Ed “adesso pover'uomo?” – Hans Fallada
copyright, (Greifswald, 21 di luglio dell'anno 1893 - Berlino, 5 di febbraio dell'anno 1947) - venuto da quel di Rignano sull’Arno per raddrizzar le gambe ai cani!
E quelli della “ditta”, dov’erano, dove stavano, con chi stavano? Assieme a
quel “pover'uomo” dovrebbero risponderne al “popolo sovrano”. Da “Buttare l’Italicum e gli opportunismi”
di Gianfranco Pasquino, su “il Fatto Quotidiano” del 29 di giugno 2016: (…). …il
principale problema dell’Italicum è che è una legge elettorale fatta su misura
del Pd di maggio (2014, quando nelle elezioni europee il partito superò il 40%
dei voti) con il consenso di Berlusconi, allora convinto che sarebbe stato il
suo centrodestra ad arrivare al ballottaggio, e di Alfano, che chiese e ottenne
una clausola di accesso al Parlamento non più alta del 3% (come in Spagna,
circa 15 milioni di elettori meno dell’ Italia, e non 4 come in Svezia: meno di
10 milioni di elettori). Tanto Berlusconi quanto Alfano vollero la possibilità
di candidature multiple (non più in tutte le circoscrizioni, ma “solo” in
dieci) e parlamentari nominati (adesso capilista bloccati in tutte le
circoscrizioni) cosicché l’Italicum che, persino secondo Napolitano, dovrà
essere sottoposto alle “opportune verifiche di costituzionalità”, assomiglia
molto al Porcellum, smantellato dalla Corte Costituzionale. In buona sostanza,
l’Italicum è un porcellinum, con le preferenze e con il ballottaggio che deve
avvenire, a causa dell’ ossessione anti-coalizioni di un capo di governo che vuole
essere l’ uomo unico al comando, fra i due partiti o le due liste più votate, a
meno che un partito o una lista ottenga al primo turno il 40% dei voti più uno.
Già alcuni renziani si affrettano a sostenere che la lista può anche essere
composta da più partiti, ma questo sarebbe uno stravolgimento dello spirito
della loro legge (e delle intenzioni personalistiche di Renzi) nonché una molto
dubbia, forse improponibile, interpretazione della lettera. Queste sembrano e,
sostanzialmente, sono quisquilie e pinzillacchere. Né le leggi elettorali né i
ritocchi cosmetici alle leggi esistenti debbono essere fatti con riferimento ai
desideri e alle preferenze dei partiti e dei loro dirigenti. L’Italicum è una
legge di parte che non può essere modificata per convenienze di parte, ma che
deve essere cestinata. Punto e a capo. Nel frattempo, pendono anche alcuni
ricorsi alla Corte costituzionale su diverse clausole della legge. Il criterio
con il quale valutare qualsiasi legge elettorale non è mai il tornaconto dei
partiti esistenti, ma il potere degli elettori. L’Italicum migliora il
Porcellum grazie sia al ballottaggio sia alla possibilità di esprimere uno o
due voti di preferenza, ma, a causa dei capilista bloccati e come conseguenza
dell’ ingente premio in seggi consegnato a un partito/lista che ottenga anche
soltanto poco meno o poco più del 30% al primo turno (quindi, quasi
raddoppiandone la rappresentanza parlamentare), rimane molto al di sotto quanto
a potere degli elettori tanto del sistema maggioritario francese quanto del
sistema proporzionale personalizzato tedesco. Nel maggioritario francese a
doppio turno (non ballottaggio poiché al secondo turno possono esserci tre, se
non quattro candidati) in collegi uninominali, gli elettori hanno il potere di
eleggere il candidato preferito oppure, quanto meno, di sconfiggere il
candidato più sgradito. E i partiti ottengono importanti indicazioni anche per
la formazione delle coalizioni di governo. Nella rappresentanza proporzionale
personalizzata tedesca, gli elettori hanno due voti sulla stessa scheda: uno
per il candidato nel collegio uninominale, uno per il partito. Con il primo
voto eleggono il loro rappresentante, con il secondo voto contribuiscono a
determinare il bottino complessivo dei parlamentari del partito preferito
purché abbia superato la soglia del 5% (la Germania ha circa 60 milioni di
elettori).
Cestinato il sostanzialmente irriformabile Italicum è fra questi due
ottimi sistemi elettorali che bisognerebbe scegliere, eventualmente
introducendo correttivi giustificabili non come contentino ai dirigenti di
partito, ma come variazioni che migliorano la rappresentanza politica senza
frammentare il sistema dei partiti. Se queste scelte alternative non fossero
praticabili nell’ attuale Parlamento non resterebbe che un ritorno al
Mattarellum, un sistema sostanzialmente conquistato nel 1993 attraverso un
referendum popolare, “probabilmente” già sufficientemente noto all’ inquilino
del Colle il quale potrebbe anche cominciare a fare sentire la sua voce, utilizzato
con risultati soddisfacenti in tre elezioni generali: 1994, 1996, 2001. Con
l’eliminazione delle liste civetta e una migliore definizione del recupero
proporzionale, il Mattarellum consente agli elettori di eleggere i
rappresentanti che preferiscono e dà loro un doppio voto che conta e pesa. Il
resto (della discussione fra opportunisti elettorali) è fuffa oppure truffa.
Da “Il
mantra della governabilità” di Piero Ignazi, sul quotidiano la Repubblica
del 6 di luglio 2016: Perché Matteo Renzi è tanto affezionato al
sistema elettorale dell'Italicum? È strano che anche un leader giovane e
dinamico come il segretario del Pd non colga lo spirito dei tempi e resti
affezionato a problemi inattuali della politica come la governabilità.
Questione importante, certo, ma oggi passa in secondo piano rispetto al
problema della "rispondenza" tra eletti ed elettori, drammaticamente
sollevato dall'ondata dell'antipolitica. Il mantra della governabilità venne
invocato con forza da Bettino Craxi alla fine degli anni Settanta, ed era
sostenuto da chi vedeva cadere i governi come i birilli dopo nemmeno un anno,
ed assisteva al rinvio alle calende greche di tante riforme necessarie.
Sacrosanta quindi l'esigenza di far funzionare meglio le istituzioni. Ma non si
mosse foglia. (…). Il governo attuale ha imboccato la strada di un'ampia, e
disordinata, riforma costituzionale, integrata da una nuova legge elettorale.
La prima potrà solo essere approvata o cancellata in toto dal prossimo
referendum confermativo, la seconda, fallita la raccolta di firme per un
referendum abrogativo, può invece essere ancora modificata per via ordinaria. La
riforma della Costituzione non porterà i frutti sperati perché sono troppe le
sue contraddizioni interne, anche laddove individua correttamente un punto
nevralgico come la corsia preferenziale in Parlamento per le proposte governative
— la cosiddetta "data certa". Ma la riforma elettorale, invece,
porterà frutti avvelenati. L'insistenza del segretario democratico nel
difendere il suo progetto, che trasuda fiorentinità da ogni comma, si spiega
solo nella sua convinzione che il risultato più importante delle elezioni sia
quello di «sapere chi ha vinto» la sera stessa. Non si sa dove venga questa
ansia da prestazione: nessun sistema elettorale si pone questo obiettivo,
nemmeno quello inglese. Questo, semmai, vale per le elezioni ad una carica
"monocratica" — sindaco, presidente di Regione e, in altri sistemi,
presidente. Non vale per i Parlamenti che sono luoghi dell'incontro e della
deliberazione. (…). Evidentemente in Italia l'orrore per il dialogo ha prevalso
su ogni altra considerazione nella convinzione che un bel premio a chi vince,
come fa l'Italicum, risolva ogni problema di governabilità, alla faccia della
rappresentanza e della rispondenza. Allarma che il segretario del Pd non tenga
in conto il problema oggi più insidioso per la democrazia, in Italia come
altrove: la rivolta contro chi governa, trasformata subito in élite o in casta.
L'antipolitica, con il suo correlato di populismo, è il vero nemico della
democrazia. È la distanza che separa politici e cittadini ad infettare il
nostro sistema. (…). Allora, come fare a disinnescare questa pulsione negativa
verso la politica e il vivere civile? Dando tutto il potere al vincitore come
fa l'Italicum? Ma nemmeno per sogno. La risposta migliore sta nel cercare di
riavvicinare elettori e eletti con quel sistema elettorale che più riduce le
distanze tra gli uni e gli altri. Vale a dire con un sistema uninominale in cui
ogni collegio ha il suo deputato, poi corretto da un ballottaggio tra i primi o
tra chi supera una certa soglia, per tagliare le frange estreme e velleitarie e
favorire la governabilità. L'Italicum è nato male e non lo si può ritoccare. Va
buttato alle ortiche. Come sarebbe stato molto meglio abolire il Senato piuttosto
che trasformarlo in un dopolavoro dei consiglieri regionali, l'Italicum va
cancellato perché non colma in nessuna maniera il fossato tra cittadini e
rappresentanti. Se non si comprende che quanto sia importante la fuga dalle
urne e la rabbia degli esclusi, allora si lascia andare alla deriva il sistema.
(…). Bisogna correre ai ripari e invertire la rotta guardando al faro della
maggiore e migliore rispondenza tra governanti e governati. È l'intelligenza
delle cose che oggi sfida il capo del governo e segretario del Pd.
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