"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 15 maggio 2025

Lavitadeglialtri. 89 “Storie”.


StoriadiDamiano”. “Senza temere l’inconscienza”: I matti vanno contenti tra il campo e la ferrovia e intorno ai treni che non arrivano o non sono mai partiti incontrano tutti quelli che un tetto e un'identità non ce l'hanno più. Il luogo è la Stazione Termini. La città, Roma. Nelle pieghe di queste due entità che, affratellate soltanto dalla fretta, convivono da separate in casa, le pareti invisibili di tende e cartoni che hanno l'estetica della precarietà e la calce del desiderio. C'è chi sogna un piatto di pasta con un bicchiere di vino, chi non ha denti per mangiare, chi si vende senza allegria, chi non può comprare, chi spera di essere amato, chi si sdraia, chi cammina, chi pensa che alzarsi non restituisca premio, chi viaggia e non vede, chi vede e chiude gli occhi. C'è la disperazione e c'è l'estasi, c'è l'allegria che non conosce ragione e la rabbia senza età, c'è la vergogna e c'è l'orgoglio, c'è la speranza e la disillusione e ci sono le immagini che raccontano e quelle che dicono tutto fingendo di non dire nulla. Nel 1975, Alberto Grifi e Massimo Sarchielli girarono Anna. Lo fecero documentando per mesi ciò che sugli schermi italiani non si era mai visto prima, attribuendo allo stato delle cose, tra eroina, pidocchi, solitudine e insensatezza, la brutale matrice dell'indifferenza: la condizione di chi appena adolescente, sui marciapiedi, poggiava testa e cuore, diventava uno specchio in cui nessun elemento della società voleva osservarsi. Mezzo secolo dopo, un ragazzo poco più che trentenne, nato nei giorni in cui crollava il Muro di Berlino, Gregorio Sassoli e il suo coetaneo Alejandro Cifuentes, hanno dato vita a un'opera straordinaria che supera i confini, duella con il modello originario e con la forza della verità abbatte ogni intenzione e ogni sospetto di empito pedagogico per diventare storia. Il documentario, di una poesia e di una sgradevolezza unici al tempo stesso, Zenit e Nadir vertiginosi di ciò che saremmo potuti diventare con meno fortuna navigando per un istante che si trasforma in eternità nell'oblio, si intitola San Damiano. Esattamente come il film di Grifi e Sarchielli, nonostante l'impegno di una distribuzione cinematografica che faticosamente lo proietta in maggio a macchia di leopardo, lo hanno visto in pochissimi. È un peccato perché un film come San Damiano, nel panorama del cinema "civile" che non sempre riesce a soffocare la tentazione del ricatto morale, semplicemente, non esiste. È un soffio di neorealismo senza troupe. Un esperimento che rappresenta il pro-lungamento di un talento che di fronte alla vita non si concede la hybris di sceneggiarla, ma la ripropone senza temere giudizio. Dopo un paio di inverni trascorsi dando una mano da volontari nelle notti senza cuore affacciate sulle tenebre della stazione, immaginando di sviluppare un altro film che non si sarebbe mai fatto, Sassoli e Cifuentes hanno incontrato il loro protagonista quasi per caso. Damiano occupa un angolo delle rovine che si affacciano sulla stazione e da quell'avamposto, da quella vedetta di osservazione prova a dare un senso a tutto ciò che un senso, iniziando dalla sua vita, un senso non ce l'ha. I registi lo accompagnano e poi si fanno accompagnare, cedono lo scettro, lo riprendono felici che la confusione, una volta liberata, diventi ordine, favola, orrore e utopia. La giovinezza, come dice Wilde, sarà anche "l'unica cosa che vale la pena di avere", ma senza coraggio significa poco. Sassoli e Cifuentes ne hanno accarezzato il nucleo senza temere l'impatto con l'in-coscienza. San Damiano è una preghiera laica. La canzone senza note di uno che voleva fare il cantante e si è perso tra le strade e i palazzi di una strada che somiglia all'inferno. Un viaggio senza fermate che con un salto di fantasia, tra le fiamme, prende le sembianze di un paradiso che - in San Damiano lo sanno tutti - può attendere per sempre.

StoriadiAtlanta”. “Divina a sua insaputa”: Sono ormai trascorsi svariati mesi da che i marziani giunsero sulla terra disperdendosi tra le folle per portare lumi e splendori tra le tenebre ottundenti del nuovo oscurantismo. La delegazione extraterrestre contava una trentina di figuri, pare, ma il computo è stato fin da subito approssimativo; di quasi tutti si sono perse le tracce molto presto. È invero possibile che la maggior parte degli alieni, delusa dal dogmatismo e classismo terrestri, respinta da un fare poco o per nulla accogliente, sia volata via alla chetichella, rinunciando alle fanfare che avevano invece accompagnato l'atterraggio. Oppure può darsi che, per meglio analizzarci, essi si siano assimilati fino a diventare in qualche modo inapparenti.

martedì 13 maggio 2025

Doveravatetutti. 29 “Quella scuola che è mancata”.


L’empatia è la capacità di immedesimarsi in un'altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d'animo. Confermo la (…) ipotesi che l'empatia origina in modo naturale a partire dall'infanzia, se è vero che a pochi mesi dalla nascita i bambini, che non hanno ancora acquisito la separazione tra sé e il resto del mondo, reagiscono al dolore di un altro bambino come se fosse proprio, e perciò piangono alla vista delle sue lacrime. A un anno cominciano a rendersi conto che la sofferenza altrui non è la propria, ma bisogna attendere il secondo anno di vita per assistere al bambino che, in presenza del dolore di un altro bambino, lo consola portandogli, ad esempio, dolci o giochi. Se i genitori non mostrano alcuna empatia rispetto alle emozioni di gioia, di pianto, di bisogno di essere accarezzato, il bambino evita di esprimerle e successivamente di provarle quando l'espressione delle sue emozioni continua a non ricevere alcuna risposta o essere apertamente scoraggiata. La conseguenza in età adulta è spesso un'assenza completa di empatia, con conseguente incapacità di entrare in sintonia con gli altri, che predispone chi ne è privo a potenziali azioni criminali senza senso di colpa, perché incapace di percepire che cosa le sue azioni possono produrre negli altri. La psiche di quanti non hanno maturato una risonanza emotiva, e quindi ne sono privi, è apatica, e per questo la psichiatria parla di psicopatici, o anche, per i danni che possono produrre nella società, di sociopatici. Tali sono ad esempio i bulli che si accaniscono sui loro compagni più deboli. Privi di empatia, non hanno alcuna risonanza emotiva delle loro azioni e delle conseguenze dolorose che queste azioni hanno sugli altri, perché la loro psiche non le registra. Ma come si comporta la nostra scuola nei confronti dei "bulli", che sono poi quei ragazzi il cui sviluppo psichico si è arrestato a livello pulsionale? Li sospende dalla frequenza scolastica, togliendo loro l'unica opportunità che quegli anni hanno per potersi emancipare (…) e passare dal livello pulsionale al livello emotivo. (…) …dovrebbero invece essere più accuditi, meglio curati affinché possano acquisire la consapevolezza delle loro azioni, in modo da sentirle risuonare dentro di loro come buone o come cattive. Per quanto riguarda gli insegnanti, purtroppo molti di loro non possiedono alcun tratto empatico. Per costoro insegnare non è una passione, ma un mestiere. Il danno che producono non è da poco, perché inducono nei loro allievi quella demotivazione che può generare in depressione e non di rado nell'abbandono scolastico. Per questo vado dicendo che tutti gli insegnati dovrebbero essere sottoposti a un test di personalità per verificare il loro grado di empatia, perché, ne abbiamo fatto tutti esperienza, la mente degli allievi non si apre se prima non si è aperto il cuore. L'empatia, come è noto, predispone all'altruismo, e per questo può essere considerata la vera condizione favorevole all'azione morale (come nel caso dello spettatore che, in presenza di una violenza, interviene a favore della vittima), e in fase matura influenza giudizi morali in ordine alla tutela della Terra da non sacrificare in nome del profitto come molti giovani oggi reclamano, o alla distribuzione della ricchezza a favore delle popolazioni che vivono in condizioni di estremo bisogno. (Tratto da “Per insegnare occorre essere empatici” – con sottotitolo “Perché la mente degli allievi non si apre se prima non abbiamo aperto il cuore” – di Umberto Galimberti pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 22 di ottobre dell’anno 2022).

venerdì 9 maggio 2025

Lavitadeglialtri. 88 “Una pagina muta”. #ultimogiornodigaza



                                                                                

                                                               


 N.d.r. Devo tutto, per aver potuto realizzare questa dolorosissima “pagina muta”, alla carissima amica Agnese A. che mi ha fornito tutte le citazioni sopra riportate.