Da “Dalle donne ai bambini” di Umberto Galimberti, sul settimanale “D”
del 23 di ottobre dell’anno 2010: Neppure l'impiego dei bambini costituisce un
limite ai giochi erotici e non di rado perversi della pubblicità? La pubblicità
non incentiva solo l'acquisto di prodotti, ma vende massicciamente (e noi
passivamente l'acquistiamo) una visione del mondo dove quei prodotti, anche
inutili, diventano necessari per rafforzare la nostra identità: o in termini di
potere o in termini di seduzione (che è una forma malcelata di potere). La
seduzione passa attraverso la sollecitazione erotica che la nostra cultura ha
identificato con la donna, per cui, (…), ormai non facciamo più troppa
distinzione tra la parola sesso e la parola donna. Se questo è il contesto
delle relazioni sociali è evidente che una donna non può sottrarsi a questi
canoni perché, nella forma del suo corpo reso il più possibile seduttivo, c'è
gran parte della sua accettazione sociale, e perché no, anche della sua
gratificazione narcisistica. Infatti l'erotismo che trasmette non approda alla
sessualità, ma si arresta alla sua sollecitazione. Un atto mancato quindi, un
desiderio senza compimento, un sollecitazione delusa e proprio per questo tale
da promuovere una ricerca senza limiti di spunti ancor più seduttivi che la
pubblicità asseconda e promuove. Va da sé che di fronte a quelle bellezze
inarrivabili da copertina prende forma anche la depressione per la propria
inadeguatezza, a cui si pone rimedio acquistando tutti quei prodotti che ci
possono avvicinare a quelle bellezze, e lenire così la nostra tristezza. Il
gioco ormai è questo ed è ben collaudato. E siccome l'identità femminile è in
gran parte affidata agli artifici della moda, in nome di che cosa si può
invitare le donne a uscire da questo gioco che ha le sue radici profonde nel
cervello antico di tutti noi, più sensibile alla fascinazione e al richiamo
sessuale, che ad altre nobili virtù faticosamente guadagnate nel corso
dell'evoluzione? Ma ora, (…), questa identità, questa comunicazione, questa
immagine di sé che si trasmette per vie erotiche, oltre alle donne si applica
anche ai bambini, i quali, non disponendo ancora di strumenti per interpretare
e collocare lo scenario dell'erotismo alla cui interpretazione sono chiamati,
compiono gesti artificiali, manierati e improbabili che li deformano perché l'erotica
non è ancora la loro "forma", così come non appartiene alla loro
forma scimmiottare i gesti degli adulti, scostandosi a tal punto dalla loro
infanzia, da dover poi andarne alla ricerca, anche in forme perverse, per tutta
la vita. Il limite, (…), è stato superato, quindi aspettiamoci di tutto da
questa cultura che si ritiene avanzata solo quando oltrepassa un limite o
infrange un tabù.
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