"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 25 maggio 2021

Paginedaleggere. 20 «Quest'anno ho guadagnato "soltanto" tre milioni e mezzo. Sono un tossico».

 

Due anni addietro, il 25 di maggio dell’anno 2019, Vittorio Zucconi ci lasciava. Mi garba ricordarlo proponendo la lettura del Suo “La mia droga si chiama Wall Street”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 3 di settembre dell’anno 2016: C'è un vizio che pochi hanno e dal quale pochissimi si disintossicano. Non si beve, non si fuma, non si annusa, non si inghiotte, non si inietta e spesso neppure si tocca con le mani perché si manifesta soltanto in numeri sulla schermata di un computer: è il vizio del danaro. Chi lo contrae esibisce il sintomo classico di tutte le tossicodipendenze: il fix, la dose non basta mai. Più se ne ha, più se ne vorrebbe avere. È un vizio che molti vorrebbero avere, sognando il colpo grosso alla lotteria, l'eredità di un ricco parente, la fortuna nel commercio e mi sembra di sentire i sospiri, di vedere gli occhi rivolti al cielo di chi è quotidianamente alle prese con i conti, le bollette e la spesa e ora teme di sentirsi ripetere il frusto luogo comune sul danaro che non fa la felicità. Ma ascoltate, prima di sbuffare, la storia di Sam Polk, un uomo di quarant'anni che l'ha raccontata in un libro di memorie, Per amore del denaro. Fresco di università a New York, Sam, che pure era stato un pessimo studente, fu assunto da una banca e messo a lavorare nel settore dei prodotti finanziari più rischiosi, ma anche più remunerativi. Alla fine del suo primo anno ricevette un bonus, in pratica una parte del bottino, di 250 mila dollari. Soldi come non ne aveva mai visto prima. Spiccioli, rispetto a quello che lo attendeva. Il bonus continuò a crescere, anno dopo anno, fino a raggiungere 3 milioni e mezzo. Fu una cifra che lo fece infuriare. Altri suoi colleghi avevano ricevuto cinque, sei, anche dieci milioni e Sam marciò nell'ufficio del megadirettore e distributore di bonus per fare una piazzata, risultata inutile. E la sera, tornando nell'appartamento di Manhattan da 10mila dollari al mese, sgombrato dalla fidanzata che si era stancata del suo vizio, ebbe una rivelazione: ho 40 anni, sono solo, vivo con un gatto che lei non ha voluto e che ignora, lavoro dalle cinque del mattino a mezzanotte e sono sconvolto perché quest'anno ho guadagnato "soltanto" tre milioni e mezzo. Sono un tossico. Sam lasciò la banca. Seguendo il consiglio della terapeuta che l'aveva avvertito spiegandogli semplicemente che ci sarebbe sempre stato qualcuno che avrebbe avuto più soldi di lui, si trasferì a Los Angeles, per essere il più lontano possibile da Wall Street. Con i milioni accumulati creò due start up senza fine di lucro, dedicate a recuperare e distribuire alimentari ai bisognosi e a educare i poveri all'alimentazione corretta, perché sono i poveri, e non sembri un paradosso, i più obesi. Ingrassano, soprattutto i bambini, mangiando porcherie per sentirsi sazi di grassi e di zuccheri. Sam non si considera un apostolo, un santo, un profeta, ma soltanto un ex tossico che deve lottare ogni giorno contro il richiamo del vecchio vizio. Si è sposato, ha una bambina e ha affidato alla moglie tutta l'amministrazione delle sue società non profit e gli investimenti dei soldi di famiglia e di quelli dei donatori, per stare lontano da quei siti online e da quelle schermate delle finanziarie che, come sirene, lo invitano suadenti a tornare fra di loro. «Non passa giorno nel quale non senta la voglia di provare ancora lo sballo di una puntata in Borsa, di una speculazione, di un azzardo per fare soldi. E so che potrei farne ancora tanti». Ma come l'alcolista tornato sobrio che sta alla larga dalla taverna, così Sam sta lontano dalla finanza. «Un investimento riuscito, oggi per me, è vedere una famiglia di immigrati senza documenti che riesce a nutrirsi senza imbottirsi la pancia di cheeseburger. Sapere che forse ho salvato un bambino dal diabete». Ha scritto che il vizio del danaro è un pozzo che non si può mai colmare, perché nessuno sa dove sia il fondo, quanti soldi siano abbastanza soldi e più se ne hanno più se ne vorrebbero avere. Sam Polk ha ritrovato, lasciando il bordo del pozzo, non la felicità, ma «la mia umanità, nella umanità degli altri». Un bell'esempio, il suo, di persona che ha saputo staccarsi dalla ricchezza. Con un piccolo problema, tuttavia. Che per saper rinunciare al denaro, prima si dovrebbe averlo.

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