Da “Perché i
diritti non sono un lusso in tempo di crisi” di Stefano Rodotà, pubblicato
sul quotidiano la Repubblica del 20 di ottobre dell'anno 2014: (…). «Il diritto ad avere
diritti, o il diritto di ogni individuo ad appartenere all'umanità, dovrebbe
essere garantito dall'umanità stessa». Così la fondazione dei diritti si fa
assai impegnativa, esige una vera "politica dell'umanità", l'opposto
di quella "politica del disgusto" di cui ci ha parlato Martha
Nussbaum a proposito delle discriminazioni degli omosessuali, ma che ritroviamo
in troppi casi di rifiuto dell'altro. Quella del riconoscimento dei diritti è
un'antica promessa. La ritroviamo all'origine della civiltà giuridica quando
nel 1215, nella Magna Carta, Giovanni Senza Terra dice: «Non metteremo la mano
su di te». È l' habeas corpus , il riconoscimento della libertà personale
inviolabile, con la rinuncia del sovrano a esercitare un potere arbitrario sul
corpo delle persone. Da quel lontano inizio si avvia un faticoso cammino, fitto
di negazioni e contraddizioni, che approderà a quella che Norberto Bobbio ha
chiamato "l'età dei diritti", alle dichiarazioni dei diritti che alla
fine del Settecento si avranno sulle due sponde del "lago Atlantico",
negli Stati Uniti e in Francia. È davvero una nuova stagione, che sarà scandita
dal succedersi di diverse "generazioni" di diritti: civili, politici,
sociali, legati all'innovazione scientifica e tecnologica. Saranno le
costituzioni del Novecento ad attribuire ai diritti una rilevanza sempre
maggiore. Ed è opportuno ricordare che le più significative innovazioni
costituzionali del secondo dopoguerra si colgono nelle costituzioni dei
"vinti", l'italiana del 1948 e la tedesca del 1949, che non si aprono
con i riferimenti alla libertà e all'eguaglianza. Nella prima il riferimento
iniziale è il lavoro, nella seconda la dignità. Si incontrano così le
condizioni materiali del vivere e la sottrazione dell'umano a qualsiasi potere
esterno. (…). …la centralità dei diritti fondamentali nel sistema
costituzionale ha fatto parlare di diritti "insaziabili", che si
impadroniscono di spazi propri della politica e che, considerati come elemento
fondativo dello Stato, espropriano la stessa sovranità popolare. Più
nettamente, nel tempo che stiamo vivendo, i diritti sono indicati come un lusso
incompatibile con la crisi economica, con la diminuzione delle risorse
finanziarie. Ma, nel momento in cui la promessa dei diritti non viene adempiuta,
o è rimossa, da che cosa stiamo prendendo congedo? Quando si restringono i
diritti riguardanti lavoro, salute e istruzione, si incide sulle precondizioni
di una democrazia non riducibile ad un insieme di procedure. Non sono i diritti
ad essere insaziabili, lo è la pretesa dell'economia di stabilire quali siano i
diritti compatibili con essa. Quando si ritiene che i diritti sono un lusso, in
realtà si dice che sono lussi la politica e la democrazia. Non si ripete forse
che i mercati "decidono", annettendo alla sfera dell'economico le
prerogative proprie della politica e dell'organizzazione democratica della
società? (…). A Touraine sembra che le spinte provenienti dal sociale abbiano
esaurito la loro capacità trasformativa e propone non soltanto di rimettere i
diritti fondamentali al centro dell'attenzione, ma di operare uno spostamento
radicale verso movimenti "etico-democratici", i soli in grado di
porre in discussione il potere nella sua totalità e di «difendere l'essere
umano nella sua realtà più individuale e singolare». (…). I diritti non
invadono la democrazia, ma impongono di riflettere su come debba essere
esercitata la discrezionalità politica: proprio in tempi di risorse scarse, i
criteri per la loro distribuzione debbono essere fondati sull'obbligo di
renderne possibile l'attuazione. (…). …trovano posto le riflessioni su un tempo
in cui il problema concreto non è la dismisura dei diritti, ma la loro
negazione quotidiana determinata dalle diseguaglianze, dalla povertà, dalle
discriminazioni, dal rifiuto dell'altro che, negando la dignità stessa della
persona, contraddicono quella "politica dell'umanità" alla quale è
legata la vicenda dei diritti. (…). Senza una robusta e consapevole politica,
fondata anche sull'iniziativa delle persone, i diritti corrono continuamente il
rischio di perdersi. Ma quale destino possiamo assegnare ad una politica
svuotata di diritti e perduta per i principi?
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