Da “Rischiamo
l’ennesima legge elettorale incostituzionale” di Silvia Truzzi, intervista
al professor Gustavo Zagrebelsky pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 7 di
ottobre 2017: (…). La legge elettorale è lo specchio della democrazia. Tra le leggi
ordinarie, ha detto Carlo Smuraglia, la più vicina alla Costituzione. - Sì.
Dovrebbe essere quella più vicina ai diritti politici dei cittadini. La legge
elettorale crea, modella l’elettore, gli dà o gli toglie potere. Dovrebbe
essere la sua legge. Invece da anni è trattata come la legge dei partiti. Serve
a regolare i conti tra loro, ad accaparrarsi posti. Il risultato delle elezioni
interessa meno perché i giochi si vogliono fare prima, con la legge elettorale.
Si capisce, allora, l’estrema litigiosità e, al tempo stesso, il fastidio, anzi
la nausea, dei cittadini che assistono al gioco dall’esterno -.
Non le pare irrealistico che i partiti non
pensino ai propri interessi? - Certamente. Quando i partiti scrivono la legge
elettorale operano in causa propria e la posta, per loro, è grande -.
Quindi li assolviamo? - Non si tratta né di
assolverli, né di condannarli. Che ci sia sempre un retro-pensiero è
inevitabile. C’è sempre stato. Manca quello che si chiama il “velo
dell’ignoranza” circa i propri interessi immediati. Potendo fare calcoli,
dell’interesse generale non importa a nessuno. Tutto si risolve in convenienze
e compromessi neppure dichiarati alla luce del sole. Ma ci sono i cittadini:
per poco che si rendano conto di ciò che accade, si accorgono d’essere trattati
come meri strumenti, come pedine della dama. Ecco: non popolo ma pedine -.
È sano fare una legge elettorale alla
vigilia delle urne? - Per niente. Si dice sempre che se c’è una legge che
dev’essere stabile è quella elettorale, proprio per evitare che si confezionino
sistemi ad hoc. Esiste, per questo, un codice di buona condotta del Consiglio
d’Europa, datato 2003, citato anche da una sentenza della Corte di Strasburgo,
che dice che un anno prima delle elezioni non si devono fare leggi elettorali.
Una ovvia regola prudenziale come è questa implica che ci sia qualcuno a
vegliare sulla sua applicazione -.
Chi dovrebbe essere? - Questo è il punto
dolente. Non vedo facili rimedi. Immaginiamo che si approvi una nuova legge
elettorale in prossimità del voto e che questa legge sia incostituzionalissima,
addirittura per contrasto evidente con i precedenti della Corte costituzionale.
Le procedure non consentirebbero di rivolgersi a essa in tempo utile. Si
voterebbe con quella legge e le nuove Camere resterebbero in carica
tranquillamente, ma incostituzionalmente, in virtù del principio di continuità,
già evocato in passato. Non ci si è resi conto per tempo di questa assurdità:
la Corte costituzionale ha dato la mano per prima, poi sono venuti i
commentatori e i politici eletti che, comprensibilmente, avevano tutto
l’interesse a terminare il mandato parlamentare. Con la conseguenza aberrante
che le sentenze della Corte non hanno sortito effetto e il gioco può essere
ripetuto all’infinito: basta votare la legge quando non è più possibile
ricorrere contro i suoi vizi -.
E allora? - Oggi è troppo tardi ma, forse,
il presidente della Repubblica avrebbe potuto dire per tempo: non promulgherò
nessuna legge elettorale nell’ultimo anno prima dello scioglimento delle
Camere. Cosicché si andrà a votare con le zoppicanti leggi sortite dalla
Consulte: zoppicanti ma certo migliori dei pasticci cui stiamo assistendo -.
In 4 anni il tempo c’era… - Ma adesso non
c’è più. Dopo la sentenza che ha dichiarato incostituzionale il Porcellum, che
secondo la Corte aveva rotto il rapporto di rappresentanza tra eletti ed
elettori, ci si sarebbe aspettati che il Parlamento regolarizzasse la
situazione -.
Si potrebbe obiettare: è passato remoto. - O
forse futuro prossimo: corriamo il rischio – fondatissimo – di avere un’altra
legge incostituzionale, contro cui non ci sarà il tempo per ricorrere alla
Consulta. Quindi potremmo eleggere un’altra volta il Parlamento con una legge
illegittima, dovendo poi digerire la beffa di un’eventuale sentenza della Corte
che non servirebbe a nulla -.
Qui il confine tra perversione democratica
ed eversione è labile… - Diciamo così: sarebbe il picco di una scostumatezza
costituzionale mai vista prima -.
Proporzionale vs maggioritario: lei da che
parte sta? - Le maggioranze speciali previste dalla Costituzione valgono a
garanzia delle minoranze e sono sensibili al sistema elettorale. I premi
elettorali rischiano di vanificare gli intenti dei costituenti. Si potrebbe
pensare a una modifica della Costituzione in funzione di garanzia: se si
introduce un premio di maggioranza, si adeguino i quorum costituzionali,
alzandoli conseguentemente, per impedire ai vincitori di fare quel che vogliono
a spese delle minoranze -.
Dunque, meglio il proporzionale? - In
generale sì: è il sistema più onesto perché riflette perfettamente il principio
di rappresentanza elettori-eletti. Non si presta a manipolazioni ma implica che
i partiti si assumano responsabilità politiche e siano in grado di fare
coalizioni. Oltretutto, maggioritari e premi di maggioranza applicati a sistemi
politici frammentati come il nostro, dove il partito più forte è lontanissimo
dalla maggioranza assoluta, provocherebbero una distorsione della
rappresentanza inaccettabile -.
Ma la sera stessa delle elezioni non si
saprebbe chi ha “vinto”… - È curioso come questo formuletta, che sentivamo
ripetere ogni minuto, sia scomparsa… Oggi tutti stanno pensando a come
trafficare la mattina dopo. Nella situazione attuale il maggioritario o il
premio indicherebbero un vincitore. Ma subito dopo inizierebbero i guai perché
le coalizioni fatte prima servono solo a vincere le elezioni per poi
squagliarsi subito dopo. Non abbiamo riprove a sufficienza? Altro che
stabilità, altro che “governabilità”! Vogliamo parlare dell’arte del
trasformismo? Talora serve al governo a tirare avanti, ma a che prezzo per l’integrità
della politica? -.
In questa legislatura un voltagabbana ogni
tre giorni: un’interpretazione piuttosto disinvolta dell’assenza di vincolo di
mandato. - A metà dell’Ottocento Walter Bagehot, nel commento alla Costituzione
britannica, individuava quattro funzioni del Parlamento: legiferare,
rappresentare il meglio della Nazione, controllare il governo e sostenerlo.
Sostenere il governo se si è nella sua maggioranza, non sostenerlo se si è
all’opposizione. Si potrebbe studiare una riforma dell’art. 67 della
Costituzione che, garantendo la libertà di mandato per tutte le altre funzioni,
ponesse limiti e prevedesse sanzioni (decadenza?) quando si ondeggia
opportunisticamente sul quarto punto, il trasformismo vero e proprio, magari
“incentivato” nel mercato dei voti. Anche qui, abbiamo bisogno di esempi? -.
A proposito: si aspettava il ritorno di
Berlusconi? Come la mettiamo con l’ineleggibilità? - Se la domanda è: ‘Può un
ineleggibile essere a capo di un partito?’, le rispondo: ‘Quale norma lo
vieta?’. Non si può ragionare alla buona e dire “se non è eleggibile, non può
essere capo d’un partito che si presenta alle elezioni né comparire nel suo
simbolo”. Diremmo che un partito comunista non può mettere la barba di Marx nel
suo simbolo perché Marx non è eleggibile? -.
I principali leader politici non siedono in
Parlamento: significa qualche cosa? - È una delle tante conseguenze
dell’emarginazione del Parlamento. Siamo a Torino: Cavour dove costruiva la sua
politica e faceva i suoi più importanti discorsi? A Palazzo Carignano. De
Gasperi, Togliatti, portavano alle Camere i grandi temi della loro politica. La
questione della legge elettorale dovrebbe, tra le altre cose, riqualificare la
rappresentanza: ‘Il meglio della Nazione’, dicevamo -.
Non ha detto che effetto le fa il ritorno
del Cavaliere. - Un capolavoro che ci meritiamo: non siamo in grado di produrre
novità politiche -.
Renzi era nuovo: è politicamente
invecchiato? - La sua retorica è fuori tempo. Il futuro era la sua parola
chiave, l’ha divorata e consumata. Alla Leopolda il motto era ‘Il futuro è
ora’: provate a dirlo ai disoccupati, agli occupati precari e sottopagati, a
quelli che non si curano perché non hanno soldi…-.
E la sinistra che impressione le fa? - Dopo
il 4 dicembre si è aggrappata all’idea, sensata, di interloquire con i milioni
di elettori che allora si sono mobilitati, pur disertando normalmente le urne.
‘Diamo loro motivo perché ritornino a votare’. Bene. Ma le pare che le cose che
accadono possano suscitare speranze ed entusiasmi? Mancano drammaticamente la
materia prima e la materia grigia -.
Quale potrebbe essere il programma a grandi
linee? - Non ci vogliono mille pagine ma nemmeno il poco spazio che abbiamo a
disposizione. Però si potrebbero elaborare proposte concrete sugli argomenti
più urgenti che conosciamo tutti: lavoro; flussi migratori; cultura e scuola
pubblica; diritto alla salute, corruzione, evasione fiscale. Poi c’è un tema
fondamentale: l’ambiente, il territorio, il diritto dei cittadini di avere
sotto i piedi una terra sana, accessibile, bella. I cittadini di Taranto non
devono vivere nel terrore di ammalarsi per l’aria che respirano, si deve
abitare in case sicure e non abusive. E se uno vuole andare in spiaggia deve
poterlo fare senza pagare. Sono programmi che costano e allora, oltre a dire
che cosa si vuol fare, bisogna dire che cosa non si vuol più fare -.
Torniamo alla legge elettorale. Gaetano
Azzariti ha giustamente sottolineato che in una democrazia parlamentare la
legge elettorale non serve a scegliere un governo ma è lo strumento con cui i
cittadini eleggono i loro rappresentanti. Una prospettiva completamente scomparsa
dal dibattito pubblico. - Sono gli orizzonti divergenti dei sostenitori del
proporzionale e dei fautori del maggioritario. Ma i cittadini non vogliono
essere considerati pecore dentro il gregge o mucche dentro la mandria. I
cittadini sono la forza che dà senso alla politica, ai partiti che esprimono
idee e programmi per attuarle. Non si dovrebbe avere la sgradevole sensazione
che i giochi siano già fatti, ma si dovrebbe restituire al popolo l’idea di
essere parte fattiva del gioco. E perché questo accada la legge elettorale non
deve essere solo onesta, ma anche semplice e chiara, il contrario degli
arzigogoli ai quali si dedicano gli esperti dei sistemi elettorali (quasi una
categoria professionale) -.
Parliamo del Rosatellum nuova versione? - La
legge elettorale deve anche essere ‘coerente’. Che senso ha dire agli elettori:
vi diamo una quota di nominati e una quota libera? Cosa pensa il cittadino del
“voto unico” che fa sì che il voto dato al candidato nel collegio uninominale
si trasferisca automaticamente alla lista dei candidati nel collegio
plurinominale e viceversa? Tutte le volte che logiche alternative s’inseriscono
nel meccanismo elettorale, sorgono dubbi sulla onestà della legge -.
Con i “nominati” la selezione non la fanno
gli elettori. - Gli appuntamenti elettorali sono spesso quelli in cui,
all’opposto di quanto teorizzava Bagehot, emerge il peggio della Nazione. Per
correre dietro ai consensi che servono per vincere, i partiti non vanno troppo
per il sottile. Non fanno differenze tra il voto delle persone oneste,
informate e disinteressate e quello delle persone disoneste, disinformate e
interessate: anzi, per lo più si coccola la seconda categoria che può offrire
pacchetti di voti. In una situazione socialmente decadente, emerge il degrado -.
Che fare? Sorteggio? - Lucrezio nel De rerum
natura racconta che gli Etiopi conferivano il potere del governo ai più belli:
un sistema come un altro, no? Tornando seri, l’elezione non può che
rispecchiare il grado o il degrado di elettori, candidati ed eletti, a seconda
di chi ha in mano il gioco -.
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