"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 1 marzo 2016

Paginatre. 24 “Alla voce democrazia”.



Da “Come battere l’oligarchia” di Nadia Urbinati, sul quotidiano “l’Unità” del 20 di novembre dell’anno 2012: (…). La crescita delle diseguaglianze di potere sociale e culturale, di opportunità e capacitazioni cambia le relazioni politiche tra i cittadini introducendo preoccupanti sbilanciamenti di potere di influire sui processi decisionali e di godere dei diritti dichiarati nelle costituzioni. Mai come oggi la nostra voce ha pesi diversi. Si tratta, (…), degli effetti politici del declino dello Stato sociale, del modello keynesiano o della fine del compromesso tra capitalismo e democrazia, tra lavoro e cittadinanza. Ma che cosa comporta questo mutamento? Comporta una ristrutturazione del rapporto tra le classi sociali e una forte propensione del sistema politico a riflettere questa ristrutturazione in modo da fare scelte che distribuiscono costi e benefici in maniera proporzionale al potere economico. Mai come in questi ultimi anni chi ha meno paga più e riceve meno dallo Stato. Mai come in questi ultimi anni si è invertita la logica del contributo alla vita della nazione, per cui chi ha reddito da lavoro paga più di chi ha rendite finanziarie. La diseguaglianza del potere del denaro si traduce molto esplicitamente in diseguaglianza del potere politico. Impoverimento e concentrazione della ricchezza vanno insieme: questa è la legge dell`oligarchia. Ma se gli interessi dei pochi e dei molti si divaricano in modi drammatici, è prevedibile che decada anche il loro interesse a cooperare o a cercare compromessi e mediazioni. I «pochi» e i «molti» tornano a essere due mondi separati. Chi ha tanto, pensa di poter imporre le sue scelte confidando sulla necessità di chi ha poco. Chi ha poco, sa di non aver nulla da guadagnare dal compromesso, che comunque è a suo svantaggio poiché non ha forza di contrattazione. Che non ha insomma nulla da perdere dall`incattivirsi del conflitto. Le condizioni della cooperazione tra le classi si assottigliano, lasciando intravedere un fenomeno che non può non destare preoccupazioni, ovvero la secessione dei pochi dall`interesse generale, e l`erosione della pace sociale. Disinteresse per i destini della società da parte di chi più ha e crescita dei rischi di conflitti violenti vanno insieme. (…). Difendere la democrazia può voler dire fare politiche che hanno una colorazione di classe. Questa è la realtà che si è imposta con la crisi del 2008. Essa richiede che l`economia torni ad essere centrale, ma non soltanto per una parte (come già lo è) e non nella versione dogmatica che il liberismo predica e impone (come già avviene). (…).
Da "Non basta il voto per essere cittadini", intervista di Fabio Gambaro al professor Pierre Rosanvallon – College de France – pubblicata sul quotidiano la Repubblica del 25 di febbraio 2016:
"I nostri regimi possono essere considerati democratici, noi però non siamo governati democraticamente". (…). "Oggi la vera scommessa della democrazia non è il carattere democratico dell'elezione, ma il carattere democratico del governo", (…). "In passato, ci siamo soprattutto preoccupati di organizzare sistemi elettivi, preoccupandoci molto meno di come gli eletti avrebbero esercitato il potere. Ciò aveva un senso quando il Parlamento era all'origine delle leggi. Oggi i parlamenti hanno cambiato natura, da istanze indipendenti produttrici della legge sono divenuti istanze subordinate all'esecutivo".
Perché l'esecutivo ha assunto questo ruolo centrale? "L'evoluzione è iniziata all'epoca della primo conflitto mondiale, quando l'urgenza della guerra ha anteposto la necessità della decisione all'elaborazione della norma. In guerra occorre essere nell'azione. Inoltre, l'inizio del XX secolo ha segnato l'avvento di un mondo più globalizzato e in rapida evoluzione, nel cui contesto il potere esecutivo è diventato sempre più importante. Da allora questa tendenza non ha fatto che rafforzarsi".
In effetti oggi nella società c'è una forte domanda d'azione e d'autorità. "Soprattutto emerge il bisogno di efficienza e responsabilità. E un'assemblea non è responsabile: può deliberare, ma non agire. Da qui il dominio dell'esecutivo, che per altro favorisce il progressivo spostamento da una politica centrata sui programmi a una politica centrata sugli uomini. In un mondo mobile e frammentario dove non è più possibile pianificare il futuro come in passato, ad assicurare la continuità non sono più i programmi, costantemente rimessi in discussione dalla realtà e dalle crisi, ma gli uomini. Le persone restano anche se i programmi evolvono. Anche la mediatizzazione focalizza l'attenzione sugli uomini più che sulle idee".
 La personalizzazione della politica favorisce cesarismo e populismo? "È un rischio reale. Se nel XX secolo la patologia della democrazia è stata il totalitarismo, nel XXI secolo prevalgono le patologie della democrazia autoritaria. (…). Si tratta di situazioni dove l'elezione è democratica, ma il governo no. Il moderno cesarismo tende a far saltare le mediazioni tra il capo e il popolo. Inoltre considera la società come un unico blocco che deve pensare allo stesso modo, negando la diversità delle opinioni".
Anche le società occidentali sembrano diventare più sensibili alle sirene del populismo. "La sua semplificazione sembra far presa. Da un lato i populisti, (…), si presentano come i veri rappresentanti del popolo, accusando gli altri di rappresentare solo le élite. Dall'altro, propongono di risolvere i problemi solo attraverso il ripiegamento della società su se stessa. Il protezionismo è un modo per semplificare il mondo, rifiutandone le contraddizioni".
Lei dice che occorre definire le caratteristiche del buon governo per poter realizzare una vera democrazia d'esercizio. Cosa significa questa espressione? "Una democrazia d'esercizio è una democrazia che definisce le regole di esercizio democratico del potere. Un potere infatti è democratico non solo perché è eletto democraticamente, ma soprattutto perché governa democraticamente. E se un potere è veramente democratico, la società deve potersene appropriare sempre e non solo il giorno delle elezioni. Ciò significa che il funzionamento delle istituzioni deve essere innanzitutto leggibile e comprensibile. Oggi prevalgono decisioni parziali, incomprensibili per l'opinione pubblica. La prima qualità democratica è la leggibilità dell'azione di governo che consente ai cittadini di comprenderla, per poi approvarla o criticarla".
Un altro elemento fondamentale è la responsabilità? "Certo. Un potere deve essere sempre responsabile e quindi sottoposto a valutazione. Oggi la valutazione avviene solo al momento dell'elezione. Abbiamo bisogno di momenti di valutazione più frequenti. Visto che la politica insiste sull'effetto annuncio più che sulla realtà dell'azione, sottoporre i politici a valutazioni frequenti significa costringerli a maggior coerenza e realismo".
Quali sono le altre caratteristiche del buon governo? "La reattività, che non è solo la capacità di reazione di fronte agli avvenimenti, ma anche la volontà di uno scambio continuo tra potere e società. Poi la necessità di parlare con franchezza. Infine l'integrità morale che consente all'uomo di governo di identificarsi con la propria funzione, senza utilizzarla come un potere personale al servizio dei propri interessi".
Nel suo libro (“Le bon gouvernement” edito da Seuil n.d.r.) ha indicato alcune modalità - consigli, organismi, commissioni - per implicare maggiormente i cittadini nell'azione di controllo. Non c'è il rischio di complicare ulteriormente l'azione pubblica, già abbastanza macchinosa? "Non credo. L'autogoverno è impossibile, ma una deliberazione pubblica allargata è auspicabile e realizzabile. Abbiamo sempre pensato la democrazia come l'espressione della voce del popolo, oggi abbiamo bisogno che essa sia anche l'organizzazione del popolo. E dato che non tutti i cittadini possono o devono partecipare a tutte queste istanze, l'estrazione a sorte di alcuni di loro potrebbe essere una novità importante. Ciò sancirebbe il principio che chiunque è potenzialmente in grado di partecipare: un modo per rendere di nuovo attraente e credibile la democrazia”.

Nessun commento:

Posta un commento