"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 2 aprile 2025

Lastoriasiamonoi. 49 Stefano Ronchini: «L’Europa si arma. Il suo ventre gonfio di miliardi si apre e partorisce carri armati, droni, missili. L’Europa non ha più tempo per la cultura, per il welfare, per la lotta alla povertà. No».


La guerra iniziata il 24 Febbraio 2022 si protrae ormai da oltre tre anni causando sofferenze inenarrabili alle popolazioni coinvolte. La Nato e ì vertici dell'Unione europea non hanno fatto nulla (...). Al contrario hanno bandito ogni ipotesi dì negoziato e hanno alimentato il conflitto rifornendo l'Ucraina dì armi sempre più performanti, coltivando il mito di una vittoria militare impossibile da conseguire (...). La prospettiva che sì ponga fine alla guerra e sì giunga finalmente al cessate il fuoco, a seguito dell'apertura dì negoziati fra gli Stati Uniti e la Russia ha suscitato smarrimento nei vertici dell'Ue al punto che il Parlamento europeo nella sua Risoluzione del 12 marzo 2025 ha espresso "sgomento per quanto riguarda la politica dell'amministrazione statunitense dì riappacificarsi con la Russia". La risposta dell'Ue non è stata quella dì attivarsi per agevolare il percorso dì costruzione della pace, ma, al contrario, quella di prefigurare la continuazione della guerra con altri mezzi. Il Piano ReArm Europe (in seguito pudicamente rinominato Readiness 2030), proposto dalla presidente della Commissione, Ursula von der Layen, propone la mobilitazione di 800 miliardi di euro per consentire un riarmo straordinario dei Paesi europei(...). In questo quadro, il vertice dei "volenterosi" convocato a Parigi, con la partecipazione dei leader europei e del presidente ucraino Zelensky, è un malcelato tentativo di ostacolare il processo di pace. Si viene così delineando un progetto politico demenziale e nefasto per tutti ì popoli europei(...). Quella destinata al riarmo è una cifra enorme, sottratta alla sanità, all'educazione, alla difesa ambientale, alla lotta alla povertà (...). La sicurezza si difende costruendo rapporti pacifici fra le nazioni, attraverso il disarmo reciproco e concordato, non attraverso la corsa agli armamenti. Il processo di riarmo serve solo a identificare un nemico, ad attribuire alla Federazione russa il ruolo del nemico, dividendo l'Europa con una nuova drammatica cortina di ferro. Dobbiamo bloccare questo processo prima che divenga irreversibile. Per questo aderiamo alla manifestazione indetta dal Movimento 5 Stelle per il 5 aprile a Roma. Pino Arlacchi, Elena Basile, Piero Bevilacqua, Maria Luisa Boccia, Ginevra Bompiani, Alberto Bradanini, Giacomo Costa, Roberta De Monticelli, Monica Di Sisto, Domenico Gallo, Claudio Grassi, Raniero La Valle, Lea Melandri, Pasqualina Napoletano, Moni Ovadia, Ali Rashid, Francesco Sylos Labini, Linda Santilli, Vauro. (Appello riportato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, mercoledì 2 di aprile 2025).

“ReArm Europe: l’Europa si riarma e si prepara a un futuro di guerra mentre il suo popolo tace”, testo di Stefano Ronchini – cortesemente segnalatomi dall’amica carissima Agnese A. – pubblicato sul sito www.lacnews24.it del 24 di marzo 2025: L’Europa si arma. Il suo ventre gonfio di miliardi si apre e partorisce carri armati, droni, missili. L’Europa non ha più tempo per la cultura, per il welfare, per la lotta alla povertà. No. Ora ha solo tempo per la guerra. Ottocento miliardi di euro. Una cifra che potrebbe rifondare le scuole, risanare gli ospedali, dare case ai senzatetto. Una cifra che potrebbe ridurre la distanza tra i ricchi e i poveri, ricostruire le periferie, dare un futuro ai giovani. Ma quei soldi non andranno lì. Andranno ai mercanti di morte. Andranno nelle tasche della Germania e della Francia, che si travestono da paladine della libertà mentre riconvertono le loro industrie per produrre armi. L’Europa della pace, l’Europa della democrazia, oggi firma con inchiostro nero un assegno per la guerra. E lo fa nel modo più sporco e infame: senza discussione pubblica, senza un vero voto parlamentare, senza che la volontà popolare possa anche solo sfiorare questa decisione. Il piano ReArm Europe è stato approvato dai leader degli Stati membri con un tratto di penna. E noi? Noi popoli europei, cosa facciamo? Guardiamo. Come sempre. Guardiamo mentre ci vendono la guerra come necessità, mentre ci raccontano che non c’è alternativa. Guardiamo mentre le televisioni ripetono il verbo ufficiale, mentre i giornali tacciono o esultano. La Germania e la Francia hanno già fatto i conti: con questi 800 miliardi, le loro industrie si trasformeranno in fabbriche di guerra. Volkswagen potrebbe smettere di produrre automobili e iniziare a costruire carri armati, Bosch potrebbe riconvertire la sua manodopera per i sistemi d’arma. Il mercato dell’auto è in crisi? Poco male: il futuro è la guerra. E chi si oppone? Nessuno. In Italia, la nostra premier Giorgia Meloni anche se con qualche balbettio applaude. Il ministro dell’Economia rassicura. Non ci indebiteremo troppo, dice. Ma la verità è che spenderemo fino a 30 miliardi di euro l’anno per quattro anni. Trenta miliardi che non andranno ai giovani, ai lavoratori, ai precari. Andremo a chiedere soldi ai mercati, e i mercati ce li daranno, perché il debito per la guerra è un debito buono. Un debito che genera profitti. Chi vince? Non certo i popoli. Le industrie belliche brindano: le azioni di Rheinmetall, Thales, Leonardo, volano in borsa. I produttori di armi si sfregano le mani. L’Ucraina? La difesa dell’Europa? No, non gli interessa. A loro importa solo che i governi comprino e che le casse pubbliche si svuotino per riempire i magazzini di missili. E il popolo europeo? Il popolo tace. Come sempre. Il popolo lavora, consuma, tira avanti. Il popolo subisce. Ma se Francia e Germania saranno le regine del nuovo mercato della guerra, l’Italia sarà solo un vassallo. L’Italia, come sempre, è lì, ad accettare ogni ordine, a firmare ogni trattato, a pagare il conto senza battere ciglio. L’Italia si indebita, ma non per costruire asili o per aumentare i salari. No. Si indebita per comprare armi tedesche e francesi. La nostra industria? Marginale. Leonardo siglerà qualche accordo, qualche joint venture con i tedeschi, con i turchi, ma alla fine i padroni restano gli altri. I nostri operai lavoreranno per produrre morte, mentre in Germania e Francia si faranno i profitti veri. E così, ancora una volta, ci troveremo a essere la solita Italia: troppo servile per ribellarsi, troppo pavida per opporsi. Io mi chiedo: possibile che non ci sia più una Resistenza? Possibile che nessuno si indigni, che nessuno si sollevi, che nessuno gridi allo scandalo? Possibile che accettiamo tutto, come pecore, come servi fedeli del potere? L’Europa è nata sulle macerie della guerra. È nata nel sangue e nella fame. Ed è nata con una promessa: mai più. Mai più bombe, mai più eserciti in marcia, mai più milioni di morti per il profitto di pochi. Ma quella promessa è stata infranta. Oggi il capitalismo è diventato talmente cinico da non avere più nemmeno bisogno di fingere. Il messaggio è chiaro: vi indebiterete per comprare armi. Non per voi. Non per i vostri figli. Ma perché noi dobbiamo guadagnare. E noi? Noi cosa facciamo? Ci indigniamo? Protestiamo? No. Guardiamo. Come sempre. Guardiamo mentre la storia ci scivola addosso. Guardiamo mentre la politica ci svende. Guardiamo mentre l’Europa muore, e al suo posto nasce un nuovo mostro: l’Europa delle armi, del debito, della guerra. Ma un giorno, forse, qualcuno si sveglierà. Un giorno, forse, qualcuno capirà che non siamo destinati a essere sempre e solo spettatori. E allora, forse, ci sarà una nuova Resistenza. Ma quel giorno, sarà già troppo tardi.

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