Al tempo di questa “memoria”
correva l’anno 2008, per essere più precisi correva la domenica del 28 di
settembre di quell’anno, anno divenuto come remoto. A quel tempo il glorioso
quotidiano che fu di Antonio Gramsci riportava nella Sua “striscia rossa” del 27 di settembre quanto Monsignor Vittorio Nozza,
su “L’Osservatore Romano” del 26 di settembre, andava annotando: «Arrivano
segnali crescenti di intolleranza da parte dei politici che alimentano un clima
di violenza contro gli immigrati sfruttando insicurezze e paure del momento. A
questa ondata xenofoba contribuiscono per altro voci culturali e
dell’informazione che mettono in discussione principi istituzionali e diritti
umani».
Oggigiorno le voci con si levano più con il vigore di quella condanna, come se lo “spirito del tempo”, diffuso su scala internazionale, avesse messo a tacere quelle voci un tempo autorevoli ma al momento silenziate e come soggiogate dai protagonisti nuovi sul palcoscenico della politica. Brutti segni assai. Annotavo a quel tempo: “Zeitgeist” ovvero lo “spirito del tempo”. Rubrichetta senza pretese con un impegno unico: raccogliere e proporre all’attenzione ed alla riflessione dei volenterosi i segnali “di pericolo”, o presunti tali, che numerosi arrivano da più parti, sebbene non accolti e non graditi dalla collettiva indifferenza. Per cominciare trascrivo in parte l’articolo di Roberto Cotroneo che ha dato il titolo a questo esordio di “Zeitgeist”. L’articolo è stato pubblicato sul quotidiano l’Unità il 30 di luglio: l’indifferenza generalizzata trovava giustificazione, forse, nell’abbiocco canicolare e collettivo del bel paese. È lo spirito del tempo: “… è un paese che non sa adattarsi alla complessità…” scrive l’illustre editorialista nel suo pezzo. È un paese che necessita di semplicità, anzi di semplicismo eviscerato, ovvero di processi brutali di semplificazione della realtà, così come convenientemente offrono la pubblicistica ed i media intronati. E la politica, che di essi, dei media intronati, diviene padrona. È un paese che non trova di meglio che affidarsi a chi quel semplicismo riesce ad interpretarlo al meglio e che riesce a propinarlo in dosi blande ed innocue ma di sicuro lungo effetto; la complessità del vivere di una società moderna deve far paura, divenire un’emergenza nazionale, soprattutto quando ne sono coinvolti ampi strati “irriflessivi”. Una “società liquida”, tanto per usare una definizione in voga coniata dal sociologo Zygmunt Bauman, ovvero una società globalizzata ed in via di continua modificazione come lo è l’aspetto e l’assetto di un fluido ma non la sostanza sua, fluido che assume la forma del suo contenitore, in una società liquida la complessità non può essere negata né tanto meno esorcizzata; essa, la complessità, va intesa e governata. Governata senza proclami e senza negazione dei diritti primari degli esseri umani, diritti primari sanciti in tutti i consessi ed in tutte le solenni dichiarazioni internazionali. Ardua impresa quest’ultima! È lo spirito del tempo: “… è un paese che emargina…”, non tanto e non solo i sopravvenuti nelle sue contrade ubertose da paesi lontani, quanto i suoi stessi abitatori meno fortunati, che vedono nella diminuita o quasi annullata dinamica sociale l’impossibilità di aprire scenari futuri diversi, se di estrazione sociale debole. È lo spirito del tempo: “… è un paese rimbecillito da valori inutili…”. È la mitridatizzazione avvenuta del corpulento popolo sovrano. Scrive Roberto Cotroneo: Eravamo un paese sgangherato forse, ma senza ferocia, senza razzismi, senza cattiverie. Eravamo un paese misericordioso alla fine: cattolico e con una morale fluttuante che ci salvava da certe durezze e spietatezze. Ma ora? (…). Una parte di questo paese, quella che si riconosce nel centro destra, quella che vota Lega Nord, quella che gravita attorno ad Alleanza Nazionale, quella che vede in Berlusconi il modello di riferimento umano e politico, oltre che imprenditoriale, è cambiata. Cambiata in peggio. È in caduta libera. Senza più vincoli etici, religiosi e culturali. Immorale e ignorante. È un paese che emargina, è un paese che non ha più gli strumenti culturali per capire quello che gli succede attorno, è un paese che non sa adattarsi alla complessità. È un paese rimbecillito da valori inutili, che vede nei modelli di riferimento che lo governano, dei modelli positivi: machismo, intolleranza, razzismo, culto della ricchezza, l'idea che vincono i più ricchi, i più furbi, i più disinvolti, senza rispettare le regole. Perché sono governati da persone che non rispettano le regole. (…). Il razzismo era qualcosa che eravamo riusciti a non sentire sulla nostra pelle neppure, ed è tutto dire, quando furono varate le leggi razziali del 1938. In tutte le case italiane, ognuno di noi conserva un racconto, una memoria, di un parente, di un vicino, di qualcuno che si oppose, che aiutò, e soprattutto di un paese che non capiva. Eppure accadde quello che accade. (…). Sono il risultato di qualcosa che è cambiato nella testa della gente, sono il frutto di un paese irriconoscibile, di gente cattiva, ignorante, egoista, spietata. I totalitarismi iniziano sempre da dettagli marginali, da piccoli segni che nessuno voleva vedere. E non siamo immuni da nulla. L'opposizione della sinistra sarà certamente vigorosa, ma non basta la politica se manca una cultura comune, una cultura che faccia uscire questo paese da una secca di pochezza e di ignoranza. (…). L'ignoranza di pensare che la crescita di un paese non possa che essere economica, e non per tutti, ma sempre per i più furbi e i più ricchi. Siamo caduti in basso e gli ultimi non saranno i primi dalle nostre parti, ma rimarranno ultimi, ultimissimi. (…). Il tempo dell’oggi affonda le sue radici in quel tempo andato che appariva di già foriero dei pericoli planetari che minacciano il mondo stordito ed impigrito di questo secolo ventunesimo.
Oggigiorno le voci con si levano più con il vigore di quella condanna, come se lo “spirito del tempo”, diffuso su scala internazionale, avesse messo a tacere quelle voci un tempo autorevoli ma al momento silenziate e come soggiogate dai protagonisti nuovi sul palcoscenico della politica. Brutti segni assai. Annotavo a quel tempo: “Zeitgeist” ovvero lo “spirito del tempo”. Rubrichetta senza pretese con un impegno unico: raccogliere e proporre all’attenzione ed alla riflessione dei volenterosi i segnali “di pericolo”, o presunti tali, che numerosi arrivano da più parti, sebbene non accolti e non graditi dalla collettiva indifferenza. Per cominciare trascrivo in parte l’articolo di Roberto Cotroneo che ha dato il titolo a questo esordio di “Zeitgeist”. L’articolo è stato pubblicato sul quotidiano l’Unità il 30 di luglio: l’indifferenza generalizzata trovava giustificazione, forse, nell’abbiocco canicolare e collettivo del bel paese. È lo spirito del tempo: “… è un paese che non sa adattarsi alla complessità…” scrive l’illustre editorialista nel suo pezzo. È un paese che necessita di semplicità, anzi di semplicismo eviscerato, ovvero di processi brutali di semplificazione della realtà, così come convenientemente offrono la pubblicistica ed i media intronati. E la politica, che di essi, dei media intronati, diviene padrona. È un paese che non trova di meglio che affidarsi a chi quel semplicismo riesce ad interpretarlo al meglio e che riesce a propinarlo in dosi blande ed innocue ma di sicuro lungo effetto; la complessità del vivere di una società moderna deve far paura, divenire un’emergenza nazionale, soprattutto quando ne sono coinvolti ampi strati “irriflessivi”. Una “società liquida”, tanto per usare una definizione in voga coniata dal sociologo Zygmunt Bauman, ovvero una società globalizzata ed in via di continua modificazione come lo è l’aspetto e l’assetto di un fluido ma non la sostanza sua, fluido che assume la forma del suo contenitore, in una società liquida la complessità non può essere negata né tanto meno esorcizzata; essa, la complessità, va intesa e governata. Governata senza proclami e senza negazione dei diritti primari degli esseri umani, diritti primari sanciti in tutti i consessi ed in tutte le solenni dichiarazioni internazionali. Ardua impresa quest’ultima! È lo spirito del tempo: “… è un paese che emargina…”, non tanto e non solo i sopravvenuti nelle sue contrade ubertose da paesi lontani, quanto i suoi stessi abitatori meno fortunati, che vedono nella diminuita o quasi annullata dinamica sociale l’impossibilità di aprire scenari futuri diversi, se di estrazione sociale debole. È lo spirito del tempo: “… è un paese rimbecillito da valori inutili…”. È la mitridatizzazione avvenuta del corpulento popolo sovrano. Scrive Roberto Cotroneo: Eravamo un paese sgangherato forse, ma senza ferocia, senza razzismi, senza cattiverie. Eravamo un paese misericordioso alla fine: cattolico e con una morale fluttuante che ci salvava da certe durezze e spietatezze. Ma ora? (…). Una parte di questo paese, quella che si riconosce nel centro destra, quella che vota Lega Nord, quella che gravita attorno ad Alleanza Nazionale, quella che vede in Berlusconi il modello di riferimento umano e politico, oltre che imprenditoriale, è cambiata. Cambiata in peggio. È in caduta libera. Senza più vincoli etici, religiosi e culturali. Immorale e ignorante. È un paese che emargina, è un paese che non ha più gli strumenti culturali per capire quello che gli succede attorno, è un paese che non sa adattarsi alla complessità. È un paese rimbecillito da valori inutili, che vede nei modelli di riferimento che lo governano, dei modelli positivi: machismo, intolleranza, razzismo, culto della ricchezza, l'idea che vincono i più ricchi, i più furbi, i più disinvolti, senza rispettare le regole. Perché sono governati da persone che non rispettano le regole. (…). Il razzismo era qualcosa che eravamo riusciti a non sentire sulla nostra pelle neppure, ed è tutto dire, quando furono varate le leggi razziali del 1938. In tutte le case italiane, ognuno di noi conserva un racconto, una memoria, di un parente, di un vicino, di qualcuno che si oppose, che aiutò, e soprattutto di un paese che non capiva. Eppure accadde quello che accade. (…). Sono il risultato di qualcosa che è cambiato nella testa della gente, sono il frutto di un paese irriconoscibile, di gente cattiva, ignorante, egoista, spietata. I totalitarismi iniziano sempre da dettagli marginali, da piccoli segni che nessuno voleva vedere. E non siamo immuni da nulla. L'opposizione della sinistra sarà certamente vigorosa, ma non basta la politica se manca una cultura comune, una cultura che faccia uscire questo paese da una secca di pochezza e di ignoranza. (…). L'ignoranza di pensare che la crescita di un paese non possa che essere economica, e non per tutti, ma sempre per i più furbi e i più ricchi. Siamo caduti in basso e gli ultimi non saranno i primi dalle nostre parti, ma rimarranno ultimi, ultimissimi. (…). Il tempo dell’oggi affonda le sue radici in quel tempo andato che appariva di già foriero dei pericoli planetari che minacciano il mondo stordito ed impigrito di questo secolo ventunesimo.
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