"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 3 marzo 2019

Cronachebarbare. 64 Quelle «primarie del sospetto».


Dalle primissime serotine anticipazioni sembra proprio che i maggiorenti del Pd possano trarre un sospiro di sollievo: il mitico traguardo del milione di votanti è stato superato agevolmente. Tanto per dimostrare ancora una volta come quel popolo che accorre ai gazebo sia infinitamente migliore di “lor signori”. Ma io non sono stato della partita. Deliberatamente. Poiché queste “cronachebarbare” hanno il riscoperto sapore molto agre del “dejà vu”.
Esse riemergono in contemporanea alla comparsa dei gazebo per le cosiddette “primarie” indette per questo tre di marzo dal Pd, indette giusto alla vigilia dello scoppolone elettorale del 4 di marzo dell’anno 2018. Scoppolone elettorale che non è servito a nulla se non a far ripetere e rinverdire da parte di “lor signori” i soliti canoni vetusti e fuori dalla ribollente realtà del bel paese, canoni extraterrestri, canoni propri di una forza politica senza più ideali, uomini e programmi. E sono “cronachebarbare” poiché i personaggi che in esse compaiono hanno o rivestono tuttora ruoli ed incarichi in nome di un partito che è “partito”, ovvero scisso, da se stesso. È che rileggendo quelle “cronache” sono riuscito più agevolmente a tenere a bada l’improvvida, forse impulsiva tentazione di ripresentarmi a quei gazebo, giusto per non far di numero e rafforzare in “lor signori” la convinzioni di non essere stati loro i responsabili dello “scoppolone” di quel 4 di marzo ma il popolo che non ha capito un bel niente della loro sopraffina arte della politica. È pur vero che quelle “cronache” fanno riferimento ad una vicenda elettorale a carattere regionale e quindi, per i “trinariciuti” di turno, non confondibile e non rapportabile con le primarie dell’oggi, ma dietro quelle “cronache” c’è tutta la recente storia di quel partito che ha da tempo scisso tutti i legami ed i riferimenti con una Storia che è stata di ben altro respiro e possanza. Scriveva Francesco Merlo il 27 di febbraio dell’anno 2015 sul quotidiano la Repubblica in “Le primarie del sospetto”: È meglio bloccarle prima o annullarle dopo? In Campania le primarie del Pd le governa la ‘destra neomelodica’ del senatore Vincenzo D’Anna che tra il bassoliniano Andrea Cozzolino di Napoli e l’ex sindaco di Salerno Vincenzo De Luca “non ho ancora fatto la mia scelta” ha detto. E ha spiegato al cronista: “Tanto sono io la pomata che sgonfia i mali del Pd”. D’Anna “parla paramedico”, come dicono a Napoli, “perché è biologo laureato”, segretario della Federlab e signore dei laboratori privati, soprattutto nel suo Casertano. Per lui, sia Cozzolino sia De Luca, che in queste primarie del Pd stanno spendendo moltissimo denaro, non sono soltanto la riedizione della stucchevole competizione tra Napoli e Salerno, ma sono “i cani di razza che fiutano gli umori grassi della gente”, sono il Pd del territorio, i notabili che Renzi non è riuscito a rottamare. E queste primarie sono la prima vera rivincita dell’ancien régime non solo sul renzismo ma anche sul bersanismo e sul veltronismo. Cozzolino e De Luca sono l’eternità dei capibastone che marcano il territorio da Capua a Battipaglia ‘poltrona per poltrona’, uno spazio epico cartografato: banche, Camere di Commercio, autorità portuali, ospedali, ambulanze, sindaci, provincie, industrie … e poi mogli, fratelli, figli, consuoceri, ex compagni di scuola. E infatti De Luca e Cozzolino hanno festeggiato insieme la fuga di Gennaro Migliore. “Se n’è ghiuto e soli ci ha lasciato “ ha detto De Luca che si autodefinisce “togliattiano, ma anche gobettiano”. L’ex di Sel era stato mandato allo sbaraglio da Roma a mortificarsi nella Napoli dov’è nato ma che non ri-conosce e che non lo conosce. Trascinato anche lui nel folclore si faceva fotografare in curva sud, con gli ambulanti, girava su un pulmino rosso-hippie con la scritta di Pino Daniele “vai mò”. Nella città del sottosopra populista di De Magistris pareva la caricatura di Vendola: “Sto cercando i fili d’erba da coltivare, quelli che parlano del futuro”. E ancora: “La mia candidatura non è individuale ma collettiva”. E capisco che il suo “renuntio vobis” possa far sorridere e che anzi si possa ridere delle primarie a Napoli se non ci fosse, in tutto questo divertirsi, la smorfia dolorosa del Sud, l’ennesimo fallimento dell’utopia dello sviluppo. E infatti a nulla è valso rinviare per ben quattro volte queste sospettatissime primarie che, programmate nel dicembre scorso sono adesso previste domenica come sfida finale tra Cozzolino e De Luca appunto: “Noi abbiamo i voti, voi la faccia tosta”. De Luca, che è stato condannato e ha dovuto lasciare la poltrona di sindaco, butta fumo dalle narici, si paragona a Maradona: “Non c’è amministratore che non abbia una condanna. Chi non ce l’ha è una chiavica”. E rivendica i successi (veri) nella sua Salerno che è diventata una delle più ordinate città del sud, con un water front moderno, belle strade, grandi architetti … Ma il successo gli ha dato alla testa e ha prevalso la sua natura di campiere. Anche da ministro si atteggiava a mammasantissima, è stato il primo prodotto a sinistra del plebeismo carismatico alla Achille Lauro, lo sceriffo padrone che sottomette la città alla sua legge e non obbedisce neppure ai giudici. Adesso De Luca è favorito pure su Cozzolino, che fu il fidatissimo assessore di Bassolino alle politiche agricole e alle attività produttive e ora è il candidato degli imprenditori, anche per interessi di famiglia, ma è soprattutto il vincitore di quelle primarie che nel 201l Bersani annullò per brogli, una ferita aperta nel corpo della sinistra , l’epifania della faccia oscura e persino camorrista di quel modello di democrazia importato dagli Usa e subito andato a male. È la stessa degenerazione che si è rivista a Ercolano, dove si vota anche per il sindaco, e dove gli iscritti, due settimane fa, sono passati da trecento a milleduecento, tutti folgorati dal Pd: la nostra Conchita Sannino ha contato 36 cognomi di camorra. E poiché la storia non è maestra di vita i fotoreporter sono già appostati per sorprendere domenica le carovane di cinesi, pakistani e nordafricani, la schiuma del voto comprato appunto, ma soprattutto gli incappucciati della destra: fittiani, cosentiniani, berlusconiani, alfaniani, francescapascaliani e caldoriani. Abbiamo qui sul tavolo una mappa delle primarie a rischio, paese per paese, seggio per seggio.
La zona rossa comprende Secondigliano, Giuliano, Ercolano, Torre del Greco, Barra, Pianura, San Carlo all’ Arena, San Pietro a Patierno … E poiché non c’è festival senza contro festival sono già stati stampati migliaia di moduli per i ricorsi. Tutto è già scritto, anche la redenzione. Certo, Renzi ci aveva provato, ma troppo poco e troppo male. Prima con Pina Picierno, che era il pittoresco di laboratorio, il folclore senza radici , lo stile sciuè sciuè in versione easy, ed è infatti crollata per eccesso di gaffes veraci: “la lista della spesa per 2 settimane” con i famosi 80 euro , le accuse alla Camusso di “tessere false e piazze riempite con i pullman pagati”, la politica dei due forni che divenne “la politica del dolce forno”. Dunque la Picerno, che pure aveva organizzato “la Fonderia” chiamandola “la Leopolda del sud”, non è stata candidata. Poi i renziani ci hanno provato con lo scienziato Lugi Nicolais, presidente del Cnr, amico di Napolitano, anche lui senza terra: “lei, caro professore non ha le giunture forti e il petto largo dell’uomo di mano”. E infatti qualche anno fa aveva perso il confronto per la Provincia con il famoso Giggino a purpetta. Poteva competere con Cozzolino e De Luca? E non ce l’ha fatta, neppure nel ruolo di comparsa, Guglielmo Vaccaro, un economista legato a Enrico Letta che, tornato a Napoli da Bruxelles dove si occupava di “programmi di sviluppo”, si è subito riconvertito alla tammurriata. Ha scelto como logo il Vesuvio in eruzione e come hastag #resto ribelle. E ha pure occupato la sede del Pd di Salerno, chiudendosi dentro al grido :”Salerno è fuori dalla civiltà democratica”. Infine, quando Migliore ha rinunziato,Vaccaro ha dichiarato: “Alle elezioni voterò Caldoro” che è il governatore di centrodestra. Ma l’intenso sapore sudamericano a queste primarie lo dà anche quel seggio del Pd che a San Lorenzo Vicaria è previsto nella sede di una associazione di … Fratelli d’Italia. E poi ci sono le foto e i selfie di Cozzolino con i capibastone della destra che i guaglioni di De Luca hanno segnalato al Mattino due minuti prima che i guaglioni di Cozzolino segnalassero alle stesso Mattino le foto e i selfie di De Luca con i capibastone della destra. Dunque ha ragione il senatore D’Anna: è la destra “la pomata che si sta spalmando” sulle primarie del Pd. D’Anna, che ha portato a Fitto a Roma ben sette pullman di attivisti, non ha perdonato a Berlusconi il tradimento di Nick Cosentino “abbandonato in galera come un cane” . Lui invece va in carcere a trovarlo, gli ha portato pure una copia di “Capitano mio capitano” e ai colleghi che in Senato votavano l’Italicum ha gridato: “A forza di fare inchini vi si vede il culo”. Ecco, è straziante che un cacicco della destra, per giunta spiantato, decida le sorti del Pd in Campania. E certo sono state truccate e taroccate altre primarie, da ultimo in Liguria, ma è qui, nella terra dei diavoli, che il moderno e l’arcaico si saldano in una ganga compattissima. È qui che il sogno delle primarie diventa un’epica malandrina, quella del guappo democratico. Ieri giungeva la eco profonda dalla Trinacria di “brogli” nell’allestimento di quelle “primarie”. Ci sarà tempo per saperne di più.

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