Sopra. "Preghiera" (2024), matita e pastelli di Anna Fiore.
“LaPolitica&LeMemorie”. 2 “Libero fischio in libera piazza” di Massimo Giannini: Se volete capire qualcosa su come il potere politico dovrebbe gestire il dissenso, guardate un video straordinario di Sandro Pertini. Lo trovate su YouTube, è datato 9 novembre 1980. È presidente della Repubblica già da due anni, va all'Università di Urbino per un incontro con gli studenti. Sta in piedi in mezzo all'aula magna, con il microfono in mano, e duecento ragazzi stanno in cerchio, seduti per terra intorno a lui. Gli dice «io non faccio discorsi, che vi fanno venire la barba, ma gli studenti mi fanno domande, e io rispondo. Anche domande impertinenti, mi chiamo Pertini, no? Non dovete badare ai vostri insegnanti e ai vostri professori, loro non c'entrano, ora tocca a voi...». E partono le domande. Si alza il primo ragazzo, «Ecco qua, come ti chiami?», «Mi chiamo Peppe...», «E io mio chiamo Sandro, piacere». Altri applausi. Si spazia a tutto campo, questioni attuali ancora oggi: dallo scandalo dei petroli alla disonestà dei politici, dall'attuazione della Costituzione antifascista alla disoccupazione giovanile, dai tanti ragazzi intelligenti figli di contadini e di operai ai troppi «ragazzi cretini figli delle famiglie borghesi», dalle tentazioni presidenzialiste ai sabotaggi della legge sull'aborto. A un certo punto, quando il presidente accenna ad Arnaldo Forlani, al quale da poco ha dato l'incarico di formare il nuovo governo, gli studenti cominciano a fischiare forte, gridano buuuuu. Pertini non si scompone e non se ne va: «Fate bene a fischiare, anche io fischiavo alla vostra età, sono stato fischiato a Padova dall'estrema sinistra, e ho detto "libero fischio in libera piazza"… Io sono un socialista e accetto i vostri fischi». Poi argomenta, «Ma chi dovevo incaricare, ditemelo voi! Terracini? Lo stimo, siamo stati in carcere assieme, ma se avessi incaricato lui sarebbe caduto il giorno dopo e io avrei dovuto ricominciare le consultazioni...». Poi a un ragazzo con la barba spiega «Guarda, ti faccio una confidenza, anche i comunisti sono soddisfatti di questa scelta, te lo assicuro...». Subito dopo si alza uno studente con la tuta jeans, gli chiede cosa pensa del disarmo e delle guerre, dall'Afghanistan all'Iran alla corsa al nucleare di Reagan e Breznev, e critica la politica estera italiana assente e irrilevante. Pertini replica, il giovane borbotta, è insoddisfatto, e il presidente non lo molla, «Per carità, puoi protestare, sei libero, ma ricordati che se oggi ti godi questa libertà è perché i vecchi coi capelli bianchi come me la loro gioventù l'hanno sacrificata per tanti anni, proprio per garantire a voi di beneficiarne adesso...». I fischi diventano applausi. Ma non è finita, perché un altro si alza e gli dice «Presidente, lei ci è simpatico, ma noi non la amiamo... abbiamo subito troppe delusioni, ora vogliamo i fatti». Parte un corpo a corpo, Pertini cita Gramsci, racconta la sua prigionia durante il fascismo, «Noi continuavamo a batterci, ma credevamo nel domani e dovete farlo anche voi, continuando a battervi», lo studente ripete «Va bene, lei è simpatico, ma noi non la amiamo», Pertini non ci sta, alza la voce, «Non mi ami? Ebbene quando è che ti ho deluso, buon dio? Dimmi un caso solo!». A quel punto si muove il rettore, si avvicina al presidente, lo prende sottobraccio, vuole portarlo via, ma lui si divincola, si spazientisce, «No rettore, sono un ribelle, non vengo via». E mentre il rettore freme e il segretario generale del Colle trema, il confronto va avanti serrato, bellissimo e verissimo. Per un'altra ora. Lui e loro. A discutere e quasi a litigare, di terroristi e di pentiti, di Alleanza atlantica e di pace, di giornali e di diritti delle donne. Una meraviglia. (…).
N.d.r. Le due “storie” sono state riportate sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 25 di maggio 2024.
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