"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 29 marzo 2024

Lavitadeglialtri. 30 Francesca Borri: «A Gaza tutto ha una storia. Proprio lì dove la Storia è sparita».

           Gaza. "Viale Omar al-Mukhtar", foto di Autore ignoto e data incerta.
 
UominieStorie”. “C’era una volta Gaza City” di Francesca Borri, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 22 di marzo 2024: Ramallah (Cisgiordania). Non appena Nasser arrivò al potere, promettendo socialismo e rivoluzione, Che Guevara andò al Cairo in cerca di consigli e ispirazione e poi, in treno, sigaro e basco in testa, a Gaza, dai leggendari guerriglieri palestinesi: ma non trovò nessuno. Finì a cena con le guardie del contingente Onu. E il mattino dopo ripartì. Era il 1959. E a Gaza City non si andava per la rivoluzione, ma per le grigliate in spiaggia. Oggi scrivi "Gaza" e, su Google, non hai che sangue e macerie. E di ogni bombardamento -un certo ospedale, un certo punto, un certo giorno - ti appaiono più foto, di anni diversi. Guerre diverse. Ma ci fu un tempo in cui Gaza era così bella che Marco Antonio la regalò a Cleopatra. Le regalò anche Jerico, in realtà, e anche un'oasi sul Mar Morto, e un po' di tutto. Per Plutarco Gaza era aromatophora, dispensatrice di profumi, perché era sulla via dell'Incenso. Ora è alla fame. E il confine è chiuso. Ma un tempo tutti transitavano da Gaza. E per tutti, era l'Atene dell'Asia, perché centro di filosofia, famosa per le vigne e per il vino. E non era poi così tanto tempo fa. Oggi l'alcol è proibito, ma ancora ieri, sotto il Mandato Britannico, l'economia si basava sull'orzo: peri produttori di birra inglesi. Ora che scaveranno per ricostruire, però, oltre ai mosaici bizantini riaffiorerà poco altro. Perché a Gaza la Storia è stata demolita come tutto il resto. I rigattieri non hanno niente. Né i musei. Un tappeto, un anello, una teiera. Niente. Non esistono più neppure i ricordi: svaniti insieme ai morti. Hai solo frammenti, diapositive di cui si sono perse le connessioni, i rapporti di causa effetto. I corsi e ricorsi. E pensi che i tunnel siano stati un'idea di Yahya Sinwar: invece sono lì da Alessandro Magno. Conquistata e riconquistata mille volte, Gaza è stata ottomana dal 1516, britannica dal 1917, egiziana dal 1948, e infine, dal 1967, israeliana. E a lungo, è stata solo Gaza City. A cambiare tutto è stato il 1948. Perché con la fondazione di Israele, agli 80 mila abitanti originari si sono sommati 200 mila rifugiati, e i rifugiati sono ancora il 66 per cento della popolazione: 1,7 milioni. La più alta concentrazione al mondo. Da allora, Gaza è diventata competenza di diplomatici, primi ministri, presidenti, generali, Ong e agenzie dell'Onu. Ha smesso di essere una città ed è diventata un problema. Se sbagli le storie, poi sbagli la storia. Dal 7 Ottobre, tanti hanno detto la loro, tranne uno: il sindaco. Gaza è così. Dici che ha un sindaco, e si meravigliano tutti. Il più amato, e il più emblematico, è stato Rashad al-Shawa, primo cittadino dal 1971. Era un imprenditore. E ovviamente la sua priorità erano gli otto campi profughi in cui era stipato un abitante ogni otto metri quadrati. Il sindaco cominciò da al-Shati, che è sul lungomare, e quindi era essenziale per la riqualificazione della città. Per i giornalisti è dove ha, o aveva casa, Ismail Haniyeh, il leader di Hamas. Per i palestinesi è dove ci sono le onde migliori per il surf - anche se Israele vieta l'importazione delle tavole, tocca ingegnarsi e riadattare di tutto, anche gli sportelli dei frigo. Rashad al-Shawa assegnò 250 metri quadrati di terra a chi avesse abbattuto la propria casa per costruirsene un'altra fuori da al-Shati. E affidò tutto a Eylon Meromi, il progettista israeliano dei grattacieli delle città costiere dell'Iran, e a Saad Mohaffel, un siriano che aveva studiato a Londra il modello Singapore. Ed è inutile dire che, chiamati poi a scegliere il tipo di casa, i palestinesi scelsero un misto tra le case tipiche arabe e quelle tipiche israeliane. Con il meglio di entrambe. Utile invece ricordare che l'Olp tentò di assassinare Rashad al-Shawa tre volte. Perché chiunque si dedichi a elettricità, acqua, strade, chiunque voglia migliorare la vita di ogni giorno, è accusato di collaborare con Israele, di normalizzare l'occupazione. Fiaccare la resistenza. Da sempre. Anche adesso. Soprattutto con i rifugiati: dovessero integrarsi altrove e non voler più tornare... L'Olp, però, fallì. E quindi, nel 1982, Rashad al-Shawa fu rimosso da Israele. Perché i pragmatici, qui, sono più pericolosi degli estremisti. Prima del 7 ottobre ad al-Shati si andava per il surf e per il pesce. Il limite di navigazione è di 15 miglia, poi I'Idf (l'esercito israeliano, ndr) ti spara. Il pesce non è più tanto, ma il ristorante al-Salam era un'istituzione, ed è finito anche sul Times of Israel. Ma non per i suoi gamberetti in umido, perché è di Moeen Abu Haseira, che ha un prozio rabbino. Un prozio ebreo. Cosa che considerava ordinaria, e non degna di nota. Diceva sempre: «Se sbagli le storie, poi sbagli la Storia». A fianco di al-Shati c'è Rimal, che è l'opposto. Rimal è il centro del centro di Gaza City. Ha, aveva, un'aria molto europea, all'italiana - anche se la via principale è intitolata a Omar al-Mukhtar, l'eroe della Libia, quello che guidò la rivolta contro l'invasione dell'Italia fascista. Fu qui che nel 1944 fu aperto il primo cinema, l'al-Samer. Che ora è, o era, una concessionaria d'auto. A Gaza erano tutti cinefili. Il cinema era così popolare che persino i Fratelli Musulmani furono fondati in un cinema, l'al-Amer: era il 1946, cinquant'anni dopo venne bruciato da Hamas e Adnan Abu Beed, il gestore, finì per vendere aglio per strada. Quelli erano gli anni in cui, nelle foto, Gaza sembra la Versilia. E infatti molte di quelle foto sono state distrutte dai palestinesi, non dalle guerre, perché sono foto di ragazze in minigonna, ragazze con whisky e sigaretta, ragazze che ballano, ragazze che dipingono all'Accademia d'arte. Gaza è sempre stata così internazionale che i suoi artigiani non sono specializzati né in ceramica né in vetro, come qui in Cisgiordania, ma in bambù, che viene da India e Cina. Il laboratorio dei Khalaf, il migliore, da generazioni, che fa arredamento, era magnifico. Sta, stava, dietro lo Shifa Hospital che ormai tutti conosciamo. E che è anche il simbolo di come non conosciamo proprio niente. Perché in arabo, shifa significa guarigione, e quindi è sinonimo di ospedale, e quindi non ha senso dire Shifa Hospital. Non è il nome dell'ospedale. La 7up adesso è su ebay. Anche la prima industria è stata internazionale. Americana. La 7Up. Gaza fu scelta per i suoi agrumi ma, soprattutto, perché era il 1961 e le lattine made in Israel sarebbero state boicottate dagli arabi. Poi, però, con gli Accordi di Oslo, si è capovolto tutto: e l'ostacolo non sono stati più gli arabi, ma Israele che, via via, ha sigillato le frontiere fino al blocco totale in vigore dal 2007, da quando Hamas è al potere, e l'anidride carbonica per le bollicine è stata inserita nelle liste dual-use: tutto quello che ha anche un potenziale uso militare è bandito. Alla fine la 7Up di Gaza ha chiuso, le sue lattine ora sono su eBay come rarità da collezionisti. Si fanno affari, su eBay. Nel 2013 Joudat Ghrab, un pescatore, si imbattè in una statua di bronzo di Apollo del V secolo prima di Cristo. L'aveva scambiata per un cadavere, cosa comune da queste parti, poi trascinatala a riva, la regalò a sua madre, che non fu entusiasta di avere un uomo nudo in soggiorno e provò a venderla per 500 mila dollari. Specificando: spedizione a carico del destinatario. La principale agenzia di viaggi di Gaza City si era riconvertita in agenzia di visti. Perché i palestinesi sono esenti dai visti solo in undici Paesi nel mondo. Tipo Eswatini, e la Micronesia. E le Isole Cook. In questo momento attraversare il valico di Rafah costa fra i 5 e i 10 mila dollari. E dai tunnel entrano le armi, sì, ancora: ma anche tutto il resto. All'inizio Israele aveva calcolato le calorie minime indispensabili alla sopravvivenza, 2.279 a testa al giorno per la precisione e, a lungo, non ha autorizzato una briciola in più. Classificava come dual-use anche le matite, per via della grafite. E così, via via, attraverso i tunnel sono entrate a Gaza anche le tigri dello zoo (dopo che si era scoperto che le zebre non erano zebre ma asini verniciati a strisce). Hamas sognava i razzi dell'Iran, tutti gli altri McDonald's. Telefonavi a Khalil Efrangi, che adesso chissà dov'è, e in quattro ore ti arrivava il pollo fritto del KFC di el-Arish. Nel Sinai. L'avevano ribattezzato: The King. Il re. Il tempo delle fragole. Oggi scrivi "Gaza City" e, su Google, sono solo sangue e macerie perché su Google è descritta dagli altri, giornalisti, attivisti, ong, analisti. È su Google Maps che si descrive da sé. Basta cliccarci su e scopri che ha, aveva, anche uno di quei caffè con tutti i gatti in giro, il Meow, e un caffè che è lì dagli Ottomani, il Beit Sitti, ritrovo di intellettuali, e musicisti e artisti. Perché sì, Gaza City aveva anche intellettuali e musicisti e artisti, una rock band, un centro yoga, e la Pizzeria Italiano e la granita, anche se si chiama barrad ed è color giallo semaforo - meglio non indagare troppo sugli ingredienti. Ha, o aveva, anche un ristorante sull'acqua, il Oalaa, e un campionato di calcio, e parchi e palestre. E al Capital Mall c'è, o c'era, anche la PlayStation 5 - sempre la stessa, costa 849 dollari e nessuno può permettersela. Andavi in spiaggia, la sera, e trovavi questi ragazzini che guardavano l'orizzonte e ti dicevano: «Chissà com'è il mondo di là dal mare. Ti dicevano: Ho undici anni e tre guerre». Il Capital Mall è riconducibile ai Dughmush. Altrimenti detti: i Soprano di Gaza. Perché Gaza ha un governo, e ha cinque città, con cinque governatorati, Jabalia, Gaza City, Deir al-Balah, Khan Younis, Rafah. E ha Hamas e Fatah. Ma poi, è suddivisa in 41 distretti. E ognuno ha un comitato popolare responsabile di mediare dispute e controversie, e risolvere tutto con un compromesso. Senza l'intervento di giudici e polizia. È il regno delle hamula, che in genere viene tradotto dall'arabo con tribù, ma è più esatto dire clan. Domandavi ai palestinesi cosa rappresenta più Gaza, e ti tiravano fuori la patente. Per rinnovarla, pagavi così tanto, diciamo, in mance, che ti costava meno ripetere l'esame di guida a Ramallah. A Gaza tutto ha un significato. La patente o, per esempio, le fragole. Che erano ovunque. Tutto il Nord era piantato a fragole. Ed è un po' un controsenso, in un ambiente di palme e sabbia, richiedono molta acqua e molta manodopera. È stato Israele a incentivarle, spesso non hai alternativa, non hai altri semi: via via hanno sostituito le arance, rivali delle arance di Jaffa. A Gaza tutto ha una storia. Proprio lì dove la Storia è sparita. L'unico archivio era quello di Kegham Djeghalian, che nel 1944 aprì il primo studio fotografico di Gaza City. Era un rifugiato, ma un rifugiato del genocidio armeno, e dopo che nel 1967 la sua famiglia si ri-rifugiò al Cairo, restò solo. Gli subentrò il suo fido assistente MarwanTarazi. Che però ora è sotto le macerie. Insieme a molte foto di queste pagine. Non è rimasto più niente.

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