Da “Tra il
cuore e la norma” di Massimo Recalcati, sul quotidiano la Repubblica del 17
di luglio dell’anno 2015: (…). La posta in gioco è alta: quanta verità
può sopportare un essere umano? E, ancora di più, quanta verità può sopportare
un bambino? Nel video che riprende la cancelliera Angela Merkel impegnata in
una conversazione con un gruppo di giovani colpisce innanzitutto il volto della
sua interlocutrice. È quello di una ragazzina palestinese che la guarda con
occhi scuri spalancati come se si trovasse di fronte ad un Gigante buono al
quale affidare le proprie speranze di salvezza. Racconta così al Gigante di
aver studiato tedesco e inglese, di essersi impegnata insieme alla sua famiglia
per rendere possibile una vita degna per poi confessarle senza veli la propria
angoscia: cosa ci accadrà se a mio padre, come sembra, non verrà rinnovato il
permesso di soggiorno? Come in molte fiabe la ragazzina affida a chi ha potere
il suo voto disperato nella speranza che venga preso in considerazione. Ma la
Merkel dimostra di non credere alla fiabe. Il tono della sua comunicazione si
raffredda e cambia immediatamente registro: convoca la spietatezza del
reale. «Non possiamo accogliervi tutti,
siete in troppi!». Il voto di speranza viene rispedito al mittente. E la ragazzina,
delusa, crolla tra le lacrime. Nella sua risposta il Gigante non sceglie la via
del cuore. Non pensa di velare l’orrore del reale. Risponde come fosse di
fronte ad una interpellanza parlamentare. Non mente, non nutre fantasie di
accoglienza, non fa demagogia, non evita il carattere necessariamente scabroso
e deludente della sua risposta. Il Gigante non protegge, come accade nelle
fiabe, dalla minaccia del reale, ma evoca questa minaccia come semplicemente
immodificabile. Chi potrebbe darle torto? Non si possono accogliere tutti.
Questo è il punto più sensibile di tutta la scena: la ragazzina invoca il sogno
di una vita libera e degna. Il Gigante la stronca appellandosi al carattere
oggettivo della realtà. Impossibile non pensare qui alla vicenda greca e alla
posizione di Tsipras, ma, più, in generale quella di chi coltiva una idea di
Europa che non si riduce all’applicazione arida di una Legge impersonale. Nella
sua prima risposta alla ragazzina palestinese Merkel evoca precisamente questo
volto della Legge; quello che non sa fare eccezioni, che stabilisce un rapporto
diretto e immodificabile tra l’infrazione e il suo castigo; che schiaccia il
diritto del particolare sotto l’impero necessario dell’universale. D’altra
parte, replicherebbe il Gigante, se l’eccezione diventasse la regola non vi sarebbe
più alcuna possibilità della Legge. Come darle torto. È un grande problema di
filosofia del diritto. E, tuttavia, la psicoanalisi mostra come in tutti i
processi di crescita della vita individuale e collettiva l’applicazione
(inumana) della Legge che non sa fare posto all’eccezione genera solo mostri.
Lo sappiamo: il genitore che diventa un incubo per i suoi figli è quello che si
identifica integralmente alla Legge rifiutando ogni sconto nella sua
applicazione. Il genitore che diventa un incubo è quello che non sa ridurre il
debito, ma che lo invoca in ogni occasione per far sorgere nel figlio il peso
della colpa. Se riguardiamo ancora la conversazione tra il Gigante e la bambina
non possiamo non chiederci: nel rapporto tra le generazioni è davvero questo il
compito primo della parola dell’adulto? Quello di ricordare alle nuove
generazioni il carattere spietatamente immodificabile della realtà? La parola
di un adulto che si rivolge ad un giovane che ha dato, come quella ragazzina,
prova di impegno non dovrebbe innanzitutto valorizzare il significato di quella
prova? Non dovrebbe alimentare la potenza del sogno, dell’impresa, dello
slancio, della possibilità del cambiamento. È solo il pianto realissimo della
ragazzina che sveglia il Gigante dal sonno di una Legge che non conosce il
sogno dell’eccezione. Il Gigante allora le si avvicina, prova a consolarla, la
rincuora sinceramente. Le dice che la «situazione è difficile», ma che lei è
stata brava. Bisognerebbe sempre ricordare ai Giganti che se il mondo non è un
sogno, il mondo senza sogno deprime e muore.
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