Sopra. "Ratto d'Europa".
Dalle più parti – i familiari, gli amici più cari – mi si chiedono gli orientamenti elettorali miei per la tornata di voto europeo dell’8/9 di giugno prossima. Non ho avuto imbarazzo alcuno a specificare che il mio voto avrebbe premiato esclusivamente quella formazione politica che si sia dimostrata irremovibile nella sacrosanta avversione e condanna della guerra, avversione e condanna a qualsivoglia azione di guerra. È un discrimine irrinunciabile, stante la corsa agli armamenti che così diligentemente gli stati, e l’Europa soprattutto, hanno scelto come politica economica, incuranti dell’impoverimento sempre più marcato e palpabile che ha interessato larghissime fasce sociali europee e non europee ed indifferenti alle immani perdite umane delle guerre in corso, perdite umane che non necessitano di attenzioni alcune e delle considerazioni di chi è stato eletto a garanzia del bene comune. Da “L’Unione che vogliamo e quella che ci offrono”, testo di Peter Gomez pubblicato sullo stesso numero editoriale del periodico mensile “Millennium”: Tutti dicono che così la Ue non funziona. In Italia ogni candidato dice di volerla cambiare. Ma francamente noi non ci crediamo. Le apparenti buone intenzioni dei concorrenti nostrani alle prossime elezioni europee cozzano con i loro comportamenti, mentre quelle degli altri leader del vecchio continente fanno venire il batticuore. Da noi la marcia verso le urne di giugno si è aperta con una truffa quasi generalizzata ai danni degli elettori. I principali partiti scelgono come capilista parlamentari e/o ministri come la leader del Pd Elly Schlein e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Cioè gente che subito dopo i risultati elettorali rinuncerà al seggio in barba a chi ha scritto sulla scheda il loro nome. Come fidarsi di imbroglioni del genere? In Francia il presidente Emmanuel Macron spinge perché Mario Draghi prenda il posto di Ursula von der Leyen alla testa della commissione. Soluzione, che al di là di ogni libera considerazione sulle capacità dell'ex numero uno della Bee, lascia in bocca ai cittadini il solito amaro sapore d'impotenza: noi votiamo e loro se la cantano e se la suonano come vogliono. Ma non basta. Perché a contrastare i proclami di cambiamento c'è pure la realtà dell'istituzione: quella che, trattati alla mano, racconta come mutare il sistema di governo dell'Europa sia lungo e complicato. Anche perché non si capisce per quale motivo tutti i 27 Paesi dell'Unione debbano generosamente rinunciare al loro potere di veto sulle decisioni davvero importanti previsto dagli attuali accordi. Su un solo punto si va verso un'unità (quasi) totale: fare debito comune per acquistare armi. Emettere bond per missili e cannoni e non per investire in Stato sociale e sviluppo. È la certificazione del più grande fallimento europeo degli ultimi anni: la strategia utilizzata per contrastare l'aggressione russa all'Ucraina. Per mesi e mesi ci siamo sentiti ripetere da Bruxelles e da ogni Capitale che Kiev avrebbe certamente vinto, che Mosca avrebbe fatto i conti con la fame e la recessione a causa dell'embargo. L'Europa, al pari della Gran Bretagna e degli Usa, si è messa di traverso quando, quattro settimane dopo l'invasione, un accordo tra Zelensky e Putin era possibile e poi ha rinunciato a provarci ancora. Il brillante risultato delle nostre classi dirigenti è sotto gli occhi di tutti. Centinaia di migliaia di morti; l'autocrate moscovita a un passo dal conquistare molto più territorio di quanto non avrebbe avuto in mano dopo una trattativa (che ormai non è più disposto ad accettare); la Russia che grazie all'economia di guerra e ai nuovi acquirenti dei suoi idrocarburi vede il proprio Pil schizzare all'insù del 3 per cento, circa cinque volte in più del nostro. Complimenti! In questo clima non è difficile prevedere che, almeno in Italia, le elezioni di giugno registreranno il più grande tasso di astensione di sempre. E questo è un male perché in democrazia se davvero si vuole cambiare rotta l'unico timone in mano ai cittadini è la matita. Già, ma la Ue è davvero governata grazie a processi pienamente democratici? Noi che all'Europa (ma non a questa Europa) siamo affezionati e nella quale nonostante tutto ancora speriamo, siamo costretti a rispondere no. L'Europa per gli elettori è una sorta di fantasma. Qualcosa che c'è, ma i cui meccanismi restano coperti dalla nebbia. Non a caso. Otto Van Bismark, il cancelliere di ferro, diceva che la giustizia è come una salsiccia. Per apprezzarla è meglio non sapere come e con cosa viene fatta. Bene, oggi la nuova salsiccia è blu con tante stelle intorno. Solo che a Bruxelles gli aspiranti cuochi fanno a gara per bruciarla.
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