"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 6 giugno 2024

MadeinItaly. 23 Barbara Spinelli: «UE: sì o no al partito unico della guerra».


(…). . Il francese Macron, già noto perché due anni fa invitava a “non umiliare Putin in Ucraina”, ora che Putin sta umiliando l’Ucraina e la Nato propone di inviare soldati o almeno addestratori a Kiev contro la prima potenza nucleare e mostra la mappa degli obiettivi russi da bombardare con missili francesi. Il tedesco Scholz giura che mai autorizzerà gli ucraini a usare armi tedesche per attacchi in Russia, poi arriva l’ordine di Biden e scatta sull’attenti. Lo stesso fanno Finlandia, Svezia, Polonia, Repubblica Ceca, Danimarca, Olanda, Regno Unito, Canada, Romania e Paesi baltici. In Olanda il “liberale” Rutte si allea col fascio-islamofobo Wilders, ma siccome è più atlantista di Stoltenberg ora lo promuovono segretario Nato al suo posto. Il ministro dell’Economia finlandese Rydman definisce gli ebrei “spazzatura che non piace a noi nazisti”, ma siccome il suo governo è turboatlantista nessuno ci fa caso: la Nato lava così bianco che più bianco non si può. Il ministro della Difesa tedesco Pistorius annuncia una bella guerra alla Russia “entro il 2029”. Il ministro degli Esteri polacco Sikorski dice che “l’invio di truppe in Ucraina non va escluso”. Il capo dell’esercito norvegese Kristoffersen comunica che “la Nato ha 2-3 anni per prepararsi alla guerra alla Russia”. Il presidente lettone Rinkevics, a Roma da Mattarella, annuncia trionfante che pensa di inviare truppe in Ucraina e intanto aumenta la spesa militare dal 2,4 al 3% del Pil grazie alle simpatiche forniture di Leonardo. Il presidente del Consiglio Ue, il liberale Michel, filosofeggia: “Se vogliamo la pace prepariamoci a fare la guerra e a passare in modalità di economia di guerra”. L’Alto rappresentante della politica estera Ue, il socialista Borrell, dice che attaccare la Russia senza dichiararle guerra è “legittimo ai sensi del diritto internazionale” (…). Il commissario all’Economia, il Pd Gentiloni, propone giulivo un nuovo Recovery per comprare armi. La presidente della Commissione Ue, la popolare (si fa per dire) Ursula von der Sturmtruppen, paragona le armi ai vaccini e posta un video-spot che la ritrae, pancia indentro e petto infuori, in marcia fra bombe e macerie col giubbotto antiproiettile e il casco di lacca in testa: “Vota per un’Europa forte che osa agire” e “turbo-charging la nostra capacità industriale di difesa”. Ecco, questi sono i buoni che vogliono salvare l’Europa. Da non confondere con i cattivi che vogliono distruggerla. (Da “Arrivano i buoni” di Marco Travaglio pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, giovedì 6 di giugno 2024).

MemorandumElettorale”. “UE: sì o no al partito unico della guerra”, testo di Barbara Spinelli pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri: (…). …sulle due questioni oggi vitali – la guerra che rischia di divenire mondiale, il collasso climatico – esiste ormai in Europa una sorta di partito unico, che mette sullo stesso piano Unione e Nato e che non cambierà affatto fisionomia, se l’attuale maggioranza dovesse estendersi ai conservatori di Giorgia Meloni. Non cambierà neanche se sarà abolito il diritto di veto nelle decisioni Ue. I governi dell’Unione, quasi all’unanimità e ignorando i propri popoli, non sembrano temere la guerra, neanche nucleare. Per forza di cose, il partito della guerra non sarà neppure in grado di frenare il collasso del pianeta, perché se davvero volesse farlo dovrebbe promuovere la collaborazione pacifica e il disarmo fra i massimi inquinatori: Cina, Usa, Ue, India, Russia. Se volesse farlo, riproporrebbe l’ordine europeo e internazionale immaginato nel brevissimo intervallo temporale fra caduta del Muro e scioglimento dell’Urss, quando Gorbaciov propose una Casa Comune Europea e fu sottoscritta la “Carta di Parigi per una Nuova Europa”, nel novembre 1990. I principali firmatari della Carta erano Gorbaciov, George Bush sr, Kohl, Mitterrand e Andreotti per l’Italia. “Era quel periodo benedetto in cui il mondo sembrava un posto abbastanza sicuro, tra la fine della Guerra fredda e circa dieci minuti dopo”, scrive Mick Herron nel romanzo Slow Horses: Un Covo di Bastardi. L’avvento del partito unico della guerra ha imbastardito il dibattito politico e la campagna elettorale in tutti i Paesi europei. Chi si oppone all’invio in Ucraina di armi sempre più offensive e alle ripetute sanzioni contro la Russia (13 “pacchetti” di misure restrittive, che dal 2022 hanno penalizzato più l’Unione che Mosca) riceve lo stigma di putiniano o sovranista o antieuropeo. Chi auspica collaborazioni con Pechino è accusato di ostilità verso Taiwan e complicità con la repressione cinese di uiguri e tibetani. Chi condanna lo spopolamento sanguinario di Gaza attuato dall’esercito israeliano – sempre più simile a un genocidio, visto che i palestinesi sono stati intrappolati nella Striscia senza via d’uscita – è tacciato di antisemitismo e antisionismo, come se i due termini fossero identici e anche quando vien condannato l’eccidio del 7 ottobre. La maggior parte dei governi Ue, compreso il nostro, si rifiuta di riconoscere lo Stato palestinese. In questo modo sono stati denigrati i dissidenti in campagna elettorale: il Movimento 5 Stelle e quello di Michele Santoro in Italia, la sinistra di Mélenchon in Francia, Podemos in Spagna, l’Alleanza di Sahra Wagenknecht in Germania. Sulla guerra, è più che mai difficile distinguere fra ex sinistra, centristi, destra dei Popolari (Forza Italia), Conservatori (Meloni), e Verdi, specie tedeschi. Il caso più spettacolare è quello francese. Il Partito socialista ha scelto come capolista un neoconservatore fervente: Raphaël Glucksmann caldeggia un’economia di guerra, una resa dei conti militare con Mosca, un fondo comune europeo per la difesa pari a 100 miliardi, e il sequestro non solo dei profitti ma della quasi totalità dei fondi russi congelati nelle banche europee (“206 miliardi di euro, da indirizzare alla resistenza ucraina”). Alla pari dei neoconservatori Usa e di parte dell’Amministrazione Biden, il capolista sorvola sullo spopolamento di Gaza e preconizza uno scontro duro con la Cina di Xi Jinping. Gli appelli dei socialisti europei alla preservazione dello Stato Sociale, al salario minimo, all’estensione delle spese sanitarie e sociali, a politiche più accoglienti dei migranti, sono vuoti di sostanza se tutti i soldi e gli investimenti andranno all’economia di guerra e all’Europa della Difesa. Glucksmann potrebbe esser scelto dall’ex sinistra francese come candidato alla successione di Macron, nel duello del 2027 con l’estrema destra rappresentata oggi da Marine Le Pen: tanto vicina è la visione geopolitica socialista a quella dell’attuale presidente. Macron è addirittura accusato di aver troppo a lungo temporeggiato, all’inizio dell’invasione dell’Ucraina, quando suggerì ai partner occidentali di “non umiliare Putin”. Se menzioniamo l’esempio francese, è perché la strategia Usa su Ucraina e Russia è attuata con un retropensiero a proposito dell’Europa. L’egemonia esercitata dalla Germania sull’Unione europea è stata in questi due anni scalzata, la sua dipendenza dal gas e petrolio russo quasi azzerata, il suo peso economico e geopolitico grandemente ridotto. Anche con questo scopo sembra esser stato distrutto il gasdotto North Stream 1 e 2, per mano ucraina e/o statunitense. Il vuoto tedesco è stato riempito progressivamente da Macron, che tra il 2023 e il 2024 ha moltiplicato i rapporti con il fronte degli Stati più anti-russi, nel Nord e nell’Est europeo, e con il Regno Unito fuori dall’Unione. L’Ungheria di Orbán non fa parte del fronte e mette in guardia contro un’Europa “pronta a entrare in guerra contro la Russia”. Il guaio è che le sue critiche colpiscono anche le politiche Ue sul clima, nel frattempo comunque molto annacquate. In Italia, il Pd di Schlein è diviso sulle guerre in Ucraina e Palestina. La segretaria vorrebbe un ricollocamento a sinistra del partito, e forse per questo ha candidato oppositori della guerra come Marco Tarquinio, che comprensibilmente propugna anche lo scioglimento della Nato, considerata la scomparsa del Patto di Varsavia fin dal ’91. Resta che gli eurodeputati Pd hanno approvato sempre più compattamente le numerose risoluzioni militariste e antirusse del Parlamento. I voti contrari sono stati due o tre, sino a scomparire del tutto. La parola d’ordine dell’Unione è mutuata da Washington e dalla Nato: invocata non è la “sovranità europea” usata come maquillage da Mattarella e Macron, ma l’ordine internazionale basato sulle regole (rules-based international order). Le regole sono fissate dal Paese che più le ha infrante dal 1947 in poi: gli Stati Uniti e il suo occulto apparato militare-industriale. Le ha infrante tramite minacce, sanzioni, interventi militari, cambi di regime, in un pianeta che pretende di governare da solo – dopo la fine dell’Urss – e che non riesce più a dominare. In Europa ha violato tutte le promesse fatte a Gorbaciov, programmando l’estensione della Nato fino alle porte della Russia (Ucraina e Georgia). L’Europa tace e acconsente, agendo contro i propri interessi con fervore crescente e senza investire nell’ordine multipolare che sta nascendo. Ursula von der Leyen, bellicosa presidente della Commissione Ue, è alla testa del partito unico della guerra. Le cose rischiano di non mutare se Mario Draghi prenderà il suo posto. Su questo si deciderà l’8-9 giugno e nei prossimi anni: se al declino dell’unipolarismo Usa s’accompagneranno il declino e la servitù dell’Europa unita oppure no.

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