"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 8 maggio 2025

Lavitadeglialtri. 87 #ultimogiornodigaza: “Per rompere il silenzio colpevole useremo la Rete, che è il solo mezzo attraverso cui possiamo vedere Gaza, ascoltare Gaza, piangere Gaza”.


(…). Succedono cose, esigono di essere raccontate. Anzi, gridate. Perché ci sono le guerre, e come raccontano le guerre le donne, nessuno mai. Lo pagano caro, il coraggio della testimonianza. Lo sanno, ma non rinunciano, non si fermano, non tacciono. Partiamo da Gaza: in quel fazzoletto di terra lungo una dozzina di chilometri e largo sei si muore ogni giorno, da cinquecentocinquanta giorni, sotto le bombe di Benjamin Netanyahu. Uomini, bambini e donne, tante donne. L'ultima vittima dell'odio israeliano, ormai purtroppo uguale e contrario a quello di Hamas, si chiama Fatima Hassouneh. Aveva 24 anni, era una giornalista, una fotoreporter ma soprattutto un'avvocata. Nei suoi ultimi giorni di vita stava lavorando alla post-produzione di un reportage, per documentare il ritorno delle famiglie palestinesi tra le macerie della Striscia durante il breve ed inutile "cessate il fuoco" concesso dal governo di Tel Aviv. "Niente è più bello che tornare a casa, anche se la casa non c'è più... Ma quanti bambini stanno portando pesi troppo grandi per la loro età, quando invece dovrebbero essere a scuola... ". Questo scriveva Fatima, poche ore prima che un missile lanciato dall'Idf annientasse lei e la sua famiglia, nel quartiere Al-Tuffah. In rete circola una delle sue ultime immagini: sorride felice, mentre con il velo che le cinge un bellissimo viso abbraccia la sua Nikon. Lo strumento che le ha consentito di fare ciò che amava: andare nei luoghi, fotografare le persone, ascoltare le loro storie, nel fuoco spietato e insensato della battaglia. (…). (Tratto da “Le ultime due vittime” di Massimo Giannini pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 3 di maggio 2025).

“Gaza e noi. Il genocidio e l’Europa: rompiamo il silenzio degli indecenti” testo di Alessandro Robecchi pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri, mercoledì 7 di maggio 2025: La soluzione finale per Gaza e il popolo palestinese è stata votata all’unanimità dal governo di Israele. In oltre un anno e mezzo di carneficina indiscriminata Israele ha assassinato oltre cinquantamila palestinesi, per il settanta per cento donne e bambini, e queste sono soltanto le cifre ufficiali, cioè i cadaveri recuperati e identificati, mentre tutti gli osservatori indipendenti valutano la cifra superiore almeno del doppio. Da più di due mesi Israele impedisce l’arrivo a Gaza di aiuti umanitari: ha bloccato cibo, acqua, medicine. Gaza è una grande Auschwitz che contiene due milioni di prigionieri denutriti e assetati, corpi scheletrici, disperazione, malattie, orfani, mutilati. Decine di medici (italiani, americani, di molte altre nazionalità) hanno segnalato centinaia di uccisioni di bambini con colpi singoli al collo o alla testa.  Sì, significa cecchini che mirano sui bambini. Gli ospedali sono stati distrutti, come le scuole, come le case, come le moschee. Per decine di volte sono state bombardate zone indicate ai palestinesi come “sicure” o “umanitarie”, dove erano stati spinti a rifugiarsi. Nel governo di Israele molti ministri continuano a rilasciare dichiarazioni che parlano dei palestinesi come “persone non umane”, teorizzano la morte di fame di un intero popolo, qualche psicopatico si augura il cannibalismo. Oltre duecento giornalisti che raccontavano tutto questo sono stati assassinati da Israele. Nonostante molte proteste, la società israeliana non sembra migliore del suo governo: si organizzano tour turistici ai confini della Striscia per vedere e applaudire il massacro, i tifosi delle squadre israeliane in trasferta cantano una canzoncina che dice “A Gaza non ci sono più scuole perché non ci sono più bambini”. Le fotografie, i filmati, le prove documentali che certificano il genocidio sono decine di migliaia, per la maggior parte scattate per vanto da soldati dell’esercito di Israele, moltissime di queste prove autoprodotte dagli assassini sono state acquisite dalla corte dell’Aia. Di fronte a questo scenario spaventoso l’Europa tace, anzi acconsente. La vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, posa sorridente accanto a esponenti delle lobby suprematiste israeliane, decine di deputati europei (molti italiani) aderiscono ad altre associazioni in sostegno dello Stato genocida, il presidente della Repubblica Mattarella riceve il presidente di Israele Herzog, uno che nelle fotografie firma i missili che finiranno sui bambini di Gaza. Il resto d’Europa non è da meno: pochissime parole su Gaza, nessuna condanna, silente imbarazzo per il lavoro della Corte dell’Aia. L’Italia fa il pesce in barile, con un silenzio che ormai sorpassa l’indifferenza ed è pura complicità: periodicamente gli operai portuali italiani fermano carichi di materiale bellico diretto a Israele, e non è dato sapere quanti invece riescono a partire. Niente dal governo, poco dall’opposizione e anzi qualche vergognosa complicità. Il 9 maggio si festeggia l’unificazione dell’Europa. Quell’Europa che assiste in silenzio a un genocidio, quando non lo agevola o lo aiuta. Il 9 maggio (e anche prima, e anche dopo) la gente perbene parli di Gaza. Si informi, racconti a chi non sa, dica l’orrore, mostri le immagini, sveli i crimini, rompa il silenzio dei grandi media. Nessuno festeggi un’Europa della vergogna che assiste indifferente a un genocidio. Non è, non può essere, la nostra Europa, che sonnecchia a poche miglia da un campo di sterminio fingendo di non vedere.

“A Gaza ci crediamo assolti, ma siamo per sempre coinvolti”, testo di Silvia Truzzi pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi: (…). Proprio perché crediamo, da occidentali, nei valori della cultura europea non possiamo più tacere. Il governo israeliano annuncia l'occupazione della Striscia con la deportazione "volontaria" dei superstiti, e nelle stesse ore il Parlamento europeo si rifiuta anche solo di discuterne. Mentre siamo vivi, dall'altra parte del Mare nostrum, si sta consumando una carneficina che non accenna a finire, e che ci preoccupa solo per come viene definita! Ma se non cadiamo nel trabocchetto del dizionario, quei crimini ogni giorno ci pongono con maggiore urgenza il dilemma delle nostre vite che sanno eppure vanno avanti in un'indifferenza disumana e colpevole. I media non ci fanno vedere quello che accade, i giornalisti intrappolati a Gaza continuano a morire, ma sui social si possono trovare le immagini di quel che quotidianamente succede nella Striscia: i corpi mutilati, bruciati, gli ospedali bombardati, le aggressioni indiscriminate contro una popolazione civile intrappolata ad aspettare la morte, le navi che portano aiuti umanitari attaccate. Non si entra e non si esce da Gaza, si muore anche di fame perché non c'è più cibo e non ci sono più medicine. E mentre tutto questo succede c'è gente che specula sul numero dei morti, perché il ministero della Salute e del-la Protezione civile di Gaza è sotto il controllo di Hamas, e alla fine qualcuno osa dire che ogni maschio sopra i 13 anni è comunque un potenziale terrorista. La nostra vergogna collettiva si chiama silenzio: la scelta del Parlamento europeo di lunedì confermala viltà complice dei Paesi che si proclamano democratici. Il senso di colpa per le responsabilità nell'Olocausto ha generato un cortocircuito che deve essere interrotto subito: è lo Stato ebraico il responsabile di questo massacro, innescato dai macellai di Hamas con il pogrom del 7 ottobre. L'antisemitismo risvegliato dalle azioni del governo Netanyahu va combattuto con fermezza, ma con la stessa fermezza l'Europa deve farsi sentire. Il rivoltante progetto di fare del lungomare di Gaza un resort con vista carneficina, dichiarato senza imbarazzi da Trump e Netanyahu, va fermato dalla comunità interazionale. E invece non si parla nemmeno di sanzioni, i nostri politici hanno dichiarato (Tajani) di infischiarsene dei provvedimenti dell'Aia, la premier tace. Siamo stati complici troppo a lungo, le colpe degli inerti pesano anche su di noi. Nei giorni scorsi un gruppo di intellettuali ha promosso per venerdì 9 maggio - Giornata dell'Europa - una mobilitazione social, con l'hashtag #ultimogiornodigaza: "Per rompere il silenzio colpevole useremo la Rete, che è il solo mezzo attraverso cui possiamo vedere Gaza, ascoltare Gaza, piangere Gaza. Perché possano partecipare tutte e tutti, anche solo per pochi minuti". Senza il mondo Gaza muore e moriamo anche noi, scrivono gli organizzatori. L'ultimo giorno di Gaza è anche l'ultimo giorno delle nostre coscienze: facciamoci sentire. Prima o poi ci verrà chiesto conto, proprio come è successo nel secolo scorso, della nostra indifferenza: anche se ci crediamo assolti, saremo per sempre coinvolti.

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