Ha scritto Michele Serra in “Il mito di una minoranza” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica”
del 24 di settembre 2022: Dunque. Putin avrebbe dovuto occupare
militarmente Kiev, sostituire il governo votato dagli ucraini con un governo
"di persone per bene" e poi tornare a Mosca: e tutto questo casino
non sarebbe successo. Non lo ha detto un reduce della Legione Straniera, non lo
ha detto un pope pazzo, non lo ha detto un cabarettista, non lo ha detto un
grossista di polonio. Lo ha detto un signore che è stato per quattro volte il
nostro presidente del Consiglio, per lunghi anni oggetto di ammirazione e
devozione per milioni di italiani, pochi mesi fa veniva accreditato come
possibile candidato al Quirinale, e ancora oggi è parte minoritaria ma
rilevante della coalizione che, secondo i sondaggi, andrà al governo. Siccome
sono quarant'anni che scriviamo (del tutto inutilmente, e in pochi) che questo
signore sta alla democrazia come Landru sta al femminismo, e Wanna Marchi sta
alla scienza, ci sentiamo autorizzati a dire che tutto è già successo. È già
successo molti anni fa, irrimediabilmente, e dunque niente di nuovo può davvero
farci spavento: perché niente sarà mai peggiore di lui. Siamo un Paese vecchio,
che ha già scelto, da tempo, che Paese essere. Possiamo riporre un barlume di
fiducia solo in chi ha meno di vent'anni, anzi meno di dieci, meglio se non è
ancora nato, e finalmente potrà farsi un'idea del mondo per noi inedita, ovvero
non scempiata dalla constatazione, umiliante, che siamo stati contemporanei di
quel signore, e soprattutto siamo stati contemporanei di chi lo ha votato. A
futura memoria, chiediamo solo di essere ricordati come la sprovveduta
minoranza che per un attimo credette davvero nel mito della democrazia. Dunque,
personalmente ho provato a fare parte di quella “sprovveduta minoranza”. Accidenti
a noi! Di seguito, “Il destino del
Cavaliere finito all’angolo per mano di una donna” di Filippo Ceccarelli
pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 15 di ottobre ultimo: (…). Quante
donne ha "creato" dal nulla Berlusconi! E quante energie ha speso per
costruirgli addosso un destino, come in una fiaba, e combinare le loro
esistenze sempre rifulgendo in lieta passione e generosa galanteria. A parte
mamme e zie suore, la sua figura di maschio si è proiettata su un gran numero
di femmine: mogli, ex mogli, amanti del primo e del secondo ciclo di
intercettazioni, e poi figlie, deputate e senatrici scelte e fatte anche
ministre, e olgettine, gemelline, ape regine, minorenni e così via. C'è tutta
una letteratura, drammatica e spassosa a un tempo, sul rapporto tra Silvione e
il femminile, nel cui scrigno segreto si scopriva che anche lui, in fondo, era
un po' donna, o comunque faceva riferimento alla mitologia androgina, per
quanto il povero Bondi la buttasse sul maternale, "è una mamma, il
presidente è una mamma!". Ma poi, ritornato in auge e finalmente
pregustando il traguardo di Padre della Patria, ecco che un brutto giorno gli
si mette di traverso quella piccoletta di An che sempre lui a suo tempo aveva
piazzato sulla poltrona dell'ineffabile ministero della Gioventù. "La
Trottola" la chiamava con affettuoso paternalismo perché non stava mai ferma;
e insomma "la Trottola", che ha vinto le elezioni, prima lo fa girare
e girare, anziano, malconcio e frastornato com'è, e poi gli dice: no, io faccio
come mi pare e stavolta dei tuoi interessi non me ne importa nulla, prova a
metterti contro, vediamo chi ci rimette e comunque non sono ricattabile; con il
che la Draghetta, appassionata di fantasy, ha sgominato il vecchio drago - al
quale, secondo Veronica moglie, si "offrivano vergini in pasto". E
allora, a maggior ragione: forse solo una donna non solo poteva, ma doveva
farlo - per quanto all'esito abbia indirettamente e paradossalmente contribuito
un'altra donna anch'essa da lui creata, Licia Ronzulli, sulla quale il
Cavaliere si era incaponito. Perché la politica non sempre è un'arte feroce, ma
quando si rivela tale c'è sempre un motivo che assomiglia a un insegnamento.
Così viene in testa l'autunno del 2012, anniversario pieno, quando dopo la
caduta e la condanna del Signore di Arcore Giorgia Meloni s'era messa in testa
di fare le primarie nel Pdl, ma il Patriarca furbamente traccheggiava: un
giorno diceva sì, un altro no, un altro ancora si rifiutava di cacciare i
soldi, salvo poi liquidare la pretesa affidando il voto al call-center della
"badante" di turno. Ebbene una mattina, con Rampelli e altri giovani
ex di An, Meloni andò a fare un presidio sotto la sede di Forza Italia e più
tardi raggiunse - inaudito! - Palazzo Grazioli. Qui con maschere bianche,
cerotti sulla bocca e cartelli "Basta giravolte, basta dinosauri" la
futura prima donna premier si candidò alle primarie, che però non si tennero
mai. Il suo slogan era comunque: "Senza paura". I social diffusero
anche la sua foto. Un giornalista parlamentare commentò: "Aho', pare
bona!". Lei rispose che l'immagine non era "truccata". Poi,
forse a riprova del mix di autoritarismo e sensibilità (…), pose la questione:
"Ma sono così brutta dal vivo?".
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