"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 9 ottobre 2017

Cronachebarbare. 45 “ Che cosa è pubblico, che cosa è privato”.



Si legge nella dichiarazione resa il 30 di giugno dell’anno 1971 dal giudice Hugo Black alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America: “La stampa libera deve servire ai governati non ai governanti. Il potere del governo di censurare la stampa è stato abolito perché la stampa rimanesse per sempre libera di censurare il governo”. Interessante la riflessione che ha per titolo “Tienilo per te” dello scomparso sociologo Zygmunt Bauman, lo studioso conosciuto per la “vita liquida”, riflessione pubblicata tempo addietro su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica” e della quale di seguito ne trascrivo ampie parti. Un’occasione importante per tornare a parlare dei fattacci nostri, in un’ottica però un tantino più nobilitante. Certamente per i soli meriti dell’illustre Autore. Ché tutto iniziò, nel bel paese, e puntualmente, con smentite vibranti, feroci, con gli epiteti delle grandi occasioni verso la stampa e l’universo mondo. Con tutti i famigli sguinzagliati a mo’ di mastini dalle mascelle sanguinolenti. È tutto spazzatura. È tutto una melma. È un golpe. È… prima solennemente scandito dall’uomo di Arcore e dai suoi giannizzeri, poi da tutto quel politicume che ha ammorbato l’aria del Paese. Ché, ai tempi in cui imperava l’uomo di Arcore, mano a mano che le cose si complicavano ed apparivano nella loro cruda, squallida realtà, fu un rifluire verso toni più accattivanti, a lisciare il pelo alla mascolinità più sciatta del bel paese. Ad impetrare la benevolenza e la comprensione dell’altro genere degli umani che tollera nell’italico bel paese sino all’eccesso i peccati di chi porta il pantalone. “Non sono mica un santo”, o giù di lì ebbe a dire a quel tempo quell’unto di sant’uomo del signor B. “Ma è stato solamente l’utilizzatore finale”, proclamò ai quattro venti, incautamente, il leguleio di famiglia. Come a dire noi maschietti… E pure nella circostanza si verificò il colpo magico, magistrale, di un monarca che dispone degli uomini e delle cose: il sequestro in prima serata della piazza mediatica del bel paese, di tutta la piazza, per un monologo che ha avrebbe potuto avere al tempo anche un titolo pertinente: “Ora parlo io”. E parlò. Come una qualunque Vivienne, della quale Vivienne si parla nella riflessione di quell’illustre sociologo, recentemente mancato. Come a dire, stante la logica del signor B.,  è stato tutto vero, però, in fondo, è sempre un “affare” mio. E gli “affari” dei monarchi di qualsivoglia sponda devono necessariamente restare ben custoditi nelle segrete alcove. Ha lasciato scritto l’indimenticato Zygmunt Bauman:
Che cosa è pubblico, che cosa è privato? Un tempo era chiaro. Poi, una sera del 1981, in tv, tutto cambiò. Alain Ehrenberg, sociologo francese e perspicace osservatore della contorta traiettoria dell'uomo moderno, ha tentato di stabilire l'esatta data di nascita della rivoluzione culturale che ha inaugurato l'epoca in cui viviamo. (…). La scelta di Ehrenberg è caduta su un mercoledì sera del 1981, quando, nel corso di un talk show televisivo - e quindi di fronte a diversi milioni di telespettatori - una certa Vivienne dichiarò che suo marito Michael soffriva di eiaculazione precoce, il che le aveva impedito, durante il loro matrimonio, di provare anche solo una volta l'orgasmo. Una dichiarazione rivoluzionaria per almeno due motivi: anzitutto, Vivienne aveva reso pubbliche informazioni che, sino a quel momento, erano state considerate assolutamente, inequivocabilmente private. E, in secondo luogo, per discuterne dettagliatamente aveva scelto uno spazio pubblico. Privato è ciò che pertiene all'ambito della privacy. E, per intenderci sul significato di privacy basta consultare Wikipedia, il sito noto per descrivere e riflettere meticolosamente nozioni e fatti, e per aggiornare costantemente i contenuti. “La privacy”, si leggeva l'8 marzo del 2009 sulla versione britannica di Wikipedia, “è l'abilità di un individuo o di un gruppo di individui di proteggersi, o di proteggere le informazioni che li riguardano, e quindi di rivelarsi selettivamente. Il concetto di privacy è talvolta collegato a quello di anonimato, al desiderio di passare inosservati e non farsi riconoscere. Solitamente, quando consideriamo una cosa privata, è perché riveste per noi un'importanza intrinsecamente speciale, o ci tocca personalmente. La privacy può essere anche considerata come un aspetto della sicurezza, in cui gli interessi contrastanti di diversi gruppi possono emergere con particolare evidenza”. Qual è, invece, la definizione di spazio pubblico? Un luogo il cui accesso è consentito a chiunque desideri entrarvi. In linea di principio, tutto ciò che viene visto o sentito in uno spazio pubblico potrebbe essere visto e sentito da chiunque; e chi, in quello spazio, afferma o fa qualcosa, si assume il rischio di essere ascoltato e osservato, ne accetta le conseguenze e rinuncia al diritto di obiettare o esigere un risarcimento. Se consideriamo che, per citare ancora una volta Wikipedia, “il grado con cui le informazioni private vengono rese pubbliche dipende dal modo in cui il pubblico le riceve, e questo modo varia in funzione dei luoghi e delle epoche”, il tentativo di mantenere un'informazione privata e di renderla pubblica sono, ovviamente, antitetici, e si definiscono vicendevolmente per opposizione. Privato e pubblico sono concetti opposti, che appartengono a campi semantici separati non da argini che invitano o consentono scambi reciproci, bensì da confini spesso sigillati con cura e pesantemente fortificati su entrambi i fronti, ben protetti contro chi vorrebbe valicarli ( i voltagabbana in genere, e i disertori in particolare ). (… ).

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