Riportava il glorioso quotidiano
l’Unità nella Sua “striscia rossa” del 6 di
ottobre dell’anno 2008 una dichiarazione resa all’agenzia Ansa il 3 ottobre di
quell’anno dalla “Comunità di
Sant’Egidio”: «La sequenza di atti di razzismo in Italia è impressionante: Napoli,
Milano, Parma, Roma. Ma c’è chi non si vergogna, da posizioni di responsabilità
nelle amministrazioni pubbliche e in Parlamento, ad incitare al disprezzo verso
immigrati, rom, romeni, islamici, di volta in volta. C’è un clima
irresponsabile e irrespirabile di “caccia al diverso” che rischia di ammalare
la convivenza nelle nostre città». Sembra la chiosa alla cronaca dei
tristissimi fatti di questi nostri giorni. Scriveva a quel tempo il settimanale
“Famiglia cristiana” in un editoriale:
“Mentre
i capi di Stato all’Onu facevano il punto su come ridurre povertà e fame entro
il 2015 (Obiettivi del millennio), c’è chi ha preferito restare a casa tra
massaggi e tisane. Ma la risposta alla cooperazione allo sviluppo l’Italia
l’aveva già data: zero euro di spesa. Inutile, quindi, andare a New York”.
L’editoriale di “Famiglia cristiana” aveva per titolo: “Calpestare i diritti umani è un crudele boomerang”. L’autorevole
settimanale parlava senza perifrasi di “crudeltà”. Tanto tempo addietro –
il 14 di maggio dell’anno 2008, un decennio - Aldo Schiavone pubblicava sul
quotidiano “la Repubblica“ un editoriale che portava come titolo “La sindrome del nemico”, editoriale del
quale trascrivo di seguito una parte che offro alla riflessione di tutti gli
uomini d’oggi di “buona volontà”: (…). È l´intero Paese (si parlava
del bel paese n.d.r.) ad essere scosso da un brivido che viene
dal suo fondo più buio, e che in qualche caso sta assumendo i tratti di una
vero e proprio riflesso condizionato. Paura di non farcela, di non riuscire a
padroneggiare il proprio destino, di vedere polverizzati i legami sociali su
cui si pensava di poter contare, di non sapere più gestire problemi anche
elementari di convivenza, di confronto con la diversità. Paura di vedersi
ridotti i propri spazi di vita, le proprie risorse, il proprio tempo. Paura di
scoprire nell´altro il nemico, alla soglia di casa. Ebbene, dobbiamo avere il
coraggio di dire che se questa sindrome del nemico si radica nei nostri comportamenti
collettivi, se diventa una parte - anche minoritaria ma pur sempre attiva - del
nostro contesto culturale, del nostro vissuto sociale, del nostro sfondo
mentale, allora noi saremo perduti. Perduti come Paese, perduti come società
viva e capace di innovazione, di slancio, di sviluppo. Perduti, in una parola,
come protagonisti sulla scena del mondo. Diventeremo una comunità chiusa e
ringhiosa - come non siamo mai stata - senza futuro e senza storia. Questo,
naturalmente, non ha nulla a che fare con problemi effettivi di gestione della
sicurezza urbana e di repressione dell´illegalità, che dobbiamo saper
affrontare in modo efficiente e realistico, e anche diverso rispetto al
passato. In questo senso, ogni sforzo di razionalizzazione delle misure e dei provvedimenti
da parte del nuovo governo non potrà che essere benvenuto. Ma ha molto a che
fare invece con un´ideologia della serrata, (…), della chiamata a raccolta
delle forze sane, della difesa di una nostra identità immaginata come
minacciata e in pericolo, di un rifiuto di tolleranza e di confronto, che si
sta pericolosamente diffondendo, che ha i suoi propugnatori e adepti, e che
rischia di immettere tossine nei nostri pensieri di cui proprio non avremmo
bisogno. E c´è qualcosa di più da aggiungere. Questa non è solo una questione
di etica - che pure non sarebbe cosa da poco. È in gioco la nostra capacità e
la nostra volontà di continuare a rimanere un Paese moderno, o di uscire fuori
dal vento della storia. Chiusi e intolleranti si muore. Aperti e accoglienti si
vince. Non c´è altra verità. E dunque il problema non è di scegliere fra due
strade entrambe praticabili, ma di come attrezzarci per poter percorrere
l´unica possibile. Come far sentire meno soli i nostri cittadini, meno
abbandonati a se stessi nella gestione di ogni convivenza culturalmente più
complessa, più rassicurati dalla vicinanza dello Stato e delle istituzioni. Più
protetti, e più aperti. (…)“. Ci ha lasciato scritto Ryszard
Kapuscinski (1932-2007) nel Suo volume “Imperium”
(Feltrinelli): «Tre sono i flagelli che minacciano il mondo. Primo, la piaga del
nazionalismo. Secondo, la piaga del razzismo. Terzo, la
piaga del fondamentalismo religioso. Tre pesti unite dalla stessa
caratteristica, dallo stesso comun denominatore: la più
totale, aggressiva e onnipotente irrazionalità. Impossibile penetrare in un mente
contagiata da uno di questi tre mali».
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