"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 23 giugno 2024

Uominiedio. 49 Pino Corrias: «È il capitalismo in purezza, il capitalismo che per ipocrisia chiamiamo selvaggio, ma che in definitiva è la matrice della nostra ricchezza».


UominisenzaunDio”. L’Italia è un paese schiavista, come l’America dello Zio Tom. È schiavismo di Stato. Noto, tollerato e ignorato dallo Stato. Muoiono? Pazienza, capita. D’altra parte hanno nomi che non sappiamo pronunciare, sono stranieri che nessuno verrà a rivendicare, clandestini. Sì, ma le aziende italiane li assumono perché lavorino al nero: per pagare meno e guadagnare di più. Somme che poi non dichiarano. Schiavizzano, ricattano, evadono: lo sappiamo tutti, sono qui da decenni, vivono come bestie a un passo da casa. (…). Cosa ci può essere di più importante in un Paese che garantire a tutti un lavoro, e che chi va a lavorare torni a casa la sera, e che la paga sia dignitosa, e che chi si spacca la schiena alle macchine o nei campi abbia casa, un foglio che attesta: questo essere umano esiste, sta producendo un bene che voi consumerete domani, una scatola di pomodori un succo di frutta una cassa di ortaggi che comprerete al supermercato a due soldi e sarete contenti di aver risparmiato, guarda che vantaggio. Ma il vantaggio vostro, nostro, è la schiavitù e sovente la morte di un altro. La questione è molto semplice ed è questa. L’Italia è un paese schiavista, ripetiamolo. Ma non da oggi, eh? Da decenni. Quindi tacciano pure quelli che dicono: state accusando questo governo. No, no. Tutti i governi che si sono succeduti nel tempo, destra e sinistra, nulla o quasi nulla hanno cambiato. Quelli che dicono: certo i sindacati potevano denunciare. No, no. I sindacati hanno denunciato, è la politica che se ne è fregata. Quelli che dicono: è stata colpa sua, del morto. Ha commesso una leggerezza, ha attivato una macchina che non doveva. Che vergogna, vergognatevi. Veramente dite? Veramente pensate che la colpa sia del morto, pagato quattro euro l’ora, portato nel campo insieme a decine di persone su un carro, privato dei documenti, ricattato da un datore di lavoro - un italiano, un imprenditore - che in questo caso, uno fra tanti, denuncia 111 euro di profitto e nove dipendenti? Ma come è possibile, domando, che se io prendo una multa per ritardo nei pagamenti, per divieto di sosta mi inseguano per anni con maggiorazioni e more e che l’Agenzia delle Entrate, i finanzieri, i controllori non vedano trentamila schiavi nelle baracche che lavorano nei campi dell’Agro Pontino a un’ora da Roma, dal Vaticano e da Palazzo Chigi, lo sanno tutti che sono lì. Come mai nessuno va a vedere, una mattina qualsiasi, domani. Fantasmi. Trecentomila in Italia. Di più, molto probabilmente. La famosa sovranità alimentare. La celebre eccellenza italiana: gli schiavi, la fanno, e se muoiono pazienza. Ora certo. Il caso di un giovane uomo di 31 anni a cui la macchina per coprire con un telo il campo di fragole ha tranciato un braccio - buone le fragole, no? Avete comprato un cestino a buon prezzo di recente? - sia stato scaricato come un rifiuto, il braccio buttato in una cassetta della frutta, tolti i telefoni ai suoi connazionali ugualmente schiavi perché non chiamassero i soccorsi, se no l’azienda poteva patire un danno. Si poteva salvare, l’hanno ucciso. È anche abbastanza schifoso che alla compagna abbiano dato i documenti solo ora che è vedova. Solo a lei e non agli altri. Sono trentamila, in provincia di Latina: vogliamo dare i documenti a tutti o solo ai parenti di chi muore? La legge esiste, è stata scritta dopo la morte di Paola Clemente, cercatela su Google. Non la rispetta nessuno. La verità è che lo sanno tutti, che il lavoro agricolo si basa sulla schiavitù degli stranieri. Che fanno un lavoro che nessuno vuole fare, che sperano di avere una vita e un posto, prima o poi, ma qualcuno gli sequestra le carte. Come nei campi di cotone. Qualcuno, italiano, fa soldi tenendoli schiavi. Lo sanno tutti, basterebbe andare a fare un sopralluogo domattina. Che ne dite. Mandiamo qualcuno a controllare o restiamo così: a dire che gli stranieri ci invadono ci rubano il lavoro, a dire che la stirpe italica è da preservare. La stirpe dei sequestratori di telefoni, degli scaricatori di monconi. Un bel bacino elettorale da non disturbare. Bella gente, patrioti. (Tratto da “Nell’Italia schiavista patrioti bella gente” di Concita De Gregorio pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, domenica – celebrata come giorno del Signore – 23 di giugno 2024).

“Braccia mozzate e morti in mare: schiavi in purezza”, testo di Pino Corrias pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 21 di giugno ultimo: Il braccio tagliato dalla macchina che addenta. Il sangue mischiato ai pomodori appena raccolti. Lo schiavo ormai inservibile, abbandonato davanti a casa, nella civilissima Italia, provincia di Latina, capoluogo del caporalato, con il braccio amputato buttato nella cassetta della verdura, appoggiata accanto a lui, Satnam Singh, indiano: il braccio è roba sua, se lo tenga, se lo guardi a lungo, mentre muore dissanguato. È il capitalismo in purezza, il capitalismo che per ipocrisia chiamiamo selvaggio, ma che in definitiva è la matrice della nostra ricchezza. La cronaca ce lo restituisce così nudo e crudo nella sua ferocia, da stordirci, trattandosi di un omicidio compiuto con la lentezza del dissanguamento e l’ignobile gesto dell’abbandono che lo rende, per una volta, diverso e peggiore delle altre vittime del lavoro – anche loro sbranate dalle macchine, travolte da un pilastro, precipitate nel vuoto – che accatastiamo tre volte al giorno nei rendiconti di cronaca, più di mille ogni anno. Perché stavolta non è solo questo il punto. Stavolta è l’immagine persino insopportabile, eppure perfetta “come un diamante di luce” direbbe il colonnello Kurtz nel buio del suo Cuore di tenebra, dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo fino all’omicidio, che lo rende possibile. È il potere dell’uomo sul mondo, in cambio della ricchezza, che non ammette di esser contrastato, considerandosi il padrone di tutti i viventi utili, dai bambini infilati nei cunicoli a scavare le terre rare per le nostre automobili elettriche, ai muli accecati per lavorare nel buio delle miniere. O arruolando intere generazioni di soldati per scavare le trincee di tutte le guerre da combattere per la proprietà di un giacimento, per i fatturati geopolitici della vittoria, compresi quelli della ricostruzione in nome e per conto di Sisifo, l’eroe dell’assurdo eternamente contemporaneo. Uomini padroni senza morale, senza pietà. È questo che siamo sempre stati e continuiamo a essere persino sotto la crosta delle nostre società evolute, dove coltiviamo diritti civili, umani, politici, sindacali, li guardiamo sbocciare, li proteggiamo, facendo finta di non accorgerci del puro orrore che ci sta accanto, capace di sfruttare il corpo dello schiavo sino a cancellarlo. Dell’abissale insensibilità alla vita dell’altro, degli altri, quando osano intralciare un nostro vantaggio, e specialmente il nostro diritto a crescere anno su anno, guai a fermarsi. Disponibili sempre ad accendere e prolungare tutte le guerre al punto da farle diventare un contenuto abituale della nostra bilanciata dieta mediatica, che prevede le ricette della cucina e della moda, i campionari del sesso, le idiozie degli influencer, tutti capitoli equivalenti tra loro, o complementari, purché sempre presenti tra le portate del nostro insonne intrattenimento narrativo. Siamo il vetro su cui quegli orrori scorrono come fa l’acqua quando piove. È solo la distanza il nostro ombrello, mentre precipitano le immagini di Hamas che taglia la gola a 1.200 uomini, donne, vecchi, bambini dopo essersi aperta un varco nei reticolati del nemico ebreo, il tempo di correre dentro al territorio dell’odio e tagliare la gola a tutto quello che è vivo e si muove. Ogni vivente un obiettivo e una vendetta. Che da quel 7 ottobre precipita nell’infinito catalogo di ferro e fuoco della reazione israeliana che moltiplica per cento la punizione, per mille il massacro. Ogni vivente di Gaza un terrorista oppure un danno collaterale. Anche quella è guerra selvaggia e insieme guerra in purezza. Mentre noi facciamo ancora finta di distinguere tra armi consentite dalle convenzioni e quelle proibite, il fosforo nei proiettili o la fame nei campi di concentramento. Magari aspettando di vedere, ad altra latitudine, se diventerà vera la soluzione della “bomba nucleare tattica”, qualunque cosa voglia dire, da far esplodere lungo i 1576 chilometri di confine Russo-Ucraino. Dice il colonnello Kurtz, creato dal nero inchiostro di Conrad, “che bisogna avere uomini capaci di utilizzare i loro primordiali istinti di uccidere senza emozioni, senza passioni, senza discernimento”. Perché “l’orrore ha un volto e bisogna essere amici dell’orrore”. Al punto da sopportarne “la pura, cristallina verità”. Quegli uomini li abbiamo, siamo noi. Disposti persino a rallegrarci per l’eleganza dei vertici convocati dai nostri capi– come è appena successo – nella piccola Disneyland del G7, con la sua spettacolare teoria di vertici, degustazioni, gite, giochi, musica, circondati da un apparato di sicurezza di 10 mila uomini armati e droni e satelliti, mentre i barconi vanno a fondo nel blu dell’alto mare con il loro carico di inutili viventi e uno schiavo qualunque abbandonato per terra, davanti a casa, muore in compagnia del suo braccio amputato.

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