(…). Intendiamoci, perfino san Francesco, mosso dal suo ardente amore per il corpo e il sangue di Cristo, aveva detto ai suoi frati di celebrare il culto divino in vasi preziosi: unico caso in cui potevano venire in contatto con oro e gemme. Ma lo faceva sapendo di parlare a persone che avevano lasciato tutto per vivere in povertà, lontani dal potere e dediti a soccorrere i poveri. E la storia dell'oreficeria sacra è una lunga storia d'amore, che conosce pagine artisticamente altissime. Ma nelle opere inviate in Terrasanta lungo l'età moderna, non c'è traccia di amore: solo del lusso dei sanguinari potenti che dominavano il mondo, e che speravano di lavarsi l'anima dedicando a Dio una parte infima delle enormi ricchezze di cui si appropriavano con violenze inenarrabili. Un lusso sfacciato: mostruoso. Prendiamo (la) lampada donata da Giovanni V del Portogallo a metà Settecento. È d'oro massiccio, proveniente dalle miniere brasiliane. Se ci chiediamo chi estrasse quell'oro, destinato a finire dall'altra parte del mondo, a Gerusalemme, la risposta è: schiavi. Cinque milioni di persone furono strappate dai loro villaggi africani per essere deportate in Brasile, tra il 1500 e il 1800: nel Paese che fu l'ultimo ad abolire la schiavitù, nel 1888. Guardando lo splendore di quell'oro, pensate alla tragedia di quelle vite, consumate nella privazione della libertà, e nella più estrema povertà. E poi leggete queste parole, che sembrano pensate proprio per questa lampada, e che in realtà sono state scritte mille e quattrocento anni prima, da san Giovanni Crisostomo: «Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d'oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l'affamato, e solo in seguito orna l'altare con quello che rimane... Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell'edificio sacro. Attacchi catene d'argento alle lampade, ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in carcere... Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio, ma chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i demoni». Amen. (Tratto da “Quei doni grondano sangue” di Tomaso Montanari pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 24 di gennaio 2025).