“UominieStorie”. “C’era una volta Gaza City” di Francesca Borri, pubblicato sul
settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 22 di marzo 2024: Ramallah
(Cisgiordania). Non appena Nasser arrivò al potere, promettendo socialismo e rivoluzione,
Che Guevara andò al Cairo in cerca di consigli e ispirazione e poi, in treno, sigaro
e basco in testa, a Gaza, dai leggendari guerriglieri palestinesi: ma non trovò
nessuno. Finì a cena con le guardie del contingente Onu. E il mattino dopo
ripartì. Era il 1959. E a Gaza City non si andava per la rivoluzione, ma per le
grigliate in spiaggia. Oggi scrivi "Gaza" e, su Google, non hai che
sangue e macerie. E di ogni bombardamento -un certo ospedale, un certo punto,
un certo giorno - ti appaiono più foto, di anni diversi. Guerre diverse. Ma ci
fu un tempo in cui Gaza era così bella che Marco Antonio la regalò a Cleopatra.
Le regalò anche Jerico, in realtà, e anche un'oasi sul Mar Morto, e un po' di
tutto. Per Plutarco Gaza era aromatophora, dispensatrice di profumi, perché era
sulla via dell'Incenso. Ora è alla fame. E il confine è chiuso. Ma un tempo
tutti transitavano da Gaza. E per tutti, era l'Atene dell'Asia, perché centro
di filosofia, famosa per le vigne e per il vino. E non era poi così tanto tempo
fa. Oggi l'alcol è proibito, ma ancora ieri, sotto il Mandato Britannico,
l'economia si basava sull'orzo: peri produttori di birra inglesi. Ora che
scaveranno per ricostruire, però, oltre ai mosaici bizantini riaffiorerà poco
altro. Perché a Gaza la Storia è stata demolita come tutto il resto. I
rigattieri non hanno niente. Né i musei. Un tappeto, un anello, una teiera.
Niente. Non esistono più neppure i ricordi: svaniti insieme ai morti. Hai solo
frammenti, diapositive di cui si sono perse le connessioni, i rapporti di causa
effetto. I corsi e ricorsi. E pensi che i tunnel siano stati un'idea di Yahya
Sinwar: invece sono lì da Alessandro Magno. Conquistata e riconquistata mille
volte, Gaza è stata ottomana dal 1516, britannica dal 1917, egiziana dal 1948,
e infine, dal 1967, israeliana. E a lungo, è stata solo Gaza City. A cambiare
tutto è stato il 1948. Perché con la fondazione di Israele, agli 80 mila
abitanti originari si sono sommati 200 mila rifugiati, e i rifugiati sono
ancora il 66 per cento della popolazione: 1,7 milioni. La più alta concentrazione
al mondo. Da allora, Gaza è diventata competenza di diplomatici, primi
ministri, presidenti, generali, Ong e agenzie dell'Onu. Ha smesso di essere una
città ed è diventata un problema. Se sbagli le storie, poi sbagli la storia.
Dal 7 Ottobre, tanti hanno detto la loro, tranne uno: il sindaco. Gaza è così.
Dici che ha un sindaco, e si meravigliano tutti. Il più amato, e il più
emblematico, è stato Rashad al-Shawa, primo cittadino dal 1971. Era un
imprenditore. E ovviamente la sua priorità erano gli otto campi profughi in cui
era stipato un abitante ogni otto metri quadrati. Il sindaco cominciò da
al-Shati, che è sul lungomare, e quindi era essenziale per la riqualificazione
della città. Per i giornalisti è dove ha, o aveva casa, Ismail Haniyeh, il
leader di Hamas. Per i palestinesi è dove ci sono le onde migliori per il surf
- anche se Israele vieta l'importazione delle tavole, tocca ingegnarsi e
riadattare di tutto, anche gli sportelli dei frigo. Rashad al-Shawa assegnò 250
metri quadrati di terra a chi avesse abbattuto la propria casa per costruirsene
un'altra fuori da al-Shati. E affidò tutto a Eylon Meromi, il progettista
israeliano dei grattacieli delle città costiere dell'Iran, e a Saad Mohaffel,
un siriano che aveva studiato a Londra il modello Singapore. Ed è inutile dire
che, chiamati poi a scegliere il tipo di casa, i palestinesi scelsero un misto
tra le case tipiche arabe e quelle tipiche israeliane. Con il meglio di
entrambe. Utile invece ricordare che l'Olp tentò di assassinare Rashad al-Shawa
tre volte. Perché chiunque si dedichi a elettricità, acqua, strade, chiunque
voglia migliorare la vita di ogni giorno, è accusato di collaborare con
Israele, di normalizzare l'occupazione. Fiaccare la resistenza. Da sempre.
Anche adesso. Soprattutto con i rifugiati: dovessero integrarsi altrove e non
voler più tornare... L'Olp, però, fallì. E quindi, nel 1982, Rashad al-Shawa fu
rimosso da Israele. Perché i pragmatici, qui, sono più pericolosi degli
estremisti. Prima del 7 ottobre ad al-Shati si andava per il surf e per il
pesce. Il limite di navigazione è di 15 miglia, poi I'Idf (l'esercito
israeliano, ndr) ti spara. Il pesce non è più tanto, ma il ristorante al-Salam
era un'istituzione, ed è finito anche sul Times of Israel. Ma non per i suoi
gamberetti in umido, perché è di Moeen Abu Haseira, che ha un prozio rabbino.
Un prozio ebreo. Cosa che considerava ordinaria, e non degna di nota. Diceva
sempre: «Se sbagli le storie, poi sbagli la Storia». A fianco di al-Shati c'è
Rimal, che è l'opposto. Rimal è il centro del centro di Gaza City. Ha, aveva,
un'aria molto europea, all'italiana - anche se la via principale è intitolata a
Omar al-Mukhtar, l'eroe della Libia, quello che guidò la rivolta contro
l'invasione dell'Italia fascista. Fu qui che nel 1944 fu aperto il primo
cinema, l'al-Samer. Che ora è, o era, una concessionaria d'auto. A Gaza erano
tutti cinefili. Il cinema era così popolare che persino i Fratelli Musulmani
furono fondati in un cinema, l'al-Amer: era il 1946, cinquant'anni dopo venne
bruciato da Hamas e Adnan Abu Beed, il gestore, finì per vendere aglio per
strada. Quelli erano gli anni in cui, nelle foto, Gaza sembra la Versilia. E
infatti molte di quelle foto sono state distrutte dai palestinesi, non dalle
guerre, perché sono foto di ragazze in minigonna, ragazze con whisky e
sigaretta, ragazze che ballano, ragazze che dipingono all'Accademia d'arte.
Gaza è sempre stata così internazionale che i suoi artigiani non sono
specializzati né in ceramica né in vetro, come qui in Cisgiordania, ma in
bambù, che viene da India e Cina. Il laboratorio dei Khalaf, il migliore, da
generazioni, che fa arredamento, era magnifico. Sta, stava, dietro lo Shifa
Hospital che ormai tutti conosciamo. E che è anche il simbolo di come non
conosciamo proprio niente. Perché in arabo, shifa significa guarigione, e
quindi è sinonimo di ospedale, e quindi non ha senso dire Shifa Hospital. Non è
il nome dell'ospedale. La 7up adesso è su ebay. Anche la prima industria è
stata internazionale. Americana. La 7Up. Gaza fu scelta per i suoi agrumi ma,
soprattutto, perché era il 1961 e le lattine made in Israel sarebbero state
boicottate dagli arabi. Poi, però, con gli Accordi di Oslo, si è capovolto
tutto: e l'ostacolo non sono stati più gli arabi, ma Israele che, via via, ha sigillato
le frontiere fino al blocco totale in vigore dal 2007, da quando Hamas è al
potere, e l'anidride carbonica per le bollicine è stata inserita nelle liste
dual-use: tutto quello che ha anche un potenziale uso militare è bandito. Alla
fine la 7Up di Gaza ha chiuso, le sue lattine ora sono su eBay come rarità da
collezionisti. Si fanno affari, su eBay. Nel 2013 Joudat Ghrab, un pescatore,
si imbattè in una statua di bronzo di Apollo del V secolo prima di Cristo.
L'aveva scambiata per un cadavere, cosa comune da queste parti, poi
trascinatala a riva, la regalò a sua madre, che non fu entusiasta di avere un
uomo nudo in soggiorno e provò a venderla per 500 mila dollari. Specificando:
spedizione a carico del destinatario. La principale agenzia di viaggi di Gaza
City si era riconvertita in agenzia di visti. Perché i palestinesi sono esenti
dai visti solo in undici Paesi nel mondo. Tipo Eswatini, e la Micronesia. E le
Isole Cook. In questo momento attraversare il valico di Rafah costa fra i 5 e i
10 mila dollari. E dai tunnel entrano le armi, sì, ancora: ma anche tutto il
resto. All'inizio Israele aveva calcolato le calorie minime indispensabili alla
sopravvivenza, 2.279 a testa al giorno per la precisione e, a lungo, non ha
autorizzato una briciola in più. Classificava come dual-use anche le matite,
per via della grafite. E così, via via, attraverso i tunnel sono entrate a Gaza
anche le tigri dello zoo (dopo che si era scoperto che le zebre non erano zebre
ma asini verniciati a strisce). Hamas sognava i razzi dell'Iran, tutti gli
altri McDonald's. Telefonavi a Khalil Efrangi, che adesso chissà dov'è, e in
quattro ore ti arrivava il pollo fritto del KFC di el-Arish. Nel Sinai.
L'avevano ribattezzato: The King. Il re. Il tempo delle fragole. Oggi scrivi
"Gaza City" e, su Google, sono solo sangue e macerie perché su Google
è descritta dagli altri, giornalisti, attivisti, ong, analisti. È su Google
Maps che si descrive da sé. Basta cliccarci su e scopri che ha, aveva, anche
uno di quei caffè con tutti i gatti in giro, il Meow, e un caffè che è lì dagli
Ottomani, il Beit Sitti, ritrovo di intellettuali, e musicisti e artisti.
Perché sì, Gaza City aveva anche intellettuali e musicisti e artisti, una rock
band, un centro yoga, e la Pizzeria Italiano e la granita, anche se si chiama
barrad ed è color giallo semaforo - meglio non indagare troppo sugli
ingredienti. Ha, o aveva, anche un ristorante sull'acqua, il Oalaa, e un
campionato di calcio, e parchi e palestre. E al Capital Mall c'è, o c'era,
anche la PlayStation 5 - sempre la stessa, costa 849 dollari e nessuno può
permettersela. Andavi in spiaggia, la sera, e trovavi questi ragazzini che
guardavano l'orizzonte e ti dicevano: «Chissà com'è il mondo di là dal mare. Ti
dicevano: Ho undici anni e tre guerre». Il Capital Mall è riconducibile ai
Dughmush. Altrimenti detti: i Soprano di Gaza. Perché Gaza ha un governo, e ha
cinque città, con cinque governatorati, Jabalia, Gaza City, Deir al-Balah, Khan
Younis, Rafah. E ha Hamas e Fatah. Ma poi, è suddivisa in 41 distretti. E ognuno
ha un comitato popolare responsabile di mediare dispute e controversie, e
risolvere tutto con un compromesso. Senza l'intervento di giudici e polizia. È
il regno delle hamula, che in genere viene tradotto dall'arabo con tribù, ma è
più esatto dire clan. Domandavi ai palestinesi cosa rappresenta più Gaza, e ti
tiravano fuori la patente. Per rinnovarla, pagavi così tanto, diciamo, in
mance, che ti costava meno ripetere l'esame di guida a Ramallah. A Gaza tutto
ha un significato. La patente o, per esempio, le fragole. Che erano ovunque.
Tutto il Nord era piantato a fragole. Ed è un po' un controsenso, in un
ambiente di palme e sabbia, richiedono molta acqua e molta manodopera. È stato
Israele a incentivarle, spesso non hai alternativa, non hai altri semi: via via
hanno sostituito le arance, rivali delle arance di Jaffa. A Gaza tutto ha una storia. Proprio lì dove la Storia è
sparita. L'unico archivio era quello di Kegham Djeghalian, che nel 1944
aprì il primo studio fotografico di Gaza City. Era un rifugiato, ma un
rifugiato del genocidio armeno, e dopo che nel 1967 la sua famiglia si
ri-rifugiò al Cairo, restò solo. Gli subentrò il suo fido assistente
MarwanTarazi. Che però ora è sotto le macerie. Insieme a molte foto di queste
pagine. Non è rimasto più niente.
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