"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 25 maggio 2025

MadreTerra. 43 Chiara Valerio: «Siamo una specie che, a leggere di altre specie, è obbligata a domandarsi se il nostro ragionare non sia un istinto. La risposta non la conosco, e spero che qualcuno me lo dica».

Amore&Vita”. “Volando in cerca d’amore”, testo della scrittrice Chiara Valerio pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” di oggi, domenica 25 di maggio 2025: «Ma i chiurli eschimesi non sapevano cosa fosse la paura. Avevano imparato agli albori della propria storia evolutiva che, nel loro caso, non occorreva un senso della paura molto sviluppato. Avevano ali forti e volavano così veloci da poter ignorare il pericolo fino all'ultimo istante e sfuggire in un baleno alla volpe o al falco spiccando il volo all'ultimo momento. Non avevano più il senso della paura, scomparso come accade inevitabilmente a tutte le facoltà inutilizzate e, mentre gli altri uccelli costieri basavano la propria sopravvivenza sulla cautela e la pavidità, il chiurlo eschimese si affidava interamente alla forza delle ali». Nonostante non mi siano chiare le ragioni intime, e tantomeno quelle superficiali, del perché leggere L'ultimo dei chiurli (Adelphi) mi abbia commosso, tenterò un ragionamento. Il libro, breve, del giornalista e scienziato autodidatta canadese Fred Bodsworth racconta la migrazione, dapprima solitaria, di un chiurlo eschimese, uccello da non confondere con altre varietà di chiurlo - il chiurlo piccolo o il chiurlo minore asiatico, per esempio - che è stato dichiarato specie estinta dagli anni Cinquanta del Novecento. (…). Il chiurlo è un uccello che può volare per centinaia di chilometri. È comandato da un istinto che lo porta a migrare, identificare un territorio di caccia e di nidificazione, e attendere l'arrivo della femmina presidiando e difendendo il territorio da altri uccelli migratori. Il chiurlo migra, identifica il territorio e lo difende anche quando la femmina non arriva. Resta a presidiare la fortezza del suo accoppiamento per un tempo che non ha niente dell'attesa o della nostalgia ma solo della fisiologia, della biologia. Il chiurlo non ha possibilità di ragionamento o forse sì - (…) - solo di istinto, dunque, innalza gridi d'amore e volteggia anche se la femmina latita, ritarda, non c'è proprio. L'istinto protegge dalla nostalgia, dalla sofferenza, dal rammarico dell'occasione perduta, dal tempo che non torna? Soffre il chiurlo di essere solo? Sa il chiurlo di essere l'ultimo della sua specie? O il penultimo? E che differenza corre tra ultimo e penultimo se nonostante le centinaia di chilometri di volo, tra pivieri, anatre e altri volatili, l'ultimo e il penultimo non si incontrano? È forse questo che commuove? L'idea che le ragioni e i sentimenti siano la misura di un istinto che manca, di una distanza dalla natura? Eppure, quando chi ha studiato un po' di matematica o storia della matematica legge «ogni tanto una delle ali incontrava un vortice d'aria più resistente prodotto dalla punta delle ali di un uccello costiero che lo precedeva, perché perfino il passaggio di un altro uccello lasciava una scia che le ali sensibilissime del chiurlo riuscivano a captare», pensa alle ali del chiurlo come ai logaritmi che consentivano di vedere, nei sistemi di stelle, quegli astri ancora invisibili. Quanto la cultura, per gli esseri umani, è un istinto? Oppure non c'entrano niente né filosofia, né nostalgia, né logaritmi, ma il volo degli uccelli migratori ha sempre significato qualcosa, e non ci siamo mai chiesti se quell'uccello, il cui volo interpretavamo per farci dire il futuro, fosse l'ultimo della sua specie e dunque che futuro può esserci se non l'estinzione? (…). Per il chiurlo che non ha trovato compagnia - che sia stormo o femmina di chiurlo non diciamo - questo tempo, pur doloroso, non ha nostalgia, perché l'istinto della migrazione trascina tutto, secondo la stagione, a nord o a sud. È vero, anche nei racconti di Jack London, chi non ha forze, ne ha meno o non ne ha affatto, chi non ha più tempo, viene lasciato indietro, e allora, questo andare è un ragionamento o è un istinto? (…). …siamo una specie che, a leggere di altre specie, è obbligata a domandarsi se il nostro ragionare non sia un istinto. La risposta non la conosco, e spero che qualcuno me lo dica.

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