"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
lunedì 31 maggio 2021
Paginedaleggere. 22 «La parola scritta è la più alta definizione delle cose del mondo. La parola scritta è seme, germoglia nel lettore».
domenica 30 maggio 2021
Leggereperché. 85 «L'io cattivo già governa indisturbato l'io buono in molti di noi».
venerdì 28 maggio 2021
Notiziedalbelpaese. 13 «Le donne comuni continueranno a vivere in un paese in cui la violenza delle parole è sistemica quanto quella dei fatti».
giovedì 27 maggio 2021
Paginedaleggere. 21 «Un Paese impaurito, attraversato da ossessioni edonistiche e narcisistiche che chiedono solo il ben-essere individuale».
A Lato. "Roma turrita", penna ed acquerelli (2021) di Anna Fiore.
Ha chiuso Umberto Galimberti il Suo “La denatalità e la debolezza delle nuove generazioni”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 22 di maggio 2021 e di seguito riportato, così:
martedì 25 maggio 2021
Paginedaleggere. 20 «Quest'anno ho guadagnato "soltanto" tre milioni e mezzo. Sono un tossico».
lunedì 24 maggio 2021
Paginedaleggere. 19 «L'ansia rode noi consapevoli. Indenni, ma rosi dall'ansia».
Questa è una “storia” vera – ma “nera” – avvenuta al tempo in cui la “infodemia” non aveva ancora infarcito a dovere le nostre povere vite. A quel tempo non avevano grande cittadinanza le “fake news”, oggigiorno di gran moda. E sì che di “bufale” ne esistessero anche al tempo di questa terribile “storia vera ma nera”. La non presenza delle “fake news” in quell’anno – 1969 – costringe l’illustre Autore, Carlo Lucarelli, a definirle molto più semplicemente le “voci”. E narra la “storia vera ma nera” di quel tempo in “La violenza delle voci”, delle “voci” per l’appunto, pubblicata sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 21 di maggio 2021: (…). Succede in Francia, a Orléans, nel 1969. Arrivano in aprile, con le prime brezze di primavera. Voci, appunto. È sparita una ragazza. Era entrata in un negozio e non ne è uscita più. E non è l'unica, è successo ad altre.
sabato 22 maggio 2021
Cronachebarbare. 90 «In che cosa si riconosce l'Occidente? I disperati della terra vengono a ricordarcelo».
venerdì 21 maggio 2021
Cronachebarbare. 89 «Non darla vinta all’Italietta furba e piagnona».
mercoledì 19 maggio 2021
Eventi. 44 Franco Battiato: «“Queste troie che stanno in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile”».
lunedì 17 maggio 2021
Leggereperché. 84 «Una società che ci prevede sempre più come funzionari di apparati e sempre meno come persone».
A lato. "Amicizia", penna ed acquerello (2021) di Anna Fiore.
domenica 16 maggio 2021
Leggereperché. 83 «Nella cultura del consumo del nostro tempo anche la nostra identità può essere indossata e poi dismessa come un abito».
sabato 15 maggio 2021
Notiziedalbelpaese. 12 «Si (ri)-parla di riforma della giustizia per la giustizia. Davvero?».
giovedì 13 maggio 2021
Leggereperché. 82 «Quando l'etica della responsabilità sociale dà ordini diversi rispetto all'etica personale».
mercoledì 12 maggio 2021
Quellichelasinistra. 22 «Salve, sono il Pirla di Sinistra».
martedì 11 maggio 2021
Paginedaleggere. 18 «Si sognarono a vicenda, quella notte, l'uomo e il cane».
lunedì 10 maggio 2021
Leggereperché. 81 «Ho finalmente scoperto che l'importante è avere in comune la visione del mondo. L'età è del tutto ininfluente».
Tratto da “Dopo 40 anni ho finalmente aperto gli occhi” di Claudia de Lillo – in arte Elasti -, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 10 di maggio dell’anno 2014: È un perverso tarlo che si è insinuato in me nella più tenera infanzia. Un tarlo spocchioso, ottuso e settario di cui non conosco i perversi e nefasti effetti. Ho cominciato a coltivarlo da piccola e, per abitudine e stupidità, ho continuato a nutrirlo crescendo. E ora che sto dentro un guado a metà della mia strada, mi ritrovo a guardarlo negli occhi e a prendere finalmente coscienza della sua insulsaggine. Ma torniamo indietro.
domenica 9 maggio 2021
Paginedaleggere. 17 «C’è un solo modo per ridurre l’inquinamento: produrre di meno e consumare di meno».
A lato. "Mare calmo", acquerello (2021) di Anna Fiore.
Ha scritto Michele Serra in “Quelle spennellate di ecologia”, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 7 di maggio ultimo: «Non ho risposte “tecniche” (…) e diffido della mia incompetenza in materia. Ma credo, (…), che circoli un’idea molto disinvolta su come rimediare ai guasti prodotti dalla paurosa antropizzazione del Pianeta, come se bastasse “spennellare di ecologia” un sistema strutturalmente rapinoso ed incauto. Esiste sicuramente una riconversione industriale green più sostenibile e previdente, esistono imprenditori che ci credono e si danno da fare. Ma dietro di loro c’è un codazzo di semplificatori e di profittatori che con due slogan cercano di mettere in pace i conti e la coscienza. (…). Penso, (…), che la più profonda ed efficace riconversione sarebbe quella delle nostre abitudini di vita. Imparare a considerarci cittadini e non consumatori. Non si tratta di decrescita, anche se piatti un po’ meno debordanti ci aiuterebbero a ritrovare la giusta misura. Si tratta di crescita della nostra qualità di abitanti della Terra». Tratto da “Inquinare meno, consumare meno” di Massimo Fini, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di sabato 8 di maggio 2021: (…). È tipico della società contemporanea scoprire cose che esistevano già fingendo, o illudendosi, che siano nuove. Per secoli i popoli dell’Africa Nera hanno vissuto di economia di sussistenza, autoproduzione e autoconsumo, si cibavano cioè di ciò che producevano. Più corta di così? Sul piano alimentare utilizzavano lo scambio solo eccezionalmente e nella forma del “baratto puro”. Così uno scrittore del regno africano del Dahomey ricorda, con nostalgia, la natura del “baratto puro” quando il denaro, che in quella parte del Continente nero fece la sua comparsa piuttosto tardi, nel XVIII secolo, non esisteva ancora: “In quei giorni non vi era moneta. Se volevi comprare qualcosa e tu avevi sale e un altro aveva grano, tu gli davi un poco di sale e lui ti dava un poco di grano. Se tu avevi pesce e io avevo pepe, io ti davo pepe e tu mi davi pesce. In quei giorni esisteva soltanto il baratto. Niente moneta. Ciascuno dava all’altro ciò che aveva e ne riceveva ciò di cui aveva bisogno”. Che cosa aveva determinato il cambiamento lamentato dallo scrittore del Dahomey? Quando i primi colonizzatori arrivarono da quelle parti misero una tassa su ogni capanna, così l’agricoltore era costretto a produrre un surplus e ad entrare quindi in quel sistema economico occidentale che conosciamo molto bene. Nonostante ciò i popoli africani resistettero a lungo. Ai primi del Novecento l’Africa era alimentarmente autosufficiente. Adesso c’è tutto un pruriginoso e ipocrita movimento per “salvare l’Africa”. L’Africa stava molto meglio quando si aiutava da sola. Ancora nel 1961 era, in buona sostanza, autosufficiente, al 98%. “Ma da quando ha cominciato ad essere aggredita dalla integrazione economica – prima era considerata un mercato del tutto marginale e poco interessante – le cose sono precipitate. L’autosufficienza è scesa all’89% nel 1971, al 78% nel 1978” (Il vizio oscuro dell’Occidente, 2002). Per quello che è successo dopo non sono necessarie statistiche, basta osservare l’enorme flusso di emigranti, ridotti alla fame, che pur di arrivare in Europa sono disposti ad attraversare la Libia, a rischiare la morte, e spesso a trovarla, sui gommoni degli scafisti che non sono i protagonisti di questa tragedia, i veri protagonisti siamo noi occidentali. Sono state scritte intere biblioteche sui crimini del comunismo, che ovviamente ci sono stati e ci sono, ma verrà pure un giorno in cui qualcuno dovrà scrivere un libro sui crimini dell’industrial capitalismo, del turbocapitalismo, che riescono ad essere ancora peggiori di quelli. Agli inizi di aprile gli Stati appartenenti al gruppo del cosiddetto G20, cioè i venti paesi più industrializzati del mondo, resisi conto che stiamo assassinando l’ecosistema, cioè la terra su cui abitiamo, hanno organizzato l’ennesima riunione per ridurre i danni dell’inquinamento ambientale. Chi dice entro il 2030, chi entro il 2050. Di qui la litania, in atto da qualche anno, del bio, del green, della filiera corta, delle macchine all’idrogeno, delle macchine elettriche, della riduzione di CO2. Quand’anche fossero in buona fede, e ci credo pochissimo, son tutte balle, luride balle. Perché qualsiasi energia, foss’anche la più pulita, se usata in modo massivo è inquinante. Perché ha bisogno di un’altra energia che la inneschi. Prendiamo le auto all’idrogeno. In teoria l’idrogeno è il combustibile ideale. In natura esiste in quantità enormi e la sua combustione genera come residuo soltanto acqua. L’estrazione dell’idrogeno, però, richiede energia, quindi la sua convenienza dipende da quanta energia si consuma per estrarlo e – ancora una volta – da come questa energia viene prodotta. Oggi la maggior parte dell’idrogeno in commercio è un prodotto secondario della lavorazione degli idrocarburi. È il metodo più economico ma anche quello più inquinante: si generano svariate tonnellate di CO2 per ciascuna tonnellata di idrogeno prodotta. Altro problema è quello relativo alle fonti rinnovabili, in particolare l’eolico e il fotovoltaico: coprire il mondo di pale eoliche e di pannelli fotovoltaici non lo rende, (…), un posto migliore. Perché la costruzione e poi lo smaltimento di pale e pannelli comporta a sua volta un impatto ambientale. C’è un solo modo per ridurre l’inquinamento: produrre di meno e consumare di meno. Cioè, in pratica, scaravoltare l’attuale modello di sviluppo che si basa sul consumo. Siamo arrivati al punto paradossale che noi non produciamo più per consumare, ma consumiamo per poter produrre. In questo il Covid (non subito perché adesso ci sono singole imprese o singoli individui in situazioni economiche disperate) potrebbe tornarci utile. In un anno di lockdown abbiamo imparato a ridurre i consumi a ciò che veramente riteniamo essenziale. Prendiamo, a solo titolo di esempio, il vestiario. Non è necessario avere nell’armadio cento vestiti e duecento paia di scarpe – in questo caso parlo soprattutto alle donne – per sentirsi a proprio agio e sufficientemente eleganti. Non è necessario avere quattro televisori in casa. Non è necessario avere quattro automobili. E così via. Ciascuno può ridurre quei consumi che lo interessano di meno. Se ciascuno di noi fa queste scelte, automaticamente, in via generale, si ridurranno consumi e produzione. E in questo modo si risolverà anche la questione che mi pose lo storico Carlo Maria Cipolla quando gli prospettai questa ipotesi: “Ciò che è essenziale si differenzia da individuo a individuo. Per lei, magari, essenziali sono i libri, per altri beni molto diversi” (Scienza Amara, Pagina, 18 marzo 1982). Va bene. Ma se ciascuno di noi consuma solo ciò che per lui è veramente essenziale, e quindi senza ledere la libertà di scelta dell’individuo, si otterrà ugualmente una generale riduzione dei consumi marginali. Ma dubito molto che ci arriveremo mai. L’uomo è un animale troppo stupido. Prima di tentare Eva con la mela della conoscenza Satana si rivolse al leone e il leone reagì con un ruggito così potente che mandò Satana a ruzzolare per le terre. Allora Satana capì che aveva sbagliato il bersaglio e si rivolse al soggetto più debole (…). E oggi impera nel mondo.