Tratto da “Ragionevole
porcata” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 6 di febbraio
2020: (…). B.&C. sono imputati per 4 tangenti a vari finanzieri in cambio
di verifiche fiscali a tarallucci e vino. Il processo inizia nel 1996 con i
difensori che ne chiedono la rimessione da Milano a Brescia. La Corte d’appello
respinge.
I legali reiterano l’istanza per due anni. Intanto ricusano infinite volte i 3 giudici: tutti prevenuti. Finché il presidente Crivelli, concordando il calendario delle udienze con pm e avvocati, dice che userà “bastone e carota”: cioè verrà incontro un po’ agli uni un po’ agli altri. Tv e giornali di B. lo linciano come “toga rossa”. La Corte respinge l’ennesima ricusazione, ma lui, sepolto di insulti, si fa da parte. Il processo riparte da zero: un anno di lavoro buttato. Quanto basta per mandare in prescrizione 3 tangenti prima della sentenza. Per la quarta arriverà l’assoluzione per insufficienza di prove in Cassazione. Imi-Sir/Mondadori. Cesare Previti e altri due avvocati sono imputati di corruzione giudiziaria per aver comprato due sentenze miliardarie che han dato ragione a chi aveva torto (Rovelli e B.) e torto a chi aveva ragione (l’Imi e De Benedetti). C’è anche B., per Mondadori, ma verrà prescritto in udienza preliminare. Che parte nel ’98. I legali di Previti chiedono un rinvio di 7 anni, fino al 2005, per leggere gli atti. Il gip Alessandro Rossato respinge e la difesa lo ricusa per 6 volte, finché la ricusazione diventa legge, grazie al centrosinistra: chi fa il gip non potrà più fare il gup e ha 5 mesi per chiudere le udienze, poi sarà incompatibile. Rossato corre e Previti frena a botte di rinvii per “legittimi impedimenti” parlamentari. Finora assenteista al 76%, diventa uno stakanovista, votando e concionando su ogni tema dello scibile umano: dall’eterologa al Kosovo, dalle quote latte alla naja femminile, dalle minoranze slovena e ladina al Paraguay. Proteste sdegnate dei pm e delle parti civili (avvocati anche loro, ma eccezionalmente scandalizzati dalle porcate dei propri colleghi). Dopo un anno e mezzo di udienza preliminare, il gip dichiara illegittimi alcuni impedimenti di Previti e finalmente rinvia a giudizio gli imputati. Subito, su richiesta di Previti, i presidenti delle Camere Violante e Mancino sollevano conflitto di attribuzioni alla Consulta contro il Tribunale di Milano per far annullare l’udienza (saranno respinti con perdite). Intanto parte il processo ed è la solita via crucis. I difensori di Previti &C. presentano in due anni ben 64 istanze, spesso le stesse reiterate all’infinito: ricusazioni dei giudici, richieste di astensione dei pm, vizi di forma, eccezioni di nullità, inutilizzabilità, mancata traduzione e omesso deposito di atti, incompetenze territoriali, rimessioni ad altra sede, illegittimità costituzionali ecc. Chiedono di sentire 4770 testimoni (contro i 136 dei pm): 361 soci del Circolo Canottieri Lazio, 2346 fra cancellieri e dipendenti del Tribunale di Roma e tutti i 1777 magistrati capitolini in servizio dal 1986 in poi, più mezza Confindustria, decine di giornalisti (alcuni inesistenti: sono pseudonimi). E pretendono di cestinare tutte le carte bancarie trasmesse per rogatoria dalla Svizzera perché manca il timbro o il numero di pagina, o perché sono in copia. Appena viene respinta, l’istanza diventa legge. Idem la richiesta di trasloco a Brescia per legittima suspicione: siccome non si può, arriva la legge Cirami che lo consente. Ma la Cassazione dice comunque no. Allora si ricomincia: altre 7 ricusazioni dei giudici, altra richiesta di rimessione, stavolta a Perugia. Invano: almeno lì le condanne definitive precederanno la prescrizione. Sme-Ariosto. È l’altro processo “toghe sporche”, nato dalle rivelazioni di Stefania Ariosto: Previti &C. imputati con B. e alcuni magistrati per aver comprato la sentenza Sme (che annullò la vendita del colosso alimentare dall’Iri alla Buitoni di De Benedetti, sgradita a B. e a Craxi) e per aver corrotto il giudice Renato Squillante. Un’altra, tragicomica gimkana fra ostacoli e cavilli pretestuosi dei difensori. Ma anche quella, grazie alla prescrizione lunga della corruzione giudiziaria (15 anni, che scatteranno solo nel 2007), arriva faticosamente in fondo. Almeno per gli imputati che non si chiamano B. (lui, stralciato grazie al lodo Schifani che lo rende improcessabile, tornerà imputato dopo i fulmini della Consulta). E almeno fino alla Cassazione, che a fine 2006 deve giudicare le condanne d’appello. Ma stavolta i giudici si superano: dopo aver confermato più volte la competenza di Milano, la Corte cambia idea e stabilisce che era di Perugia. Il processo riparte di lì in udienza preliminare, come se quella di Milano e i dibattimenti di primo e secondo grado non fossero mai esistiti. Un anno dopo il gip di Perugia archivia uno dei più gravi casi di corruzione mai visti perché sono tutti colpevoli, ma è tutto prescritto. E non dal 2007, ma addirittura dal 2002, perché intanto gli onorevoli avvocati di B. hanno fabbricato la ex-Cirielli che taglia i termini di prescrizione della metà o di un terzo. Per regalare la ragionevole impunità all’illustre cliente nei processi rimasti. (…).
I legali reiterano l’istanza per due anni. Intanto ricusano infinite volte i 3 giudici: tutti prevenuti. Finché il presidente Crivelli, concordando il calendario delle udienze con pm e avvocati, dice che userà “bastone e carota”: cioè verrà incontro un po’ agli uni un po’ agli altri. Tv e giornali di B. lo linciano come “toga rossa”. La Corte respinge l’ennesima ricusazione, ma lui, sepolto di insulti, si fa da parte. Il processo riparte da zero: un anno di lavoro buttato. Quanto basta per mandare in prescrizione 3 tangenti prima della sentenza. Per la quarta arriverà l’assoluzione per insufficienza di prove in Cassazione. Imi-Sir/Mondadori. Cesare Previti e altri due avvocati sono imputati di corruzione giudiziaria per aver comprato due sentenze miliardarie che han dato ragione a chi aveva torto (Rovelli e B.) e torto a chi aveva ragione (l’Imi e De Benedetti). C’è anche B., per Mondadori, ma verrà prescritto in udienza preliminare. Che parte nel ’98. I legali di Previti chiedono un rinvio di 7 anni, fino al 2005, per leggere gli atti. Il gip Alessandro Rossato respinge e la difesa lo ricusa per 6 volte, finché la ricusazione diventa legge, grazie al centrosinistra: chi fa il gip non potrà più fare il gup e ha 5 mesi per chiudere le udienze, poi sarà incompatibile. Rossato corre e Previti frena a botte di rinvii per “legittimi impedimenti” parlamentari. Finora assenteista al 76%, diventa uno stakanovista, votando e concionando su ogni tema dello scibile umano: dall’eterologa al Kosovo, dalle quote latte alla naja femminile, dalle minoranze slovena e ladina al Paraguay. Proteste sdegnate dei pm e delle parti civili (avvocati anche loro, ma eccezionalmente scandalizzati dalle porcate dei propri colleghi). Dopo un anno e mezzo di udienza preliminare, il gip dichiara illegittimi alcuni impedimenti di Previti e finalmente rinvia a giudizio gli imputati. Subito, su richiesta di Previti, i presidenti delle Camere Violante e Mancino sollevano conflitto di attribuzioni alla Consulta contro il Tribunale di Milano per far annullare l’udienza (saranno respinti con perdite). Intanto parte il processo ed è la solita via crucis. I difensori di Previti &C. presentano in due anni ben 64 istanze, spesso le stesse reiterate all’infinito: ricusazioni dei giudici, richieste di astensione dei pm, vizi di forma, eccezioni di nullità, inutilizzabilità, mancata traduzione e omesso deposito di atti, incompetenze territoriali, rimessioni ad altra sede, illegittimità costituzionali ecc. Chiedono di sentire 4770 testimoni (contro i 136 dei pm): 361 soci del Circolo Canottieri Lazio, 2346 fra cancellieri e dipendenti del Tribunale di Roma e tutti i 1777 magistrati capitolini in servizio dal 1986 in poi, più mezza Confindustria, decine di giornalisti (alcuni inesistenti: sono pseudonimi). E pretendono di cestinare tutte le carte bancarie trasmesse per rogatoria dalla Svizzera perché manca il timbro o il numero di pagina, o perché sono in copia. Appena viene respinta, l’istanza diventa legge. Idem la richiesta di trasloco a Brescia per legittima suspicione: siccome non si può, arriva la legge Cirami che lo consente. Ma la Cassazione dice comunque no. Allora si ricomincia: altre 7 ricusazioni dei giudici, altra richiesta di rimessione, stavolta a Perugia. Invano: almeno lì le condanne definitive precederanno la prescrizione. Sme-Ariosto. È l’altro processo “toghe sporche”, nato dalle rivelazioni di Stefania Ariosto: Previti &C. imputati con B. e alcuni magistrati per aver comprato la sentenza Sme (che annullò la vendita del colosso alimentare dall’Iri alla Buitoni di De Benedetti, sgradita a B. e a Craxi) e per aver corrotto il giudice Renato Squillante. Un’altra, tragicomica gimkana fra ostacoli e cavilli pretestuosi dei difensori. Ma anche quella, grazie alla prescrizione lunga della corruzione giudiziaria (15 anni, che scatteranno solo nel 2007), arriva faticosamente in fondo. Almeno per gli imputati che non si chiamano B. (lui, stralciato grazie al lodo Schifani che lo rende improcessabile, tornerà imputato dopo i fulmini della Consulta). E almeno fino alla Cassazione, che a fine 2006 deve giudicare le condanne d’appello. Ma stavolta i giudici si superano: dopo aver confermato più volte la competenza di Milano, la Corte cambia idea e stabilisce che era di Perugia. Il processo riparte di lì in udienza preliminare, come se quella di Milano e i dibattimenti di primo e secondo grado non fossero mai esistiti. Un anno dopo il gip di Perugia archivia uno dei più gravi casi di corruzione mai visti perché sono tutti colpevoli, ma è tutto prescritto. E non dal 2007, ma addirittura dal 2002, perché intanto gli onorevoli avvocati di B. hanno fabbricato la ex-Cirielli che taglia i termini di prescrizione della metà o di un terzo. Per regalare la ragionevole impunità all’illustre cliente nei processi rimasti. (…).
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