"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 27 maggio 2021

Paginedaleggere. 21 «Un Paese impaurito, attraversato da ossessioni edonistiche e narcisistiche che chiedono solo il ben-essere individuale».

A Lato. "Roma turrita", penna ed acquerelli (2021) di Anna Fiore.

Ha chiuso Umberto Galimberti il Suo “La denatalità e la debolezza delle nuove generazioni”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 22 di maggio 2021 e di seguito riportato, così:

“Ma qual è l’orizzonte di riferimento che misura il disagio? Il nostro mondo abbastanza privilegiato rispetto ad altri mondi? I nostri giovani che si lamentano della didattica a distanza che limita la loro socializzazione, sono capaci di allargare il loro orizzonte e misurarsi con i loro coetanei siriani o afgani che da decenni vivono sotto le bombe, per non parlare degli africani che vengono da noi? Perché se non sono capaci di ampliare l’orizzonte, ma solo di lamentarsi della loro condizione, è la loro debolezza ormai costituzionale che concorre a non aprire ai loro occhi un futuro”. È stata la discreta segnalazione dell’amica carissima Agnese A. – quasi una cortese Sua sollecitazione ad interessarmi dello scritto di Umberto Galimberti - a spingermi a pubblicarne il testo nella stesura sua integrale. Gradisco però, volendone fare un omaggio all’amica carissima, far precedere lo scritto di Umberto Galimberti da un recentissimo scritto dell’ex priore di Bose Enzo Bianchi – “Tendenza sterilità” - pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 17 di maggio ultimo; ovvero, il pensiero a confronto di due grandissime personalità, di due visioni dell’essere, con un unico spirito ecumenico proprio, al contempo, dell’Uomo religioso e dell’Uomo laico: Sono molte le ragioni che ci inducono a scorgere una verità nello slogan “No future! No al futuro”, e perciò non dovrebbe sorprendere che la denatalità sia in continuo aumento nei paesi occidentali europei, e soprattutto nel nostro. Ormai conosciamo bene le cifre forniteci dalle statistiche: abbiamo davanti a noi la prospettiva di una società fatta soprattutto di vecchi, una società senza un futuro che porti segni di pienezza e di espansione di vita; sarà un futuro maggiormente segnato dalla solitudine per il prevalere dei single, di uomini e donne senza discendenza; sarà un futuro senza grandi speranze collettive e con speranze individuali ridotte all’istanza di sopravvivere nel modo migliore possibile a livello economico. La presa di coscienza di questa situazione causa da anni proclami di allarme, promesse di politiche finalizzate a procurare lavoro alle nuove generazioni, a consentire loro di accedere a una casa e a un sistema di welfare che sia di aiuto a una vita familiare con la presenza di figli che nascono, crescono ed entrano nella vita della società senza troppi ostacoli. In realtà tali promesse, tra cui ultimamente l’assegno unico universale, anche se diventassero politica reale non sarebbero sufficienti a invertire questa tendenza alla sterilità. Questa sterilità è generata dalla cultura prima che dall’economia, la cultura di un Paese impaurito, attraversato da ossessioni edonistiche e narcisistiche che chiedono solo il ben-essere individuale. La famiglia della tradizione, quella patriarcale e rurale, è scomparsa e nuove forme di famiglia si sono affacciate, ma restano in gran parte da inventare. È necessario infatti lavorare sul tessuto sociale, riprendere l’idea di comunità che includa nuclei famigliari e soprattutto ritracciare insieme un orizzonte comune. Quando ascolto i giovani, al di là di quanti da adolescenti proclamano con entusiasmo di volere molti figli, ciò che osservo in loro è una mancanza di speranza. E sono consapevoli della loro fragilità fino a confessare di aver timore a “fare una storia d’amore duratura”, di aver timore a fare figli. Quante volte sento dire: “Ma fare figli, fare il padre, è difficile!”. E così manca la speranza nella vita, nel futuro che a questi giovani appare incerto. Inoltre alla radice del problema, senza voler colpevolizzare la donna, oggi si percepisce un’antitesi tra libertà e maternità, come annota Ritanna Armeni, anche perché è ancora la madre che si fa carico della nascita e della crescita dei figli: gli uomini, mariti o compagni, quasi tutti si sentono esentati da questa fatica che continua a ricadere sulle donne. Fare figli, diventare padri e madri, significa fare spazio ad altri e dunque limitare il proprio, e questo significa anche sottrarre tempo a se stessi per dedicarlo ai figli, significa rinuncia e fatica. Eppure è un passo ineludibile per accogliere la vita, viverla e celebrarla. Una società che non sa più dire “noi”, né vivere “insieme” è del tutto incapace di fare figli. Ha scritto Umberto Galimberti: Queste sono le vere cause dell’inevitabile declino della nostra cultura. Incominciamo dalle cose ovvie e poi passiamo a quelle serie. È da tutti riconosciuto, anche dalle indagini storiche e da quelle scientifiche, che la denatalità è la causa principale del declino di una cultura e di una civiltà. E questo mi pare sia il futuro che attende, non solo l’Italia, ma anche l’Europa. La seconda ovvietà è che se non nascono più figli e il numero degli anziani aumenta perché si è allungata la vecchiaia, con più giovani che non lavorano e più vecchi da mantenere, non ci saranno più soldi per pagare le pensioni, soprattutto in Italia, dove il lavoro giovanile, quando c’è, è a tempo determinato, se non addirittura all’insegna del precariato. Se a tutto questo aggiungiamo l’evasione fiscale che in Italia oscilla tra i 110 e i 130 miliardi all’anno, mi dica lei come, in assenza della contribuzione, sia possibile costruire per i giovani una pensione decente. La terza ovvietà è che l’incentivo che verrà erogato alle giovani coppie con figli, anche se, come lei dice, non è sufficiente a motivare la natalità, è comunque un aiuto, anche se sarebbe più equo distribuirlo non a pioggia, ma alle sole coppie il cui reddito non supera un certo tetto fissato. Ma se andiamo oltre a queste ovvietà, giungiamo al problema di fondo da lei enunciato nel confronto tra la generazione del dopoguerra che aveva davanti a sé un futuro e la generazione attuale che sembra toccare con mano la profezia di Nietzsche là dove, annunciando il nichilismo, dice: “manca lo scopo”. A differenza dei loro nonni e dei loro padri, per i giovani di oggi il futuro non è una promessa, ma una minaccia e, se non è una minaccia, è imprevedibile. E quando il futuro è imprevedibile, non retroagisce come motivazione. Inoltre rispetto alla generazione del dopoguerra, l’attuale generazione di giovani è decisamente più debole per troppe cure, facilitazioni, concessioni e comprensioni ricevute prima in famiglia, poi a scuola, dove si tende a promuovere tutti in spregio alla meritocrazia, e adesso, in occasione del confinamento in casa per via del Covid, si sono aggiunte sollecitazioni televisive e giornalistiche a prestare attenzione al “disagio” dei giovani chiusi in casa. Ma qual è l’orizzonte di riferimento che misura il disagio? Il nostro mondo abbastanza privilegiato rispetto ad altri mondi? I nostri giovani che si lamentano della didattica a distanza che limita la loro socializzazione, sono capaci di allargare il loro orizzonte e misurarsi con i loro coetanei siriani o afgani che da decenni vivono sotto le bombe, per non parlare degli africani che vengono da noi? Perché se non sono capaci di ampliare l’orizzonte, ma solo di lamentarsi della loro condizione, è la loro debolezza ormai costituzionale che concorre a non aprire ai loro occhi un futuro.

1 commento:

  1. "L'edonismo è un modo di interpretare la vita, senza profondità, e l'egoismo una chiusura di sé in sé, senza luce e senza futuro".(Fortunato Baldelli). "L'egoismo è l'unico virus così micidiale da poter uccidere l'anima".(Enrico Gamba). "Il vero significato della vita è quello di piantare alberi, alla cui ombra non prevedi di sederti".(Nelson Henderson). "Non siamo nati soltanto per noi stessi".(Marco Tullio Cicerone). "Il valore di una persona risiede in ciò che è capace di dare e non in ciò che è capace di prendere".(Albert Einstein). "Disimparare l'egoismo è l'unica strada che ci conduce all'apprendimento dell'amore".(Matteo Cantarello). "Decidere di avere un figlio è una scelta radicale. È decidere di avere per sempre il proprio cuore che cammina per il mondo, fuori dal proprio corpo".(Elizabeth Stone). "Niente per la donna è più simile al paradiso di un figlio che le farà sognare l'amore per sempre". (Alda Merini). "La vita è una fiamma che via via si consuma, ma che riprende fuoco ogni volta che nasce un bambino".(George Bernard Shaw). Carissimo Aldo,grazie di cuore per il prezioso e graditissimo omaggio, questo post stupendo e pienamente riuscito, anche per merito dell'accostamento perfetto di quanto magistralmente espresso, su uno dei più importanti problemi del nostro tempo, da due Grandi Pensatori che apprezzo profondamente. Grazie ancora e buona continuazione.

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