Da “Le
ragioni del Sì e il fumo negli occhi” di Maurizio Viroli, su “il Fatto
Quotidiano” del 13 di agosto 2016: Ho
cambiato idea: al referendum sulla riforma costituzionale voterò sì. Mi rendo
conto di deludere gli amici del Fatto che hanno fino ad oggi ospitato i miei
articoli in favore del no, ma non posso fare altro. A costringermi a modificare
le mie posizioni è stato l’ispirato discorso di Matteo Renzi al Festival
dell’Unità di Bosco Albergati (Modena), in particolare la sua affermazione che
se passa il sì “i 500 milioni risparmiati sui costi della politica pensate che
bello metterli sul fondo della povertà e darli ai nostri che non ce la fanno”. Incoraggiato,
credo, dalla consapevolezza di rivolgersi a un pubblico sensibile ai temi della
giustizia sociale, Matteo Renzi ha vinto il riserbo fin qui tenuto e ha
rivelato la vera ragione della riforma costituzionale: non semplificare il
processo legislativo e neppure abolire l’anacronistico sistema bicamerale
paritario, bensì combattere la povertà. La sua è una scelta coraggiosa e
innovativa. Nessuno prima di lui aveva pensato che il modo più efficace di
aiutare i poveri è trovare soldi cambiando una quarantina di articoli della
Costituzione. Nessuna legge ordinaria avrebbe potuto essere altrettanto
incisiva. Dice Renzi che la riforma permetterà un risparmio di 500 milioni di
euro. La Ragioneria dello Stato indica cifre molto più basse, ma di sicuro sono
prevenuti. In Italia, secondo gli ultimi dati ISTAT, ci sono 4. 498.000 persone
che vivono sotto la soglia della povertà assoluta. Se vince il sì ognuno di
loro avrà 111,16 euro in più in tasca all’anno, ovvero 30,5 centesimi al
giorno. La loro vita cambierà radicalmente. Cosa conta la Costituzione di
fronte ad un simile traguardo di giustizia sociale? Se l’avesse detto subito
che questo è il vero fine della riforma avrebbe ottenuto un plauso unanime. L’altro
passaggio del discorso di Renzi che mi ha liberato dalle tenebre del
pregiudizio è stata la sua toccante confessione di aver sbagliato nel modo di
comunicare il significato della riforma: “Sbagliato a dare dei messaggi: questo
referendum non è il mio referendum, perché questa riforma ha un padre che si
chiama Giorgio Napolitano. Ho fatto un errore a personalizzare troppo, bisogna
dire agli italiani che non è la riforma di una persona, ma la riforma che serve
all’Italia”. Qualche commentatore prevenuto potrebbe osservare che
un’affermazione come questa dimostra che abbiamo un Presidente del Consiglio
che non ha la minima idea dei fondamenti istituzionali della nostra Repubblica.
Se le parole hanno un senso, Renzi ci ha rivelato (era evidentemente in stato
di grazia) che il Capo dello Stato ha dato un mandato, o un ordine, al
Presidente del Consiglio di attuare una precisa riforma costituzionale e
quest’ultimo, solerte, ha obbedito.
Abbiamo avuto dunque un Presidente della
Repubblica che si è arrogato un potere di intervento sul processo legislativo
che la Costituzione non gli riconosce in alcun modo e un presidente del
consiglio che obbedisce al Presidente della Repubblica quando dovrebbe essere
responsabile soltanto davanti al Parlamento. Ma queste sono sottigliezze, via. Quel
che conta è l’atto sincero di umiltà (ha riconosciuto il suo errore) e di
sottomissione (ha ammesso di aver obbedito a Napolitano). Credevo che Renzi
fosse un bulletto di provincia arrogante e invece devo ammettere che è umile e
ha un alto senso dello Stato. Gli ultimi dubbi che avevo me li ha fugati la
ministra Boschi, con il suo recente monito “chi dice di votare no vuol buttare
il lavoro del Parlamento”. Anche in questo caso gli irriducibili critici
avranno di sicuro sottolineato che secondo la Costituzione la sovranità
appartiene al popolo e dunque il popolo ha tutto il diritto di modificare le
deliberazioni del Parlamento ove siedono i suoi rappresentati non i suoi
padroni. E non si saranno lasciati sfuggire l’occasione per ribadire che l’istituto
del referendum serve appunto a correggere le deliberazioni del Parlamento. Ma
sono, anche in questo caso, sottigliezze del tutto irrilevanti. Quel che conta
è l’alto rispetto del Parlamento che la ministra Boschi ha voluto rivelarci.
Ero convinto che a Renzi e ai suoi del Parlamento non importasse nulla e invece
lo rispettano a tal segno da correre il rischio di metterlo al di sopra del
popolo. Scherzi a parte, quante scemenze dovranno ancora dire prima che
l’opinione pubblica si renda conto che la Repubblica è nelle mani di
irresponsabili, nel migliore dei casi, o di presuntuosi che vogliono diventare
padroni incontrastati dello Stato usando la forza, come nel caso delle
epurazioni alla RAI, e gli inganni?
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