Carolina ha quattordici anni e ha un problema, oltre ai tanti che comporta la complessa fragilità dell’adolescenza. Un problema grosso. Una sera di novembre, a Novara, è andata a una festa con amici e compagni di scuola e ha bevuto un po’ troppo. Non è abituata, così si sente male, va in bagno e sviene. C’è un gruppo di ragazzi, maschi, che la trova lì e ne approfitta per fare un video col cellulare, mimano rapporti sessuali, commentano pesantemente, brutte cose di cattivissimo gusto. Come spesso succede, il video finisce in rete, diventa virale e centinaia di migliaia di persone guardano Carolina protagonista incosciente e catatonica di quella situazione assurda. La cosa ancora più assurda, però, sono i commenti, è la tempesta di odio mediatico che le si scatena addosso da parte di amici, conoscenti, compagni di scuola, o totali sconosciuti che neanche sanno chi è ma si sfogano in rete insultandola pesantemente, sfigata, schifosa, sei una troia. Carolina ha quattordici anni nel 2013. Li avesse avuti in un altro momento, per esempio nel 1974, come me, forse le cose sarebbero state diverse. Il confronto lo avrebbe avuto nel cortile di una scuola, all’oratorio, per la strada, luoghi fisici e contenuti, contro avversari con cui guardarsi reciprocamente in faccia. Il suo mondo, invece, è quello impalpabile e infinito della rete, piena di anonimi odiatori da tastiera, un mondo che per una ragazzina ancora bambina come Carolina è totalizzante. Lì vive, lì c’è la sua reputazione, lì c’è lei, concretamente, e ci sono loro, i lupi, o meglio le iene, che attaccano dal buio. Così la notte tra il quattro e il cinque gennaio del 2013, è un venerdì, Carolina si collega nuovamente a tutto quell’odio che la sommerge dal computer della sua cameretta poi si scatta un selfie col cellulare, lo posta in rete, scrive una letterina di saluto e si butta già dalla finestra, schiantandosi nel cortile tre piani più sotto. Ora, di solito io, qui, racconto di omicidi, e questa vicenda, dal punto di vista giudiziario, ha altri nomi, stalking, per esempio, con conclusioni miti per ragazzi che erano tutti, comunque, ragazzini piccoli come Carolina, anche se quella volta lupi, o meglio, iene. Dal punto di vista morale, però, a me pare comunque un omicidio, anzi, un femminicidio, vero e proprio. Soprattutto a carico di tutti quegli anonimi adulti, sconosciuti e arrabbiati, come quello che dopo la morte di una bambina di quattordici anni posta finalmente è morta questa puttana. Omicidio. Femminicidio. Assassini. (Tratto da “In pasto alle iene” di Carlo Lucarelli, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 22 di novembre 2024).
“VitedaDonne”. 1“Non è per niente normale”, testo di Concita De Gregorio pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 9 di novembre 2024: (…). …è uscito uno studio del· la Fondazione Libellula sulla comprensione e l'esperienza di violenza di genere compiuto fra più di 1.500 giovani fra i 14 e i 19 anni. Mostra in modo chiarissimo l'abisso che separa quel che pensiamo noi, adulti, e quello che pensano loro. Certo non tutti ma questo campione, ecco, dice così. Quattro adolescenti su dieci non pensano che lo stalking, la persecuzione, sia una forma di violenza. Uno su quattro trova normale diventare violento se scopre un tradimento. Uno su quattro. La stessa percentuale pensa che la ragazza quando dice no intenda sì. Dire no è "una posa". Trovano che geolocalizzare sia normale. Sostengono che la gelosia sia una forma di interesse, qualcosa per cui la ragazza dovrebbe provare gratitudine. Quattro su dieci credono che pretendere la password dei social o controllare il telefono sia giusto. Costringere qualcuno ad avere rapporti sessuali è normale per il 14% dei ragazzi e per il 2% delle ragazze. Il 2 è poco, ma è ancora tanto. Che 2 sedicenni su 100 a domanda rispondano che va bene essere violentate perché è lui che decide è drammatico. Ma sono più del 40% quelle che pensano che essere controllate, dare il telefono, obbedire (come ti vesti con chi esci, questo si questo no) sia un gesto dovuto. Ispezionare i follower, i like: normale. Quindi. Di cosa parliamo quando parliamo di violenza, di maschilismo, di stalking, di cyberbullismo. Ci parliamo tra di noi, gli adulti. E nemmeno tutti, come abbiamo visto. C'è chi resta quindicenne anche a cinquanta. Ma loro, i ragazzi, da quale "agenzia di formazione" traggono i loro convincimenti. La famiglia, certo. La violenza in famiglia, l'esempio visto. I social, i video, la musica che ascoltano. Molti dicono, la trap. Non lo so. Non so se la musica descriva il mondo o lo determini. C'è un problema gande, però, questo lo so. Ma molto, molto grande. E non mi pare che siamo sulla strada di un'educazione all'affettività nelle scuole. Anzi, mi pare che la politica, di quello che pensano i ragazzi e di come agiscono, se ne freghi. Che tragedia.
“VitedaDonne”. 2“Geografia dell’orrore” di Massimo Giannini, pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 9 di novembre 2024: Forse mi sbaglio, ma da qualche settimana ho la sensazione che sulle nostre teste stia calando una cappa di piombo fatta di violenze spicciole ma piuttosto terrificanti, E al centro di questi fenomeni, purtroppo, ci sono sempre più spesso i ragazzi, in qualche caso adolescenti. E le vittime sono le donne. Sempre. A Bergamo, il diciannovenne Jashandeep Badhan massacra Sara Centelleghe, diciotto anni, con undici forbiciate in faccia, e già qui uno si ferma a pensare quale demone posso spingere un essere umano a colpire un altro in faccia, ripeto, in faccia, fino ad ammazzarlo. Agli inquirenti Badhan dice «non so perché l'ho fatto, non so che cosa mi abbia spinto»: chissà, poi magari lo capirà lui e racconterà a noi da dove sia nata questa furia che l'ha divorato. A Piacenza, un ragazzo quindicenne che chiameremo Luca butta dal balcone di casa la sua fidanzata Aurora, una ragazzina di 13 anni, e qui il copione, drammaticamente, è sempre lo stesso: pare fosse geloso, gelosissimo. Ma tu allora ti chiedi: a 15 anni Narciso lo ha già fagocitato, l'idea del possesso lo ha già imprigionato a tal punto da fargli considerare una coetanea come "oggetto" delle sue ossessioni? Tanto da distruggerlo? Leggo che tra gennaio e ottobre siamo già a oltre 90 femminicidi: 77 uccise in ambito familiare, 48 per mano dei mariti, dei partner o degli ex. Non scopro niente di nuovo, lo so bene. Mi colpisce però l'anagrafe. Non solo i più giovani, come ho raccontato finora. Il fatto nuovo è che stanno aumentando i femminicidi tra le età più avanzate: quest'anno circa una vittima su cinque è over 70. Sono donne uccise dai mariti dopo matrimoni lunghi 40 o 50 anni. (…). Storie che si trascinano, violenze casalinghe che si perpetuano, denunce che si ripetono, braccialetti elettronici che si sfasciano. Non cambia mai niente. Il sito dell'Osservatorio Femminicidi è un viaggio negli inferi, ma Valditara dovrebbe farlo studiare nelle scuole (…). Per spiegare, far capire alle ragazze e ai ragazzi. C'è persino una cartina dell'Italia, che non dice niente ma ti stupisce ugualmente. Segnala i femminicidi di quest'anno in base ai territori. Scopro che c'è anche una geografia dell'orrore, e che le uniche regioni dove gli uomini non hanno (ancora) ucciso le donne sono il Friuli-Venezia Giulia, l'Abruzzo, la Basilicata e la Calabria. Strano, no? Nei nostri pregiudizi farlocchi saremmo portati a pensare che al Sud le violenze fatali fossero molto più numerose. Pare invece che non sia così. Ma è inutile perdersi dietro ai sociologismi più triti e più ovvi: non significa niente. Niente significa niente, in questa mattanza senza fine di fronte alla quale sembriamo sempre più impotenti. Il problema vero è che ormai siamo anche sempre più indifferenti. Anche i femminicidi, come le morti sul lavoro, fanno parte del contesto o del palinsesto. Sentiamo i notiziari, leggiamo le cronache, e tutto sembra il solito "rumore bianco" di cui scriveva tanti anni fa Don DeLillo. Ne siamo scioccati, ma giusto per quel quarto d'ora che registra la nostra fisiologica quota di "permanenza" sulla notizia. Poi passiamo ad altro. Non ho idee, non ho proposte. Anzi, ne ho una: oltre a far studiare sui banchi l'Osservatorio Femminicidi, in classe farei vedere per un anno Parthenope di Paolo Sorrentino. Non ci diciamo sempre, per lo più a vanvera, che "la bellezza ci salverà"? Bene, quel film è pura bellezza. Forse no, ma mi piace pensare che guardarlo e riguardarlo, ascoltare le parole e indagarne i silenzi, magari serva a qualcosa. Aprire gli occhi, vedere. Come dice Luisa Ranieri nei panni di Greta Cool, una specie di Sophia Loren inacidita dal tempo che scorre e dalla gloria che svanisce: camminate a braccetto con l'orrore, e non lo sapete.
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