formule da usare nel mercato politico, alludendo continuamente a un mondo fantasma come se fosse il naturale substrato della destra italiana, il fondale eterno, con le tinte sbiadite ma ormai senza più la traccia del peccato contro la nazione, della macchia politica e morale, della colpa perenne. Il fascismo liofilizzato, disincarnato, ridotto a insignificanza: che dunque può facilmente reincarnarsi - non essendo passato attraverso nessun rendiconto (con l'eccezione isolata e dannata di Fini), neppure quando è andato al governo - nelle forme disorganiche di un situazionismo estremista che lo riduce a pura presenza, azione e antagonismo. Un fascismo sciolto, fuori dalla storia, che si realizza nelle fiammate dei gesti esemplari, quasi come forma estrema ed estetica della semplificazione populista. Stupisce che la destra non sia consapevole di questa deriva, che chiama in causa la sua stessa natura, per oggi ma soprattutto per domani. Siamo infatti davanti a una fase inevitabile di riedizione della destra italiana, forse di rifondazione, certo di ridefinizione. L'opa in corso di Salvini su ciò che resta dell'impero politico berlusconiano, con un'ipoteca sovranista e lepenista, pone infatti un problema di identità e più ancora di destino. Che fine faranno i deboli e residui lacerti liberal-conservatori che sono in qualche modo sopravvissuti in quella metà del campo? Attorno a quali principi e a quali valori si raggrupperà un pensiero moderato capace di essere alternativo e concorrente al radicalismo estremo salviniano? Con ogni evidenza, si dovrà partire dalla Costituzione, accettando come patrimonio finalmente comune il ripudio del fascismo da cui è nata, insieme con la democrazia repubblicana. (…). …il ritardo della destra è enorme, al punto da essere una continua pietra d'inciampo: ma forse, per usare un lessico di famiglia, l'ora è giunta.

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