Da “Perché
lottare per la democrazia” di Pablo Iglesias – leader del movimento
spagnolo “Podemos” – tratto dal Suo volume “Democrazia
anno zero” (edizioni Alegre, 2015) riportato su “il Fatto Quotidiano” dell’8
di ottobre dell’anno 2015: Nel suo discorso alla Convenzione Nazionale
del 7 febbraio 1794, Maximilien Robespierre disse che “la democrazia è uno
Stato in cui il popolo sovrano, guidato da leggi frutto della sua opera, agisce
per conto proprio ogni volta che è possibile, e tramite i suoi delegati quando
non può agire da solo”. Più di 2000 anni prima gli ateniesi avevano unito i
termini demo (popolo) e kratos (potere), definendo un sistema politico diverso
dalla monarchia (il governo di uno solo) e dall’aristocrazia (il governo di
pochi). Per questo possiamo definire la democrazia il movimento che ha come obiettivo
quello di strappare il potere a chi se ne è impossessato (il monarca o le
élite) per distribuirlo al popolo, che è chiamato a esercitarlo in prima
persona o tramite suoi delegati. Quel movimento di socializzazione del potere è
parte dello spirito delle rivoluzioni moderne e della lotta per l’estensione
del suffragio universale (…). Va detto chiaramente: la lotta democratica è
sempre stata un processo di socializzazione del potere. I socialisti, nelle
loro diverse tradizioni, hanno assunto come nozione di Stato quella che lo
rappresenta come consiglio di amministrazione della classe economicamente
dominante (la minoranza) contro le classi subalterne (la maggioranza). Non c’è dubbio però che, nella maggior parte
dei casi,la cosiddetta dittatura del popolo rappresentato dal proletariato sia
diventata il governo di un partito e, infine, il governo delle élite di quel
partito, disposte a vendersi al miglior offerente come hanno dimostrato molti
burocrati dell’ex blocco sovietico,riciclatisi spesso come imprenditori di
successo o come leader dei processi di transizione ai sistemi ultraliberisti
(…). Chi ha in mano il potere, i loro intellettuali e la loro casta politica,
continuano a dire che la democrazia non è altro che un processo di selezione
delle élite che eserciteranno il controllo dell’amministrazione pubblica. Per
loro è sufficiente che si possa scegliere tra il partito A e il partito B per
avere una democrazia compiuta. Questa nozione di democrazia limitata e sotto
tutela dei potenti non è una novità, e hanno accettato lo stesso uso della
parola “democrazia” solo perché non avevano altra scelta (…). Limitare la
democrazia al diritto di votare diversi partiti, nonostante in termini storici
rappresenti un notevole avanzamento, è del tutto inaccettabile per noi che ci
definiamo democratici, e per questo dobbiamo rifiutarne questa nozione
minima. Il fatto che si possa votare è
importante ma non sufficiente. Per far sì che ci sia democrazia è necessario
che la maggioranza detenga il potere e che spariscano i privilegi della
minoranza. Se i privilegi si socializzano si trasformano nei diritti alla base
della libertà. Per questo chi attacca i diritti civili e i diritti sociali va
contro la democrazia (…). Dopo l’estensione del suffragio universale ottenuta dal
movimento operaio, la sconfitta del fascismo e le vittorie dei movimenti di
liberazione nazionale, la democrazia è diventata il concetto politico più
valorizzato.
Qualsiasi regime politico, indipendentemente dalle sue caratteristiche, qualsiasi partito politico, indipendentemente dalla sua ideologia, qualsiasi movimento sociale indipendentemente dai suoi scopi, rivendica di essere democratico. Ma la democrazia non è un significante vuoto, né un minimo comun denominatore della retorica di un qualunque attore politico, né tanto meno un insieme di procedimenti per la selezione delle élite. La democrazia può essere solo una caratteristica dell’organizzazione e della distribuzione del potere. Negli ultimi decenni si è prodotta una controrivoluzione che ha trasformato i sistemi democratico-liberali nella caricatura di sé. Il trasferimento di potere sovrano (…) dai cosiddetti Stati nazionali, che di fatto hanno in mano gran parte del potere, ha svuotato i poteri di quell’istituzione politica fondamentale in cui si supponeva risiedesse il controllo democratico: lo Stato. Per questo è decisivo rivendicare la democrazia come asse della lotta politica per coloro che aspirano a una società più giusta. (…).
Qualsiasi regime politico, indipendentemente dalle sue caratteristiche, qualsiasi partito politico, indipendentemente dalla sua ideologia, qualsiasi movimento sociale indipendentemente dai suoi scopi, rivendica di essere democratico. Ma la democrazia non è un significante vuoto, né un minimo comun denominatore della retorica di un qualunque attore politico, né tanto meno un insieme di procedimenti per la selezione delle élite. La democrazia può essere solo una caratteristica dell’organizzazione e della distribuzione del potere. Negli ultimi decenni si è prodotta una controrivoluzione che ha trasformato i sistemi democratico-liberali nella caricatura di sé. Il trasferimento di potere sovrano (…) dai cosiddetti Stati nazionali, che di fatto hanno in mano gran parte del potere, ha svuotato i poteri di quell’istituzione politica fondamentale in cui si supponeva risiedesse il controllo democratico: lo Stato. Per questo è decisivo rivendicare la democrazia come asse della lotta politica per coloro che aspirano a una società più giusta. (…).
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