"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 8 febbraio 2020

Letturedeigiornipassati. 85 Nietzsche: «Anima mia, io ti restituii la libertà su tutte le cose create e increate».


Tratto da “Se ne occupano preti e filosofi ma l'anima cos'è?” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” dell’8 di febbraio dell’anno 2014: Scrive Nietzsche: "Anima mia, io ti restituii la libertà su tutte le cose create e increate, e siccome tu conosci la voluttà di ciò che verrà, il tuo respiro ha già il profumo di canti futuri".
Anima è una parola che la tradizione ha reso venerabile: immortale nel linguaggio religioso, evocativa in quello dei poeti, fondamentale in quello psicologico che, senz'anima, non saprebbe di che cosa occuparsi, essenziale nelle cose d'amore, dove nessuno vuole essere amato solo per le fattezze del proprio corpo. Eppure a questa parola non corrisponde assolutamente nulla. A introdurla è stato Platone. Prima di lui, psyché, che nella lingua greca sta per "anima", designava l'ultimo respiro. Psyché infatti, significa "respirare". Nella tradizione ebraica la parola "anima" non compare mai. Nefes, che nella traduzione greca della Bibbia è stata tradotta con psyché, significa "vita", come recitano tantissimi passi tra cui: «Occhio per occhio, dente per dente, nefes per nefes », che non significa anima per anima, ma vita per vita, come peraltro è ribadito da Sansone, là dove dice: «Muoia la mia nefes con tutti i filistei». Tradotta con psyché, la parola ha trascinato con sé tutta la tradizione greca, che sul concetto di anima aveva costruito la sua filosofia. E questo avvenne perché Platone riteneva che non era possibile pervenire a un sapere universale e valido per tutti a partire dalle sensazioni corporee, che sono diverse da individuo a individuo, ma era necessario ricorrere a idee, numeri, misure, oggi diremmo "costrutti della mente", di cui solo una dimensione non corporea, l'anima appunto, era capace. Nata per risolvere un problema di conoscenza, la nozione di anima viene inserita da Sant'Agostino, dopo averla prelevata da Platone, in uno scenario di salvezza, attribuendole l'immortalità. Da allora in poi tutti i cristiani si convinsero di essere composti di un corpo corruttibile e da un'anima incorruttibile, che sarebbe sopravvissuta alla decomposizione del corpo, anche se poi, nel loro atto di fede, il Credo, i cristiani continuano a recitare di credere nella «resurrezione dei corpi». Come scrive il teologo Oscar Cullmann: «Platone ha avuto la meglio sul Vangelo», che non parla mai di anima, e bene fa il monaco Enzo Bianchi a sostituire nei suoi scritti alla parola "anima" la parola "interiorità". Quando nel Seicento Cartesio riduce il corpo a sommatoria di organi, come vuole il metodo scientifico, tutto quello che non si poteva spiegare su base organica fu attribuito a una scienza che aveva per oggetto il morbus sine materia (possiamo tradurre con "malattia senza riscontro organico"), e che successivamente prese il nome di "psichiatria". Fu allora che dell'anima, di cui s'era detto tutto e il contrario di tutto - che era mortale o immortale, connessa al corpo al momento del concepimento o come vuole San Tommaso, dopo alcuni mesi, perché prima la materia è troppo informe e indegna per ricevere l'anima - venimmo a sapere che poteva anche ammalarsi. E alla sua cura furono preposti i "medici dell'anima", oggi meglio conosciuti come psichiatri, psicoanalisti, psicologi. Se invece di chiederci, come siamo soliti fare: "che cos'è" una certa cosa, ci chiedessimo "come è venuta al mondo e che percorsi ha seguito per affermarsi", ci renderemmo conto che a tante nozioni non corrisponde alcuna realtà, ma che solo l'uso reiterato che se ne è fatto nella storia ha fatto credere che siano realtà. Potenza delle parole che fanno essere le cose. Ma le parole vanno indagate a partire dal loro atto di nascita e seguite nella loro storia, per sapere se sono parole vere o mendaci.

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