"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 6 ottobre 2022

Eventi. 87 «Ucraina: un appello per la Pace».

AppelloperlaPace”. “È il nostro turno: contro la minaccia atomica” di Tomaso Montanari pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, 6 di ottobre 2022: Il momento di scendere in piazza, in massa, è ora. Se davvero la nostra libertà, quella che distingue le democrazie occidentali dall’autocrazia russa, è ancora viva e vitale, è inconcepibile non usarla.

È inconcepibile la passività con la quale noi, uomini e donne dell’Occidente, camminiamo sull’orlo dell’abisso nucleare. È sempre sconvolgente leggere le cronache dei momenti che hanno segnato tragicamente la storia. In certi casi la folla inneggiava alle dichiarazioni delle guerre che presto le avrebbero decimate. Più spesso la vita continuava con leggerezza, si finiva danzando tra le braccia della morte. Ebbene, oggi è il nostro turno. La follia omicida di Vladimir Putin e l’irresponsabile bellicismo delle cancellerie occidentali stanno trascinando l’umanità verso una catastrofe. Ormai l’uso di armi nucleari nei prossimi giorni è accreditato come possibile, se non probabile. Ma a dispetto delle dichiarazioni e dei calcoli (spesso allucinanti) degli esperti, nessuno davvero sa cosa succederebbe dopo il lancio di una prima atomica, anche ‘solo’ tattica. Quanto velocemente brucerebbe la miccia, in tutto il mondo? Con quanto margine per eventi imprevisti, per errori, per l’imponderabilità del caso? Stiamo per buttare un fiammifero in un deposito di benzina: davvero sappiamo cosa succederà un attimo dopo? Nel 1955 un manifesto promosso da Bertrand Russell e Albert Einstein diceva: “In considerazione del fatto che in una qualsiasi guerra futura saranno certamente usate armi nucleari e che queste armi minacciano la continuazione dell’esistenza umana, noi invitiamo i governi del mondo a rendersi conto, e a dichiararlo pubblicamente, che il loro scopo non può essere ottenuto con una guerra mondiale, e li invitiamo di conseguenza a trovare i mezzi pacifici per la soluzione di tutti i loro motivi di contesa”. Quel futuro è ora: l’ottobre del 2022. Nella premessa di quella risoluzione, quei due giganti del pensiero pacifista avevano scritto: “Il mondo è pieno di conflitti, tra cui, tralasciando i minori, spicca la titanica lotta tra Comunismo e Anticomunismo. Quasi chiunque abbia una coscienza politica nutre forti convinzioni a proposito di una di queste posizioni; noi vogliamo che voi, se è possibile, mettiate da parte queste convinzioni e consideriate voi stessi solo come membri di una specie biologica che ha avuto una ragguardevole storia e di cui nessuno di noi desidera la scomparsa”. Oggi dobbiamo dire: è in corso una lotta tra Occidente e Russia (e Cina). Ciascuno di noi umani ha un giudizio più o meno chiaro circa i torti e le ragioni. Ma ora è il momento di pensare come appartenenti all’unica vera patria, il mondo; all’unica vera nazione, l’umanità. In un conflitto atomico nessuna ragione potrà prevalere: solo la morte vincerà. Come ha detto il papa parlando ai ragazzi dell’emergenza climatica, questo è il momento di fare chiasso. È il momento di uscire di casa, di andare per strada, chiedendo ai nostri governi democratici di ascoltare la voce dei loro popoli. I cuori pulsanti delle democrazie sono i parlamenti, ma ci sono dei momenti così gravi da pretendere che il popolo faccia sentire direttamente la propria voce: in questo caso, la propria voglia di vivere. Nelle ultime ore in Italia molti appelli e molte voci individuali invitano alla mobilitazione, e un leader di primo piano come Giuseppe Conte ha fatto suo questo invito. È un passo importante. Ma deve essere soprattutto la società a insorgere: le associazioni, i sindacati, le chiese, le studentesse e gli studenti. C’è qualcosa di insopportabile nel vivere questi giorni come giorni qualunque, quando potrebbero essere davvero i nostri ultimi giorni: gridiamo ai nostri governi che le Costituzioni che li legittimano nascono per difendere i popoli, non per estinguerli. Diciamo loro: l’opzione della guerra nucleare non è un’opzione. E non basta non cominciarla, è vitale fare di tutto (e anche di più) per non indurre l’altro fronte a cominciarla a sua volta. Svegliamoci oggi da questa abulia, domani sarà tardi! Di seguito, “Bomba, Putin conosce i rischi: un solo ordigno non basterebbe”, intervista di Stefania Maurizi ad Hans Kristensen - direttore del “Nuclear Information Project della Federation of American Scientists” di Washington -, pubblicata su “il Fatto Quotidiano” di oggi: (…). Quanto è serio il rischio che la Russia possa usare armi nucleari contro l'Ucraina? - C'è molta incertezza naturalmente. Non sappiamo se i russi lo faranno e tutti speriamo di no -.

Se Putin dovesse farlo, cosa potrebbe usare? - Molti pensano che non impiegherebbe armi nucleari strategiche, ma tattiche, e ci sono molte ipotesi al riguardo. Potrebbe solo trattarsi di un modo di battersi il petto come i gorilla, da parte di Putin, che ama usare parole grosse. I russi, di tanto in tanto, sono ricorsi alle minacce nucleari, non solo nel contesto della guerra in Ucraina, ma anche prima. Nel 2014 e ancora prima nel 2010, 2011 e 2008. Quindi questo può essere parte del modo in cui cercano di apparire grandi e minacciosi, ma può anche indicare - e questa è la paura – che se Putin perde la guerra in Ucraina, potrebbe essere disposto a un'escalation che porti all'uso d'armi nucleari -.

Pensa che trarrebbe qualche importante risultato militare, se usasse un'arma nucleare tattica? - Non se ne usasse una sola. Assolutamente no. Dovrebbe ricorrere a un numero significativo, se volesse usarle contro truppe o basi e depositi militari. Ne servono diverse per avere un impatto reale. Nella guerra del Golfo del 1991, prima dell'attacco alle truppe di Saddam Hussein, il Pentagono analizzò come utilizzare armi nucleari tattiche per distruggerle, e uno dei problemi in cui s'imbatté fu il fatto che ne servivano diverse. Le ragioni per cui [gli Stati Uniti] non le usarono furono molte, ma anche in quello scenario ipotetico, scoprirono che la cosa non era fattibile. E Putin si troverebbe ad affrontare lo stesso dilemma: dovrebbe usare un certo numero di armi nucleari tattiche per avere davvero un impatto sul corso della guerra. E quindi tutto dipende da qual è l'obiettivo: un risultato militare oppure ridurre in uno stato di choc gli ucraini per farli arrivare alla resa? Si può anche pensare che se l'obiettivo è scioccare l'Ucraina, la Russia potrebbe distruggere una città o due, ma anche in questo caso, non ci sono buone opzioni nucleari per Putin in Ucraina, esattamente come non ce ne sono se l'Occidente volesse rispondere direttamente all'uso di un'arma atomica in Ucraina. È una situazione veramente complicata -.

Pensa che potrebbe ricorrere a un uso solo dimostrativo, tipo far esplodere un'arma nucleare tattica sul Mar Nero? - Il problema con questo scenario è che non ci sarebbe danno a truppe e installazioni militari, e questo potrebbe avere l'effetto opposto di rendere più forte e determinata la resistenza Ucraina e la risposta dell'Occidente, portandolo ad aver ancora più problemi in termini di sanzioni, ulteriore isolamento politico ed economico. È anche possibile immaginare che alcuni dei suoi migliori Stati amici, come Cina, India e Brasile, possano dire: 'Basta, Putin è andato troppo oltre'. E quindi non mi è chiaro se ci guadagnerebbe qualcosa -.

Putin ha il controllo assoluto sul lancio di un attacco nucleare? - No. Non ha un bottone rosso sulla sua scrivania che possa schiacciare e farlo partire. Ha bisogno della cooperazione dei militari russi. Può ordinare un attacco, prendere la decisione come presidente, ma i suoi militari devono essere d'accordo di volere usare le armi nucleari e se lo sono, l'ordine deve essere trasmesso alla catena di comando nucleare. Quindi le armi tattiche devono essere tirate fuori dai siti in cui sono stoccate, trasportate al fronte, dove verrebbero usate, preparate per il lancio e poi servirebbe una decisione successiva: l'ordine di procedere, che deve venire da Putin -.

E ovviamente queste operazioni darebbero un preavviso... - Sì, ci vorrebbe del tempo e quindi i servizi di intelligence occidentali ne verrebbero a conoscenza. Ma non è nemmeno chiaro se Putin vorrebbe che tutto ciò accadesse molto velocemente, nel caso in cui decidesse di usare armi nucleari. È possibile che preferisca tempi lunghi, in modo che gli ucraini e l'Occidente sudino freddo mentre prepara una cosa del genere, un'intera settimana o forse due. Potrebbe preparare una grande scena del genere, in modo da aumentare la coercizione nei confronti dell'Ucraina e dell'Occidente -.

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