“Il duca di Arcore. Berlusconi? Fa più danni oggi di ieri”, intervista di Katia Ippaso al professor Franco Cordelli pubblicata sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 26 di luglio 2024: (…). Cordelli, che effetto le fa dover trafficare di nuovo con le sue parole vive mentre l'altro, il "nemico", non c'è più? «Berlusconi è scomparso non solo da questa vita ma anche dalla mia vita. Non ci penso mai. Non mi sfuggono però gli effetti che la sua presenza ha avuto sul nostro Paese. Anzi, oggi sono persino più imbarazzanti, perché più espliciti».
Si riferisce all'arte o alla politica? «A tutte e due. Per quanto riguarda l'arte, la cosa va avanti dall'Ottocento, ancor prima del modernismo. Diciamo che con l'impero televisivo ed editoriale di Berlusconi anche i prodotti artistici ormai si fanno in serie. Se fai parte della giuria di un premio devi leggere centinaia di libri. Ma come si fa a individuare quel romanzo che è arte e non merce? Più che la letteratura, però, è morta la critica».
Eppure, lei fa il critico teatrale da più di 50 anni. «Già, ma è stato un caso. Avrei anche potuto fare il critico cinematografico, e per lungo tempo ho scritto di letteratura. Sta di fatto che da ragazzo avevo deciso che non avrei lavorato. E così è stato».
Come andò? «Durante i primi anni d'università, lavoravo in una libreria che si trovava nel sottopassaggio tra piazzale Flaminio e piazza del Popolo. La maggiorparte del tempo la passavo al piano di sopra, dove c'era un enorme magazzino di libri che diventò presto la mia biblioteca. È lì che ricevetti una telefonata di Elio Pagliarani. Aveva letto i primi miei articoli sull'Avanti e mi propose di fare il suo vice come critico teatrale di Paese sera. Accettai e dentro di me pensai: ecco che il mio desiderio si avvera».
Vuol dire che scrivere non l'affatica? «Quando mi metto a scrivere sono velocissimo, però adesso mi affatica un po' tutto il ragionamento che precede la scrittura».
È vero che 20 anni fa, (…), ebbe dei guai giudiziari? «Sì, curiosamente non fu Berlusconi a farmi causa (gli ho sempre riconosciuto un certo umorismo), ma Previti, che nel libro è oggetto di un capitolo del tutto innocuo. Gli avvocati della Rizzoli presero in mano la situazione e vincemmo la causa. Ricordo anche che “Il duca di Mantova”, prima di essere pubblicato da Rizzoli, fu rifiutato da Einaudi, non ho mai saputo perché».
Come nasce l'identificazione tra il Cavaliere e il personaggio del Rigoletto? «Attraverso libere associazioni legate alla visione di uno spettacolo, Le roi s'amuse da Victor Hugo»,
Come vive il clima di "beatificazione" a cui i seguaci di Berlusconi si stanno alacremente dedicando?
«Trovo aberrante anche solo il fatto che si possa pensare di intitolare l'aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi. Riguardo all'annuncio del marchio editoriale Berlusconi che dovrebbe essere inaugurato con un libro di Tony Blair, questo ci dice molto su quello che è diventato il laburismo oggi».
Eppure, ilgiorno dopo l'elezione del laburista Keir Starmer a primo ministro, a Downing Street si cantava Bella ciao. «Bella ciao è diventata una canzone internazionale con il Covid. Pochi ricordano la sua origine partigiana. Ormai non distinguiamo più i contesti storici e le aree in cui gli eventi si manifestano».
Come ha letto il risultato del secondo turno delle elezioni in Francia? «Non c'è niente da fare: la Rivoluzione ce l'hanno nel sangue. Vedremo quali alleanze si delineeranno. Intanto, i francesi non hanno permesso che vincesse uno come Bardella che mi ricorda un ufficiale tedesco degli anni Venti e Trenta. Il fatto che Francia, Inghilterra e Spagna esprimano una sinistra forte mi dà parecchia soddisfazione, pensando soprattutto ai problemi che porrà a Giorgia Meloni».
Non le piace molto, vero, Giorgia Meloni? «Non mi piace come parla, non mi piace come si veste, non mi piace nulla della sua persona».
Lei parla della nascita di "uomini nuovi" mai visti prima. È una mutazione antropologica irreversibile? «Sono andato ai funerali di Nenni e di Berlinguer, e rimango emotivamente legato a quel tempo. Ma penso anche che il Pd di oggi stia cercando di limitare i danni, battendosi per i diritti civili».
«Sono un teologo, un catecumeno, e questa è la mia summa teologica»: cito dal romanzo. Che tipo di teologo è? «L'unica teologia che mi sono sempre concesso: la teologia della letteratura».
In vecchiaia, Eugène Ionesco scrisse un diario (La ricerca intermittente, Guanda) che è anche un dialogo con Dio. Vergognandosi di soffrire per gli attaccamenti alle cose terrene, dice a se stesso: “Se solo avessi la preghiera!”. Lei ci ha mai pensato? «Mentre Dio è una parola che non capisco, la parola preghiera credo di capirla. La più grande battaglia che ho combattuto nella vita, vincendola, è stata quella contro la mia vanità e la mia ambizione. Vogliamo chiamarla preghiera? Chiamiamola così».
Il duca di Mantova non è solo un "j'accuse", ma anche un romanzo sentimentale dedicato a una Roma che si spinge verso l'acqua e verso il cielo e che lei attraversa qualche volta in compagnia dei suoi amici. Sono sempre gli stessi? «Sì, sono sempre gli stessi. Negli anni, però si è aggiunto qualche amico più giovane».
«Nulla giustifica la vita se non la bontà e l'intelligenza». Si è attorniato di persone buone e intelligenti? «Intelligenti sì, buone non lo so. La bontà è una virtù francescana e non mi sembra che il nostro mondo ci porti a coltivare virtù francescane. Ci sono persone che con il tempo si rivelano buone, altre no. Ho più di un amico che si è rivelato pessimo, dirò di più, traditore. I giornali preferiscono raccontare di gesti efferati, ma qualche volta leggiamo anche di gesti umanitari come quelli compiuti da certe Ong. Quelle sono manifestazioni di bontà».
Quando scrisse Il Duca di Mantova aveva 59 anni. Nel frattempo, ne ha compiuti 81. Che cosa le rivela questa epoca della vita? «Fino a 70 anni non pensavo al tempo che mi restava da vivere. Oggi invece è un sentimento acuto. So che il mio tempo è limitato: non so se ho a disposizione dieci anni oppure un giorno. Ma questo non è un pensiero cattivo, anzi direi che è un pensiero buono. Naturalmente si spera di non soffrire».
Il cane Silvio esiste? «Mai avuto un cane. Gli animali mi sono simpatici, sia i cani che i gatti. Però vivo rigorosamente da solo».
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