"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 26 marzo 2024

Strettamentepersonale. 32 La mia Pasqua vissuta in anticipo con Mustafa. Non può esserci una Pasqua più santa.


Ha scritto Enzo Bianchi in “Il rito della Pasqua” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di ieri, lunedì 25 di marzo 2024: (…). …la Settimana Santa con le sue “Passioni viventi” diventa addirittura un’occasione di forte richiamo turistico. Se si va nelle chiese dove si celebrano le liturgie che vogliono rendere partecipe il cristiano delle vicende della Passione e morte di Gesù si constata la presenza di poca gente. Certamente oggi la vita sembra trascorrere nei giorni della Settimana Santa, come negli ultimi giorni dell’anno, sotto un unico segno: l’acquisto e il dono delle colombe, l’equivalente del panettone di Natale. Ma per i cristiani vivere questi giorni in modo autentico significa dare la propria presenza in chiesa, alla propria comunità, per formare un unico corpo che celebra la Passione del Signore. Non è imitazione, né operazione dolorista, ma è contemplazione, esempio di fede, più profonda conoscenza di una vita offerta agli umani tanto amati: Gesù, che è vissuto amando, ha amato fino alla fine accettando la morte senza difendersi, solidale con tutte le vittime della storia, vittime dell’ingiustizia e della malvagità degli uomini loro fratelli. Ciò che la Pasqua di Gesù ci testimonia è il suo lasciarsi catturare senza opporre resistenza armata, è il suo silenzio eloquente di fronte al re Erode, che non meritava neppure una parola di Gesù, è il suo interrogatorio da parte del Sommo sacerdote. Gesù resta mite sempre, lontano da ogni tentazione di violenza. La sua non è resa, ma sottomissione compiuta liberamente. Fino all’ultimo, anche torturato e flagellato e infine crocifisso, Gesù vede i suoi aguzzini come gente che non sa quel che dice e quel che fa, e certo non è lui a concedere il perdono, ma chiede a Dio suo Padre di perdonarli. Quella di Gesù era una morte annunciata perché come profeta sapeva che il rifiuto fino all’eliminazione era ciò che lo attendeva tra i suoi, da parte dei suoi. Era il venerdì 7 aprile del 30, alle 3 del pomeriggio! Ma questa morte, ultimo esito di un cammino di mitezza e non violenza, di servizio e cura dei più deboli e poveri che incontrava, ultima tappa che lo vedeva annoverato tra i peccatori, “maledetto da Dio e dagli uomini”, e per questo appeso alla croce, era una morte che non poteva essere l’ultima parola su di lui. E dopo un giorno di aporia, un sabato santo di silenzio muto, vuoto, in cui non sono previste liturgie, ecco che Dio risolleva dai morti Gesù, vivente, in mezzo ai suoi. È il Kýrios, il Signore vivente, risorto! E qui esplode la festa.

Orbene, voglio parlarvi di Mustafa. Mustafa è un migrante giunto dal Suo Marocco nelle propaggini ultime delle ubertose contrade dei monti Nebrodi. Un migrante composto nella Sua infinita povertà, cortese come non lo sono più le generazioni dei luoghi che hanno accolto Mustafa. Mustafa ha trascorso tra di noi un sì lungo tempo tanto da essere conosciuto dai più. Ha eletto a Sua dimora una panchina metallica sistemata accanto ad un negozio di alimentari, per allontanarsene soltanto nella ricerca di un lavoro che sia. È su quella panchina che ho conosciuto Mustafa. Alla mia prima offerta di aiuto mi ha fatto richiesta di un panino farcito con fette di tacchino (giammai il maiale) e formaggio, il tutto accompagnato con la bibita Sua preferita, la “Fanta”. E fu così che io e Mustafa abbiamo stretto un rapporto di reciproca solidarietà accompagnata, sempre, dalla Sua continua compostezza e cortesia. Stamane Mustafa, al mio apparire, insolitamente mi ha apostrofato non già con la solita Sua richiesta gastronomica ma con un affettuosissimo “zio” per annunciarmi, poi, la decisione di riprendere il Suo destino di migrante tra i migranti della Terra. Alla mia sorpresa ha reagito chiedendomi non il solito Suo panino imbottito ma un aiuto affinché potesse acquistare un biglietto ferroviario. Con i Suoi occhi, che non potrò mai più dimenticare, mi ha salutato ancora con un “ciao zio”. È la mia Pasqua, vissuta in anticipo con Mustafa. Non può esserci una Pasqua più santa. Grazie, Mustafa, la fortuna ti accompagni.

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