Si legge nella dichiarazione resa
il 30 di giugno dell’anno 1971 dal giudice Hugo Black alla Corte Suprema degli
Stati Uniti d’America: “La stampa libera deve servire ai governati
non ai governanti. Il potere del governo di censurare la stampa è stato abolito
perché la stampa rimanesse per sempre libera di censurare il governo”.
Interessante la riflessione che ha per titolo “Tienilo per te” dello scomparso sociologo Zygmunt Bauman, lo
studioso conosciuto per la “vita liquida”, riflessione
pubblicata tempo addietro su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica” e
della quale di seguito ne trascrivo ampie parti. Un’occasione importante per
tornare a parlare dei fattacci nostri, in un’ottica però un tantino più
nobilitante. Certamente per i soli meriti dell’illustre Autore. Ché tutto
iniziò, nel bel paese, e puntualmente, con smentite vibranti, feroci, con gli
epiteti delle grandi occasioni verso la stampa e l’universo mondo. Con tutti i
famigli sguinzagliati a mo’ di mastini dalle mascelle sanguinolenti. È tutto
spazzatura. È tutto una melma. È un golpe. È… prima solennemente scandito
dall’uomo di Arcore e dai suoi giannizzeri, poi da tutto quel politicume che ha
ammorbato l’aria del Paese. Ché, ai tempi in cui imperava l’uomo di Arcore,
mano a mano che le cose si complicavano ed apparivano nella loro cruda,
squallida realtà, fu un rifluire verso toni più accattivanti, a lisciare il
pelo alla mascolinità più sciatta del bel paese. Ad impetrare la benevolenza e
la comprensione dell’altro genere degli umani che tollera nell’italico bel
paese sino all’eccesso i peccati di chi porta il pantalone. “Non sono mica un
santo”, o giù di lì ebbe a dire a quel tempo quell’unto di sant’uomo del signor
B. “Ma è stato solamente l’utilizzatore finale”, proclamò ai quattro venti,
incautamente, il leguleio di famiglia. Come a dire noi maschietti… E pure nella
circostanza si verificò il colpo magico, magistrale, di un monarca che dispone
degli uomini e delle cose: il sequestro in prima serata della piazza mediatica
del bel paese, di tutta la piazza, per un monologo che ha avrebbe potuto avere al
tempo anche un titolo pertinente: “Ora parlo io”. E parlò. Come una qualunque
Vivienne, della quale Vivienne si parla nella riflessione di quell’illustre
sociologo, recentemente mancato. Come a dire, stante la logica del signor
B., è stato tutto vero, però, in fondo,
è sempre un “affare” mio. E gli “affari” dei monarchi di qualsivoglia sponda devono
necessariamente restare ben custoditi nelle segrete alcove. Ha lasciato scritto
l’indimenticato Zygmunt Bauman:
Che cosa è pubblico, che cosa è privato? Un
tempo era chiaro. Poi, una sera del 1981, in tv, tutto cambiò. Alain Ehrenberg,
sociologo francese e perspicace osservatore della contorta traiettoria
dell'uomo moderno, ha tentato di stabilire l'esatta data di nascita della
rivoluzione culturale che ha inaugurato l'epoca in cui viviamo. (…). La scelta
di Ehrenberg è caduta su un mercoledì sera del 1981, quando, nel corso di un
talk show televisivo - e quindi di fronte a diversi milioni di telespettatori -
una certa Vivienne dichiarò che suo marito Michael soffriva di eiaculazione
precoce, il che le aveva impedito, durante il loro matrimonio, di provare anche
solo una volta l'orgasmo. Una dichiarazione rivoluzionaria per almeno due
motivi: anzitutto, Vivienne aveva reso pubbliche informazioni che, sino a quel
momento, erano state considerate assolutamente, inequivocabilmente private. E,
in secondo luogo, per discuterne dettagliatamente aveva scelto uno spazio
pubblico. Privato è ciò che pertiene all'ambito della privacy. E, per
intenderci sul significato di privacy basta consultare Wikipedia, il sito noto
per descrivere e riflettere meticolosamente nozioni e fatti, e per aggiornare
costantemente i contenuti. “La privacy”, si leggeva l'8 marzo del 2009 sulla
versione britannica di Wikipedia, “è l'abilità di un individuo o di un gruppo
di individui di proteggersi, o di proteggere le informazioni che li riguardano,
e quindi di rivelarsi selettivamente. Il concetto di privacy è talvolta
collegato a quello di anonimato, al desiderio di passare inosservati e non
farsi riconoscere. Solitamente, quando consideriamo una cosa privata, è perché
riveste per noi un'importanza intrinsecamente speciale, o ci tocca
personalmente. La privacy può essere anche considerata come un aspetto della
sicurezza, in cui gli interessi contrastanti di diversi gruppi possono emergere
con particolare evidenza”. Qual è, invece, la definizione di spazio pubblico?
Un luogo il cui accesso è consentito a chiunque desideri entrarvi. In linea di
principio, tutto ciò che viene visto o sentito in uno spazio pubblico potrebbe
essere visto e sentito da chiunque; e chi, in quello spazio, afferma o fa
qualcosa, si assume il rischio di essere ascoltato e osservato, ne accetta le
conseguenze e rinuncia al diritto di obiettare o esigere un risarcimento. Se
consideriamo che, per citare ancora una volta Wikipedia, “il grado con cui le
informazioni private vengono rese pubbliche dipende dal modo in cui il pubblico
le riceve, e questo modo varia in funzione dei luoghi e delle epoche”, il
tentativo di mantenere un'informazione privata e di renderla pubblica sono,
ovviamente, antitetici, e si definiscono vicendevolmente per opposizione. Privato
e pubblico sono concetti opposti, che appartengono a campi semantici separati
non da argini che invitano o consentono scambi reciproci, bensì da confini
spesso sigillati con cura e pesantemente fortificati su entrambi i fronti, ben
protetti contro chi vorrebbe valicarli ( i voltagabbana in genere, e i
disertori in particolare ). (… ).
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