Ha scritto Alessandro Bergonzoni in “Continue manie di piccolezza” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 7 di ottobre 2022: Il mondo può essere diviso. In due. Da una parte le nostre prigioni (scritte da Silvio Bellico), amplessi molecolari, doveri occlusi, avvenire sporadico, immersione lunare, scacco alle parvenze, vecchie Mosca, nuove moschee, bicchieri pieni di vetro, uomini pieni di se, continue manie di piccolezza, ammirazione cocente, "inentrato" amore e circoncisioni mentali. Dall'altra parte il fantasma della pubertà, gemelli che si seppelliscono a vicenda, famosi altropologi, sangue distillato, cartoline dal Golgotha, il battito del muro abbattuto, vecchie tracotanze, ragionamenti da confessionale, tramonti interni, Santa Sede protettrice di tutte le Sedi, crisi immobiliare biliare e strabiliare, tanti decelebrati, spanne senza mano, salti immortali, limbi per suicidi, deodoranti per mascelle, il bel niente, ma soprattutto una immensa voglia di non stare da nessuna delle due parti e formare un terzo gruppo, dove non si provi solo rimorso, ma lo si usi subito per fare altro: scoprire che ogni cosa è unita, al mondo.
“ItalianGothic”. 1 “Gli sconfitti felici” di Diego Bianchi, sempre sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 7 di ottobre ultimo: «Campo progressista, imparare la lezione e ricominciare insieme», è il titolo di un appello lanciato poco dopo il voto che manderà Giorgia Meloni a Palazzo Chigi con Berlusconi, Salvini e Lupi. Tra i firmatari scorgo i nomi di dirigenti politici decaduti o ritirati e volti noti e meno noti dell'area progressista largamente intesa, spesso radicati più sul territorio televisivo che nel malconcio "ventre molle" della sinistra che nessuno, per l'ennesima volta, è stato in grado di interpretare. Segue un lungo testo (lungo per stare nel messaggio di WhatsApp con cui mi è arrivato, cortissimo se fosse una tesi congressuale) articolato in sei punti programmatici utili al confronto per ricostruire qualcosa dalle macerie del Pd e della sinistra tutta, perché della sinistra tutta si parla, ed è bene che sia così. Se è vero infatti che il Pd è sovente la delusione più cocente e il bersaglio più grosso di ogni elettore di sinistra di ogni generazione, a sinistra del Pd sono anni che quando si esulta lo si fa per aver superato una pietosa soglia di sbarramento che in tanti, fieri di una presunta vicinanza al popolo, non riescono a superare, senza mai chiedersi il perché.
“ItalianGothic”. 2 “I conti senza Conte” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 4 di ottobre ultimo: (…). …storia degli ultimi tre mesi e mezzo. A partire dal 19 giugno, quando Luigi Di Maio, ministro 5S degli Esteri, accusò il suo capo Giuseppe Conte di “disallineare l’Italia da Nato e Ue” e di “mettere a rischio la sicurezza nazionale” citando una falsa risoluzione 5Stelle contro l’ennesimo invio di armi a Kiev. Né il premier Draghi né i ministri Pd difesero Conte e il partito di maggioranza relativa. Il Nazareno già sapeva dell’imminente scissione di Di Maio&C., che da settimane (dalle Presidenziali di febbraio, quando con Renzi e Guerini fece saltare l’opzione Belloni concordata da Conte, Salvini, Letta e Meloni) reclutava segretamente truppe grilline e cercava pretesti per andarsene. Ne erano informati alcuni consiglieri del Colle, con cui Di Maio ha sempre concordato ogni mossa. Senza il loro avallo e quello dello staff draghiano, ma soprattutto senza la promessa di collegi dal Pd in caso di voto anticipato, mai un calcolatore come lui avrebbe fatto il salto nel buio. Pensava di rafforzare Draghi e dunque se stesso, ma anche di acquisire altri meriti presso Usa, Nato e Ue vampirizzando il M5S, che chiedeva di discutere in Parlamento di armi e negoziati e invocava misure contro lo tsunami sociale. La scissione fu annunciata da Di Maio + 64 il 21 giugno sera. Draghi sostiene di averla appresa quel mattino: ma anche chi gli crede sa che sarebbe bastato un suo cenno per fermarla. Invece non fece nulla. Anzi provocò i 5S infilando nel dl Aiuti la norma Pd sull’inceneritore di Roma e altre contro il Rdc e il Superbonus, e ci impose pure la fiducia. Non solo. Grillo raccontò a Conte che in quei giorni il premier non si limitava – come suo solito – a chiedergli di scaricarlo: gli suggeriva pure di portare a Di Maio i grillini rimasti per isolarlo. Grillo rifiutò e, sceso a Roma, lo riferì anche a De Masi e ai parlamentari. Il 15 luglio il M5S non votò la fiducia in Senato per l’inceneritore e Draghi si dimise pur avendola ottenuta: il Pd sperava in una seconda scissione nel M5S e promise altri seggi ai draghiani rimasti, da D’Incà a Crippa. Mattarella rinviò il governo alle Camere e il 20 luglio Draghi fece l’harakiri-bis: attaccò Lega, FI e M5S per farsi sfiduciare, sempreché i governisti grillini e leghisti non mollassero Conte e Salvini. Non lo fecero (a parte Crippa, D’Incà e pochi altri geni) e addio governo. BaioLetta bandì subito Conte per la gioia degli Usa e regalò collegi uninominali a Di Maio, Spadafora, Azzolina, Crippa&C.. Che li persero tutti, mentre Conte rimontò fino al 15,5%. (…).
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