“Una nuova resistenza”, testo di Enzo Bianchi pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, lunedì 20 di maggio 2024: Questi non sono tempi buoni, segnati da una convivenza che si nutra di fiducia reciproca, di speranza, dove la vita sociale sia contrassegnata dalla ricerca di legalità, giustizia, democrazia. Siamo testimoni di un involgarimento dei rapporti, di una rozzezza di chi detiene funzioni nelle istituzioni e della mediocrità che dilaga tra la gente. Non è un clima di leggerezza, ma di insostenibile pesantezza, deteriora la qualità della vita personale e sociale. A questa sonnolenza della responsabilità sociale sembra non sia possibile opporre uno sforzo educativo, una protesta. Si parla di resistenza, ma non si è capaci di una vera prassi di resistenza che necessita non solo di indignazione, ma di una insurrezione delle coscienze. L’involgarimento dilaga “nel popolo”, a tal punto da impedire che sia il soggetto della responsabilità. Ma solo la responsabilità può consentire il cammino verso la democrazia. Così “il popolo” può essere usato e la “volontà popolare” può preferire delegare tutto a un capo, a istituzioni autoritarie, nell’illusione di accedere all’ordine sociale che garantirebbe la prosperità. L’autentica qualità della vita sociale richiede invece il senso della responsabilità personale, un suo esercizio soggettivo che implica la vigilanza affinché siano affermate giustizia, legalità, eguaglianza. Ma da cosa nascono gli impedimenti alla responsabilità personale in una società nella quale la democrazia si fa debole? Innanzitutto dalla venerazione della tradizione e dal tentativo di ripristinarla. È il ricorso ai cosiddetti valori: Dio, patria, famiglia... Evocarli è un tentativo di far risorgere autoritarismi e l’ordine sociale che contraddistingue ogni fascismo. Dio non ha bisogno di essere invocato come reggitore del nostro vivere nella polis: questo riguarda noi umani e Dio resta silenzioso per lasciarci liberi nelle scelte. Noi cristiani non sentiamo la patria come una terra solo nostra, perché ogni terra per noi è patria e la nostra patria dovrebbe essere terra aperta a tutti senza muri, senza che si faccia del mare che la circonda un cimitero. Quanto alla famiglia, oggi sappiamo leggere anche le violenze di cui un tempo si nutriva e ne accogliamo la diversità, che non corrisponde più al modello patriarcale del passato. Dietro il culto e la nostalgia della tradizione c’è la grande paura della differenza, di chi non appare conforme al modello dominante: una paura che ha la pretesa di legittimare l’avversione e l’ostilità verso gli immigrati che dovrebbero essere ricacciati nelle loro terre di fame e di guerra. Verso gli islamici che si radunano per pregare e vorrebbero una moschea. Verso le persone con altro orientamento sessuale. Ciò che è altro, diverso, in nome della paura va escluso come va esclusa la possibilità di arrivare a un’Europa plurale, che sarebbe più capace di assicurare democrazia. Ecco perché è necessaria una nuova resistenza capace di risvegliare il popolo affinché non sogni un suo unico interprete al potere ma un’architettura sempre capace di accrescere la democrazia.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
lunedì 20 maggio 2024
Uominiedio. 48 Enzo Bianchi: «Dio non ha bisogno di essere invocato come reggitore del nostro vivere nella polis: questo riguarda noi umani».
(…), non so se i teologi mi perdoneranno per
la goffa intrusione, ma ci ho pensato bene e direi che, grosso modo, le ipotesi
sono due, e solo due. La prima: Dio esiste, e in quanto creatore e motore del
cosmo è un’entità infinitamente superiore alle nostre miserabili beghe. E
dunque, in virtù del proprio status, considera comica (se è di buon umore) o
blasfema (se è di cattivo umore) ogni parola umana che lo tira in ballo per
cause parziali e limitate come la Patria, la Nazione, gli interessi della
propria Chiesuola di riferimento, i Libri sacri che sono scritti dagli uomini e
non da lui – apocrifi nel cui nome ancora oggi ci si accoppa. Vedi Hamas e vedi
i coloni israeliani, gemelli diversi uniti dall’idea, demente, che sia Dio ad
averli armati, che sia Dio a ispirarli perché li predilige, e sempre Dio a
sostenerli nel progetto di reciproco annientamento. E vedi l’assurdo derby tra
i pope ortodossi di osservanza russa o ucraina, che inalberano la stessa
identica croce mentre i loro fedeli accoppano e vengono accoppati. Difficile
sapere se Dio disprezza oppure commisera i fanatici religiosi. Certo, li
considera i più distanti dalla Sua universalità. Niente di meno religioso e di
meno spirituale di un fanatico religioso. Non c’è tradimento di Dio più
evidente che proclamarsi suoi concessionari unici. Solo quando nessuno oserà
più parlare nel nome della Verità Rivelata, e tutti ci riconosceremo nel
medesimo dubbio e nelle stesse domande, solo allora, forse, potrà cominciare la
civiltà umana. Seconda ipotesi: Dio non esiste, e dunque chiunque costruisce
potere, tribalismo, guerra, persecuzione e odio nel suo nome, è un pazzo
pericoloso (se in buona fede) o un criminale (se in cattiva fede). Dio, nei
millenni, è stato l’alibi più abusato per giustificare sopraffazione, violenza,
invasione. Vuoi mettere dire “occupo la tua terra perché sono avido e
prepotente” oppure “occupo la tua terra per convertirti e salvarti l’anima”? Mi
pare di poter concludere così: in entrambe le ipotesi Dio non c’entra nulla, ma
proprio nulla con i lutti, le offese, le distruzioni e la stupidità di noi
scimmie terrestri. (Tratto da “Dio
non c’entra” di Michele Serra pubblicato sul settimanale “il Venerdì di
Repubblica” del 17 di maggio 2024).
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