A lato. Pensiero d'amore su di un muro di una periferia cittadina.
Ha scritto Umberto Galimberti in “Cultura della spudoratezza” –
pubblicato sul settimanale “D” del 16 di giugno dell’anno 2012 -: Scrive
Max Scheler: “Il sentimento del pudore consiste nel difendere il proprio sé
profondo dalla sfera pubblica". (…). …esistono ancora giovani che hanno il
senso del pudore e che non si lasciano sedurre dalla cultura oggi imperante su
internet e anche sui canali televisivi, dove l'invito è consegnare la propria
interiorità, render pubblici le proprie emozioni, i propri sentimenti, le
proprie storie d'amore in diretta, scambiando la spudoratezza per sincerità.
Quando poi questa trivellazione della vita privata avviene, (…), allora siamo
alla dissacrazione (…). E in questa mancata percezione io ravviso il segno che,
nella nostra cultura, del pudore non c'è più neppure la traccia. (…). …questa
violazione dell'intimità, dice ormai che la sensibilità oggi diffusa più non
avverte i confini del pudore e neppure quelli del rispetto per chi non può più
difendersi e opporsi a che la sua vita diventi proprietà comune e pasto per
tutti. È in questo scenario di “dissacrazione” delle vite umane e
delle loro libere manifestazioni che vanno visti gli innumerevoli e ripetuti
tragici fatti che vedono donne (o uomini) giovani morire o darsi la morte colte
le donne dall’eccesso di sopravvenuta vergogna per fatti inerenti alle loro sprovvedute
vite private. È che quei fatti e quelle morti vanno ad attraversare le due
colonne d’Ercole che hanno per tanto tempo delimitato il vivere e regolato i
comportamenti sentimentali e sessuali soprattutto delle giovani vite. Ed una
colonna è quella ben individuata dall’illustre Autore appena riportato, laddove
una “spudoratezza”
non più controllata induce comportamenti ed azioni che in tante occasioni hanno
stroncato o indotto a stroncare da se medesimi quelle giovani vite attorno e
sulle quali, poi, i media fanno a gara per metterne in piazza quanto di più
morboso essi fossero riusciti a portare alla luce. L’altra colonna d’Ercole,
sorpassata la quale per molte vite significa l’abisso esistenziale e morale, è
rappresentata da una falsa idea di quella che un tempo veniva dolcemente o
ingenuamente definita una “educazione sentimentale”. È su
questo distorcere di sentimenti e di passioni, che i fatti tragici che la
cronaca ci portano a conoscenza, che manca un vero spirito educativo da parte
dei più soggetti che regolano ed indirizzano le vite dei più giovani, spirito
educativo sacrificato sull’altare di una vitalità che vada goduta all’istante, senza
limiti o freni. Soccorrono a tal proposito l’alto magistero e la conoscenza scientifica
del professor Galimberti che nel numero del settimanale “D” del primo di
ottobre ultimo – “Troppa libertà
sessuale? No, poco coraggio d’usarla per quanto vale” - scrive:
E quindi questa festa orgiastica della sessualità ha bisogno di un po' di tempo perché si giunga a porsi la domanda: dopo l'orgia che si fa? Si fa l'amore con gli animali? Già fatto. Con i vegetali? Pure. Con gli oggetti inanimati come gli attrezzi venduti nei sexy shop? Anche. Finché subentra la saturazione, la noia, mentre sottotraccia si avverte che si sta estinguendo il desiderio. Avviene così lentamente e senza cognizione alcuna il superamento di quelle “colonne” oltre le quali tante, tantissime giovani vite affondano nell’abisso. Senza colpa, senza consapevolezza. Ha scritto ancora il professor Galimberti:La potenza rivoluzionaria dell'eros è metterci in contatto col fondo enigmatico di noi stessi: ben oltre la trasgressione, l'esperienza dell'assoluto. La libertà sessuale è un dono dell'emancipazione femminile. E parlo di "dono", perché i grandi cambiamenti di costume e quindi di modi di vivere sono sempre opera delle donne, che quando emergono dalla "natura", nel cui recinto i maschi per secoli le hanno confinate, e fanno la loro apparizione nella "storia", fanno nascere una storia nuova. Che è scandalosa non per l'abbigliamento per i comportamenti, ma perché fa crollare un ordine collaudato e un modo di pensare (la donna come moglie e madre), di sentire (come oggetto del desiderio maschile), di relazionarsi (la "mia" donna, con tutta la prepotenza dell'aggettivo possessivo). La donna diventa soggetto della propria esistenza e al pari dell'uomo dispone della sua sessualità. È chiaro che ogni rivoluzione porta inevitabilmente con sé un eccesso. Anche un adolescente, quando sente di doversi emancipare dai genitori sbatte la porta, poi quando si sente emancipato riprende ad aprirla e chiuderla educatamente. Rispetto agli eccessi di una biografia, gli eccessi di un'emancipazione storica sono un po' più lunghi. (…). E siccome il desiderio è potenzialmente innovativo, per non dire, con Deleuze, "rivoluzionario", la sua estinzione a opera dell'eccesso e della pornografia che vi concorre è un ottimo servizio al potere, che come è noto, predilige gente quieta o almeno acquietata. (…). …nonostante il suo innegabile tripudio e la sua ostentazione senza limiti nel proliferare incontrollato di immagini sessuali sulle strade, sugli schermi, sulla carta stampata, la sessualità è estinta proprio in ciò che ha di potenzialmente sovversivo e creativo da dirci. Che non è nella trasgressione, nella perversione o nella devianza, ma nell'incontro con l'indicibile: con «ciò che non si riesce a dire» (Platone), con «ciò che non si può dire» perché abita l'inconscio (Freud) o, come vuole ancora Platone, con quel «fondo enigmatico e buio» che è l'altra parte di noi stessi, ossia la follia che segretamente ci abita e da cui il nostro io diurno si difende, mentre la sessualità se ne fa interprete. Resa muta, (…), dalla "ripetizione", del suo esercizio reiterato persino a prescindere dal desiderio, la sessualità non è più in grado di farci conoscere l'altra parte di noi stessi. (…). I mistici erano erotici, mentre il nostro erotismo usato e abusato non è più in grado di raggiungere quelle vette. Qui alludo a uno stato che va al di là della coniugazione di sessualità e sentimento, (…), per superare la semplice animalità. Alludo a una trasfigurazione dell'animalità in un'estasi mistica e perciò stesso inesprimibile, perché accade in un luogo che le parole non riescono a raggiungere. Povere giovani, tragiche vite che inconsapevolmente oltrepassano quelle mitiche “colonne” inabissandosi per mani altrui o per le proprie, non riuscendo a sostenere la complessità del vivere disconoscendo quel “sentimento del pudore” che è capace, come non mai, a “difendere il proprio sé profondo dalla sfera pubblica".
E quindi questa festa orgiastica della sessualità ha bisogno di un po' di tempo perché si giunga a porsi la domanda: dopo l'orgia che si fa? Si fa l'amore con gli animali? Già fatto. Con i vegetali? Pure. Con gli oggetti inanimati come gli attrezzi venduti nei sexy shop? Anche. Finché subentra la saturazione, la noia, mentre sottotraccia si avverte che si sta estinguendo il desiderio. Avviene così lentamente e senza cognizione alcuna il superamento di quelle “colonne” oltre le quali tante, tantissime giovani vite affondano nell’abisso. Senza colpa, senza consapevolezza. Ha scritto ancora il professor Galimberti:La potenza rivoluzionaria dell'eros è metterci in contatto col fondo enigmatico di noi stessi: ben oltre la trasgressione, l'esperienza dell'assoluto. La libertà sessuale è un dono dell'emancipazione femminile. E parlo di "dono", perché i grandi cambiamenti di costume e quindi di modi di vivere sono sempre opera delle donne, che quando emergono dalla "natura", nel cui recinto i maschi per secoli le hanno confinate, e fanno la loro apparizione nella "storia", fanno nascere una storia nuova. Che è scandalosa non per l'abbigliamento per i comportamenti, ma perché fa crollare un ordine collaudato e un modo di pensare (la donna come moglie e madre), di sentire (come oggetto del desiderio maschile), di relazionarsi (la "mia" donna, con tutta la prepotenza dell'aggettivo possessivo). La donna diventa soggetto della propria esistenza e al pari dell'uomo dispone della sua sessualità. È chiaro che ogni rivoluzione porta inevitabilmente con sé un eccesso. Anche un adolescente, quando sente di doversi emancipare dai genitori sbatte la porta, poi quando si sente emancipato riprende ad aprirla e chiuderla educatamente. Rispetto agli eccessi di una biografia, gli eccessi di un'emancipazione storica sono un po' più lunghi. (…). E siccome il desiderio è potenzialmente innovativo, per non dire, con Deleuze, "rivoluzionario", la sua estinzione a opera dell'eccesso e della pornografia che vi concorre è un ottimo servizio al potere, che come è noto, predilige gente quieta o almeno acquietata. (…). …nonostante il suo innegabile tripudio e la sua ostentazione senza limiti nel proliferare incontrollato di immagini sessuali sulle strade, sugli schermi, sulla carta stampata, la sessualità è estinta proprio in ciò che ha di potenzialmente sovversivo e creativo da dirci. Che non è nella trasgressione, nella perversione o nella devianza, ma nell'incontro con l'indicibile: con «ciò che non si riesce a dire» (Platone), con «ciò che non si può dire» perché abita l'inconscio (Freud) o, come vuole ancora Platone, con quel «fondo enigmatico e buio» che è l'altra parte di noi stessi, ossia la follia che segretamente ci abita e da cui il nostro io diurno si difende, mentre la sessualità se ne fa interprete. Resa muta, (…), dalla "ripetizione", del suo esercizio reiterato persino a prescindere dal desiderio, la sessualità non è più in grado di farci conoscere l'altra parte di noi stessi. (…). I mistici erano erotici, mentre il nostro erotismo usato e abusato non è più in grado di raggiungere quelle vette. Qui alludo a uno stato che va al di là della coniugazione di sessualità e sentimento, (…), per superare la semplice animalità. Alludo a una trasfigurazione dell'animalità in un'estasi mistica e perciò stesso inesprimibile, perché accade in un luogo che le parole non riescono a raggiungere. Povere giovani, tragiche vite che inconsapevolmente oltrepassano quelle mitiche “colonne” inabissandosi per mani altrui o per le proprie, non riuscendo a sostenere la complessità del vivere disconoscendo quel “sentimento del pudore” che è capace, come non mai, a “difendere il proprio sé profondo dalla sfera pubblica".
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