Da “Gli
imbecilli e la stampa responsabile” (2015) di Umberto Eco, riportato in “Pape
Satàn Aleppe” – “La nuova nave di Teseo” editrice (2016); pagg. 469; € 20,00 - alle
pagine 467-469: Mi sono molto divertito con la storia degli imbecilli del web. Per chi
non l’ha seguita, è apparso on line e su alcuni giornali che nel corso di una
cosiddetta “lectio magistralis” a Torino avrei detto che il web è pieno di
imbecilli. È falso. La “lectio” era su tutt’altro argomento, ma questo ci dice
come tra giornali e web le notizie circolino e si deformino. La faccenda degli
imbecilli è venuta fuori in una conferenza stampa successiva nel corso della
quale, rispondendo a non so più quale domanda, avevo fatto un’osservazione di
puro buon senso. Ammettendo che su sette miliardi di abitanti del pianeta ci
sia una dose inevitabile di imbecilli, moltissimi di costoro una volta
comunicavano le loro farneticazioni agli intimi o agli amici del bar - e così
le loro opinioni rimanevano limitate a una cerchia ristretta. Ora una
consistente quantità di queste persone ha la possibilità di esprimere le
proprie opinioni sui social networks. Pertanto queste opinioni raggiungono udienze
altissime, e si confondono con tante altre espresse da persone ragionevoli. Si
noti che nella mia nozione di imbecille non c’erano connotazioni razzistiche.
Nessuno è imbecille di professione (tranne eccezioni) ma una persona che è un
ottimo droghiere, un ottimo chirurgo, un ottimo impiegato di banca può, su
argomenti su cui non è competente, o su cui non ha ragionato abbastanza, dire
delle stupidaggini. Anche perché le reazioni sul web sono fatte a caldo, senza
che si abbia avuto il tempo di riflettere. È giusto che la rete permetta di
esprimersi anche a chi non dice cose sensate, però l’eccesso di sciocchezze
intasa le linee. E alcune scomposte reazioni che ho poi visto in rete
confermano la mia ragionevolissima tesi. Addirittura, qualcuno aveva riportato
che secondo me in rete hanno la stessa evidenza le opinioni di uno sciocco e
quelle di un premio Nobel, e subito si è diffusa viralmente una inutile
discussione sul fatto che io avessi preso o no il premio Nobel. Senza che
nessuno andasse a consultare Wikipedia. Questo per dire come si è inclini a
parlare a vanvera.
Un utente normale della rete dovrebbe essere in grado di distinguere idee sconnesse da idee ben articolate, ma non è sempre detto, e qui sorge il problema del filtraggio, che non riguarda solo le opinioni espresse nei vari blog o twitter, ma è questione drammaticamente urgente per tutti i siti web, dove (e vorrei vedere chi ora protesta negandolo) si possono trovare sia cose attendibili e utilissime, sia vaneggiamenti di ogni genere, denunce di complotti inesistenti, negazionismi, razzismi, o anche solo notizie culturalmente false, imprecise, abborracciate. Come filtrare? Ciascuno di noi è capace di filtrare quando consulta siti che riguardano temi di sua competenza, ma io per esempio proverei imbarazzo a stabilire se un sito sulla teoria delle stringhe mi dica cose corrette o meno. Nemmeno la scuola può educare al filtraggio perché anche gli insegnanti si trovano nelle mie stesse condizioni, e un professore di greco può trovarsi indifeso di fronte a un sito che parla di teoria delle catastrofi, o anche solo della guerra dei trent’anni. Rimane una sola soluzione. I giornali sono spesso succubi della rete, perché ne raccolgono notizie e talora leggende, dando quindi voce al loro maggiore concorrente - e facendolo sono sempre in ritardo su Internet. Dovrebbero invece dedicare almeno due pagine ogni giorno all’analisi di siti web (così come si fanno recensioni di libri o di film) indicando quelli virtuosi e segnalando quelli che veicolano bufale o imprecisioni. Sarebbe un immenso servizio reso al pubblico e forse anche un motivo per cui molti navigatori in rete, che hanno iniziato a snobbare i giornali, tornino a scorrerli ogni giorno. Naturalmente per affrontare questa impresa un giornale avrà bisogno di una squadra di analisti, molti dei quali da trovare al di fuori della redazione. È un’impresa certamente costosa, ma sarebbe culturalmente preziosa, e segnerebbe l’inizio di una nuova funzione della stampa.
Un utente normale della rete dovrebbe essere in grado di distinguere idee sconnesse da idee ben articolate, ma non è sempre detto, e qui sorge il problema del filtraggio, che non riguarda solo le opinioni espresse nei vari blog o twitter, ma è questione drammaticamente urgente per tutti i siti web, dove (e vorrei vedere chi ora protesta negandolo) si possono trovare sia cose attendibili e utilissime, sia vaneggiamenti di ogni genere, denunce di complotti inesistenti, negazionismi, razzismi, o anche solo notizie culturalmente false, imprecise, abborracciate. Come filtrare? Ciascuno di noi è capace di filtrare quando consulta siti che riguardano temi di sua competenza, ma io per esempio proverei imbarazzo a stabilire se un sito sulla teoria delle stringhe mi dica cose corrette o meno. Nemmeno la scuola può educare al filtraggio perché anche gli insegnanti si trovano nelle mie stesse condizioni, e un professore di greco può trovarsi indifeso di fronte a un sito che parla di teoria delle catastrofi, o anche solo della guerra dei trent’anni. Rimane una sola soluzione. I giornali sono spesso succubi della rete, perché ne raccolgono notizie e talora leggende, dando quindi voce al loro maggiore concorrente - e facendolo sono sempre in ritardo su Internet. Dovrebbero invece dedicare almeno due pagine ogni giorno all’analisi di siti web (così come si fanno recensioni di libri o di film) indicando quelli virtuosi e segnalando quelli che veicolano bufale o imprecisioni. Sarebbe un immenso servizio reso al pubblico e forse anche un motivo per cui molti navigatori in rete, che hanno iniziato a snobbare i giornali, tornino a scorrerli ogni giorno. Naturalmente per affrontare questa impresa un giornale avrà bisogno di una squadra di analisti, molti dei quali da trovare al di fuori della redazione. È un’impresa certamente costosa, ma sarebbe culturalmente preziosa, e segnerebbe l’inizio di una nuova funzione della stampa.
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