Non sfuggirà alla Vostra
avvertita consapevolezza la reale “natura” di quel “legno storto” che è l’uomo.
Ché solo su quella sua tragica “natura” hanno potuto fare leva i soliti
manigoldi che hanno imperversato nella storia tragica di quel primate. Manigoldi
che sono stati al potere tanto nelle vituperate monarchie, quanto nelle
massacranti dittature, ma ancor più, ai giorni nostri, in quelle configurazioni
sociali che ci azzardiamo a denominare impropriamente “democrazie”. Che sì,
anche nelle “democrazie” non sono mancati o manchino i manigoldi che operando sapientemente
sulla “natura” quel “legno storto” hanno di fatto sfigurato le “democrazie” stesse
facendo leva su quell’inestricabile groviglio che è la psiche informe del “legno
storto” per creare un “nemico” da fronteggiare, da aggredire e da
distruggere. La “creazione” di un nemico è fattore comune a tutte le
configurazioni sociali che il “legno storto” sia venuto man mano,
nella sua tragica storia, a pensare ed a inventare. Da sempre, da quando quel “legno
storto” ha pensato bene ad associarsi in gruppi e/o sottogruppi per la
sicurezza dei quali fosse necessario pensare, per l’appunto, ad un “nemico”. E così
la tragica storia scritta dal “legno storto” continua ad
annoverare quel “nemico” nelle forme più svariate, “nemico” che consenta ai
manigoldi di turno di cementare il gruppo o sottogruppo d’appartenenza e di ascendere
così al potere e di farne scempio. La “sfogliatura” di oggi risale al
lunedì 13 di settembre dell’anno 2004. Si era celebrata allora la terza
ricorrenza delle stragi delle torri newyorchesi. Sembra che i dodici anni trascorsi
da allora siano passati inutilmente. Allora “terrorismo” e solo “terrorismo”.
Come lo è oggigiorno. Come dimenticare il Segretario di Stato Colin Powell e la
sua provetta o l’impresentabile inglese Blaire? Sono oggi da rileggersi i
pensieri e le considerazioni che nel mezzo di quella “tempesta” si potevano
provare, che personalmente ho provato:
Mesi
addietro è potuto straordinariamente accadere che nel bel paese del tubo
catodico monopolizzato sia stato mandato in onda, ad una ora impensabile e
senza uno straccio di informazione-pubblicità, uno dei tanti servizi
divulgativi, pregno di una certa attendibilità scientifica, sulle attuali condizioni
delle risorse e dei consumi del pianeta Terra e del suo drammatico divenire. In
questo momento mi difetta tanto la memoria sia per il titolo del servizio,
quanto per gli autori dello stesso. La qualcosa non fa perdere però di
importanza al succo stesso del servizio allora presentato e clandestinamente
trasmesso dal tubo catodico monopolizzato; con poche parole, nel servizio si
prospettavano gli scenari futuri sul pianeta Terra in fatto di consumi
energetici e di equilibrio nel biosistema terrestre. Il messaggio importante sottinteso
nel servizio, sottinteso poi non tanto, era che le drammatiche disuguaglianze
in fatto di ricchezza, di consumi e di
sfruttamento delle risorse ambientali tra le popolazioni del pianeta non si
sarebbero mai potute non dico azzerare, ma quantomeno alleviare, stante il
fatto che, se solo si fosse concesso alla stragrande maggioranza degli uomini
del pianeta Terra l’accesso alle sue risorse e solo per raggiungere i livelli
di vita di un paese come l’Italia che, seppur annoverato tra i paesi ricchi del
pianeta non può assolutamente competere con altre realtà quali per esempio gli
Stati uniti d’America in fatto di ricchezza, di consumi e di relativo
inquinamento ambientale e quindi progressivo degrado, l’accesso alle predette
risorse dicevo e la facilitazione dei consumi collettivi su di una scala molto
più grande avrebbe comportato l’esplodere senza possibilità di ulteriori estreme
correzioni di tutti gli equilibri del sistema Terra, con inimmaginabili
conseguenze sulla stessa sopravvivenza della specie (dis)umana. La conclusione
amara ed al tempo stesso drammatica che il servizio sottendeva è che sul
pianeta Terra le disuguaglianze, ovvero l’ineguale distribuzione delle risorse
e dei consumi, sono dati immodificabili sui grandi numeri, a rischio di un
deflagrare del sistema ambiente, e che pertanto la vera guerra planetaria che
si sta combattendo e che si continuerà a combattere sul pianeta è in buona
sostanza una sola: impedire che tutto il resto degli uomini, ovvero la
stragrande maggioranza di essi, possa accedere alle risorse della Terra,
escludendoli permanentemente quindi dal miraggio dei consumi di massa che
farebbero saltare tutti gli equilibri ambientali con buona pace del cosiddetto mondo
occidentale, progredito e cristianizzato, che vedrebbe sparire in un soffio il
suo benessere, altroché spartirlo con il resto della umanità!, e vedrebbe
compromessa la propria fisica sopravvivenza. È questa la guerra planetaria che
di già si sta combattendo e che non potrà avere una auspicabile conclusione se
posta nei termini della prevalenza e di
un soggiogamento di una minoranza di uomini sulla stragrande maggioranza di
essi; essa, la stragrande maggioranza degli uomini, è destinata, come un
immenso corpo sacrificale, ad essere esclusa perennemente dai consumi e dallo
sfruttamento delle risorse ambientali, per consentire alla minoranza di poter
continuare a consumare, dissipare, impoverire il pianeta Terra a tutti
appartenente. Oggi, all’indomani della terza celebrazione degli orrendi fatti
delle Torri gemelle, è necessario indirizzare tutte le intelligenze che siano
veramente votate alla pace tra gli uomini ad un ripensamento sui problemi dell’equilibrio
ambientale e della perequazione tra tutti gli esseri umani in fatto di
opportunità di vita migliori. Gli spiccioli egoismi dei paesi cosiddetti
progrediti penso che siano arrivati ad un punto di non ritorno per cui, senza
un cambiamento di strategia di politica ambientale e delle risorse fatto
veramente su scala globale, l’esito finale non potrà sostanzialmente
discostarsi da un mondo di minoranze che lotterà strenuamente e sempre più
aspramente, e con i sempre più potenti mezzi messi a disposizione dalla moderna
tecnologia, contro un mondo di maggioranze che si contrapporrà di certo con
atti sempre più brutali e disumani, stante la differenza tecnologica tra le
parti che contendono, con l’unico obiettivo di impedire a quelle minoranze di
accostarsi al benessere in quanto una tale concessione comprometterebbe la
sopravvivenza stessa della vita sulla Terra. Ha ben scritto a questo proposito
e sempre all’indomani della ricorrenza dei fatti orribili delle Torri gemelle Giuseppe
Turani sul quotidiano “la Repubblica”: (…). Nel 2000 sulla terra c’erano grosso
modo sei miliardi di persone. Un miliardo stava nella cosiddetta area del
benessere, il resto, quattro miliardi, in quella del malessere (…). In
sostanza, su cinque abitanti del pianeta 1 stava bene e 4 male. E fin qui è
facile capire che quando mettiamo in una stanza ( la Terra ) un ricco e quattro
poveri, la convivenza poi si fa difficile. I conflitti che si spengono da una
parte si riaccendono dall’altra. Se non è per motivi religiosi e politici, sarà
per motivi economici, ma il conflitto, in un mondo fatto così male, è
obbligatorio, inevitabile. (…). Contro i 25 barili di petrolio
consumati ogni anno da un cittadino americano, ci sta il barile e mezzo
consumato da un cinese. E poiché il consumo di petrolio significa qualità della
vita (…), si fa presto arrivare alle conclusioni: prendete la qualità della
vita di un americano, la dividete in 20 pezzettini, ne buttate via 19 e avrete
la qualità della vita di un cinese contemporaneo. O, ancora, contro i 25-30 mila
dollari di reddito annuo pro-capite di un italiano avete i 400 dollari di un
afgano. L’afgano, insomma, ha una qualità di vita di 60-80 volte inferiore alla
nostra, che non siamo nemmeno fra i più ricchi del pianeta. (…). … in queste
condizioni è vano sperare in una fine dei conflitti, comunque siano motivati.
(…).
Ma la questione grossa è un’altra. Il mondo, cioè, sta andando non nella
direzione della correzione degli squilibri (…), ma esattamente nella direzione
contraria. Nel giro di qualche decennio (…), la popolazione del pianeta
potrebbe raggiungere i 10 miliardi di abitanti (…) e, dicono le previsioni,
avremmo ancora poco più di un miliardo di ricchi e quasi nove miliardi di
poveri. Avremmo, insomma, 1 ricco ogni 9 poveri contro la situazione attuale
che vede 1 ricco e 4 poveri. E’ chiaro che se è già difficile far convivere
sullo stesso pianeta un miliardo di ricchi e quattro miliardi di poveri, lo
sarà ancora di più far convivere sullo stesso pianeta un miliardo di ricchi e
nove miliardi di poveri. Se oggi dobbiamo registrare, purtroppo, una
serie di conflitti armati, in futuro ne avremo molti di più. Oggi si spara per
le vie di Bagdad, fra quarant’anni si potrebbe sparare per le vie di Roma o di
Milano. Esagerato? Forse, però bisogna tenere
conto che stiamo andando verso un rapporto ricchi/poveri assolutamente
enorme e intollerabile. Ma
c’è di più. Già oggi è bastato un certo decollo economico della Cina per
mettere in crisi il mercato del petrolio e quello di tutte le altre materie
prime. Ma la terra verso cui stiamo andando incontro è un pianeta che dovrà
sostenere non più sei miliardi di persone, ma dieci. Se oggi ci si spara
addosso per il petrolio, nel giro di qualche decennio è facile prevedere che ci
si sparerà addosso per il petrolio, il rame, l’argento e così via. Stiamo
correndo verso l’abisso. E non si vedono segni di ravvedimento… (…).
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