"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 7 settembre 2023

MadreTerra. 17 Elena Stancanelli: «Adattamento, collaborazione, vulnerabilità sono le parole giuste per immaginare il futuro, per quella scuola che dovrebbe insegnarci ad avere cura gli uni degli altri».


«(…). Le mammifere marine, (…), "sono creature queer, indomite, protettive, complesse, forgiate dal conflitto e in lotta per la sopravvivenza in un contesto estrattivo e militarizzato che la nostra specie ha imposto a sé stessa e all'oceano" (…). Secondo Alexis Pauline Gumbs, tutte le persone coinvolte nel "middle passage", cioè il tentativo di attraversare il mare per mettersi in salvo, ammassati nel ventre delle barche, se pure non annegano non dimenticano che "il loro respiro non li ha resi singoli sopravvissuti. Ha creato un contesto. Il contesto dell'inannegamento. Respirare in circostanze irrespirabili è quello che facciamo ogni giorno nella morsa soffocante dell'abilismo patriarcale e razzializzante del capitalismo". Uomini e donne piegati, con una piegatura pelvica e spinale dovuta alla necessità di sostenere ciò che non avrebbero mai dovuto sostenere. Creature costrette a respirare dove non è più possibile respirare, in affanno. Con un destino che somiglia a quello della Hydrodamalis gigas, che viveva nel mare di Bering e pesava ventitré tonnellate. Scoperta da uno zoologo tedesco si estinse dopo ventisette anni, assassinata dalle spedizioni europee a caccia di manto e pelle di foca. (…). O il delfino che si trova solo sulle coste di Aotearoa e che i maori a volte chiamano tùpoupou. Che significa anche sollevarsi, contorcersi, essere gravemente malati. E che col suo contorcersi, secondo i maori, misura il tempo. Il respiro delle balene è cruciale per il nostro stesso respiro e per il ciclo del carbonio del pianeta quanto le foreste della terraferma. Se le balene, (…) tornassero ai numeri precedenti alla caccia commerciale, "il loro gigantesco respiro immagazzinerebbe tanto carbonio quanto 110.000 ettari di foresta, ossia di una foresta delle dimensioni del Rocky Mountain National Park". Cosa ci insegnano dunque le mammifere marine? La cura. Non sarebbe magnifico, (…) se imparassimo da loro a scambiare l'immagine di famiglia con la pratica della formazione, "un'unità di cura in cui impariamo e rimpariamo a onorarci reciprocamente, ad andare in profondità, ad alternarci, a ritrovare ogni volta la luce che ci dà forza". Adattamento, collaborazione, vulnerabilità sono le parole giuste per immaginare il futuro, per quella scuola che dovrebbe insegnarci ad avere cura gli uni degli altri. Come le mante che non hanno estremità per pungere né denti affilati e si nutrono filtrando. Respirano plancton. Si riuniscono in cerchio e sbattono le loro acquose ali per raccogliere il maggior quantitativo possibile di plancton e mangiano a turno, mentre il resto del cerchio circoscrive lo spazio. "Quanto vorrei poter essere così coordinata da saper tenere la bocca chiusa mentre con la danza muovo preziose risorse nella tua direzione, verso il tuo cuore aperto. Voglio dedicarmi alle braccia spalancate, i visi vulnerabili, a rimanere nel cerchio con te, paziente nella pratica. E ciò che in me era affilato diventa la mia specificità, e quelle che erano spine diventano ali"». (Tratto da “Le spine diventano ali” di Elena Stancanelli, pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 2 di settembre ultimo. Le citazioni riportate nel testo sono state riprese dall’Autrice dal volume “Undrowned” – edito da Timeo - di Alexis Pauline Gumbs).

«Il racconto dell’energia nello sviluppo della società ha tre protagonisti: il Sole, la Terra e l’atmosfera. Ha anche un titolo: “Tre volte 10.000” ma il finale è aperto”, straordinario testo di Roberto Battiston – fisico sperimentale, docente presso l’Università di Trento, già Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana – riportato sul terzo numero dell’anno del periodico “Green&Blue”  in uscita oggi, 7 di settembre 2023: C’era una volta una stella. Questa è una storia. Come tutte le storie che si rispettano vi sono dei protagonisti, in questo caso tre, e un titolo: "Tre volte diecimila". Ha anche un finale che però è ancora aperto e che dobbiamo scrivere tutti assieme. C'era una volta una stella chiamata Sole, una piccola nana gialla di tipo G2 nata 4,6 miliardi di anni fa; con una temperatura superficiale di quasi seimila gradi e un raggio di circa 700.000 km e una massa che corrisponde a ben il 99,86% del sistema di pianeti e asteroidi che gli girano attorno. La nostra stella è fatta per il 73% di idrogeno, 25% di elio e tracce di altri elementi e funziona sulla base della fusione nucleare. In sintesi: la più grande e affidabile centrale a fusione che abbiamo nelle vicinanze, posta ad una rispettosa distanza di sicurezza di 150 milioni di km, che durerà almeno altri 10 miliardi di anni, senza alcuna manutenzione. Il secondo personaggio è la Terra, un piccolo pianeta roccioso di 6,400 km di raggio. Nata praticamente assieme al Sole, oggi la Terra ha una temperatura media superficiale di circa 15 gradì. È un pianeta pieno d'acqua e le sue condizioni climatiche dipendono dall'equilibrio che raggiunge riemettendo verso lo spazio l'enorme quantità di energia inviata senza sosta dal Sole, circa 1.4 kW per metro quadro, altrimenti il pianeta si riscalda. La Terra ha anche una caratteristica saliente: è l'unico pianeta noto che ospita esseri viventi, inclusa la nostra specie. A differenza del Sole, però, la Terra ha urgente bisogno di manutenzione, perché sta scaldandosi rispetto alla temperatura che ha avuto negli ultimi 10.000 anni, e una frazione sempre maggiore della sua superficie sta diventando inospitale per i suoi abitanti. Il terzo personaggio è l'Atmosfera, un miscuglio di gas che si estende per circa 100 km dalla superficie della Terra, essenziale per la vita che la respira e che protegge dalle radiazioni di alta energia che bombardano senza sosta il nostro pianeta. Nei miliardi di anni della sua esistenza, l'atmosfera è drasticamente cambiata: inizialmente dominata dalla C02, si è riempita lentamente di ossigeno e azoto, fino alla composizione odierna, in cui la C02, negli ultimi 10-11.000 anni è rimasta stabilmente poco sotto 3 parti per 10.000 fino a balzare repentinamente sopra 4 parti per 10.000 nell'ultimo secolo e mezzo. Questi sono i primi due 10.000 della nostra storia: la durata della stabilità climatica e il recente aumento della frazione di C02 nell'atmosfera. Quest' ultimo parametro è un elemento determinante per la temperatura ambientale. La C02 agisce da filtro per la componente infrarossa e tende a trattenere il calore riemesso dal nostro pianeta, il famoso "effetto serra": senza le 3 parti per 10.000 che hanno accompagnato l'umanità nel passaggio all'agricoltura e nello sviluppo di tutte le civiltà storiche, la Terra sarebbe oggi molto, molto più fredda. Viceversa, circa 500 milioni di anni fa, la C02 ha ripetutamente raggiunto valori anche di 20 volte più alti di quelli odierni. Corrispondentemente la temperatura ha raggiunto valori anche di 14 gradi più alti di oggi! Negli ultimi due secoli la C02 è cresciuta del 30%, e ha prodotto un aumento della temperatura del pianeta di 1,2 gradi: purtroppo le due crescite, quella della C02 e quella della temperatura, non mostrano al momento rallentamenti. Ma cosa è successo un paio di secoli fa? C'è una data simbolica nella nostra storia, il 25 aprile 1769, il giorno in cui fu costruita la prima macchina a vapore dal geniale inventore scozzese James C. Watt. La macchina di Watt permise di sostituire varie forme di energia, tra cui la forza umana e animale, con l'energia concentrata e soprattutto trasportabile prodotta dalla combustione del carbone, dando inizio a un processo moltiplicativo esplosivo: più macchine a vapore, più lavoro industriale, più consumo di carbone, maggiore produzione, più ricchezza. In altre parole, l'inizio della prima rivoluzione industriale. L'impiego del carbone, nei secoli precedenti, era limitato ad alcuni ambiti dove era necessario avere un grande concentrato di energia e raggiungere alte temperature, ad esempio nelle officine dei fabbri che lavoravano i metalli. Per le necessità domestiche prevaleva l'uso della legna, energia a buon mercato disponibile ovunque. Le fiabe del passato parlano dei taglialegna, non dei minatori, e questo non è un caso. Inoltre, due secoli fa nessuno si preoccupava per l'emissione della C02 associata alla combustione delle macchine a vapore. L'aria a Londra era irrespirabile a causa della fuliggine che usciva dai camini, non certo a causa della C02, gas neutro e inoffensivo, al punto che lo emettiamo nel nostro respiro e viene riassorbito dal respiro dalle piante. Il primo a rendersi conto del fatto che l'atmosfera poteva agire come il tetto di una serra fu il francese Fourier nel 1827, ma occorre aspettare lo svedese Arrhenius nel 1891 per mettere in evidenza per la prima volta il ruolo della C02 nel determinare la temperatura della Terra. Il dibattito che chiarisce definitivamente la questione avviene però alla fine del secolo scorso e solo alla conferenza COP21 a Parigi nel 2015 si assiste alla convergenza di tutti i governi del mondo sul fatto che l'aumento della temperatura è dovuto all'emissione dei gas serra prodotti dall' uomo, in primo luogo la C02. Chi lo avrebbe mai detto che una parte per 10.000 in più di C02 nell'atmosfera avrebbe causato un cambiamento climatico di portata globale con effetti percepibili nel corso di una sola generazione? Chi avrebbe potuto anticiparlo, considerato che la crescita dello sviluppo industriale, la crescita della popolazione e conseguentemente dei consumi di energia di origine fossile si è sviluppata nel corso di quasi due secoli, un battito di ciglia per il pianeta, un tempo lunghissimo per gli esseri umani? Onestamente nessuno che non avesse a disposizione gli strumenti del metodo scientifico avrebbe potuto prevedere una cosa del genere: la scienza però fornisce gli strumenti necessari per identificare per tempo fenomeni che altrimenti sfuggirebbero completamente all'intuizione più raffinata. Siamo arrivati ai giorni nostri, ma la storia non è finita. Siamo di fronte a una società complessa, formata da più di 8 miliardi di individui distribuiti in Paesi che hanno diversi livelli di sviluppo. Non era mai successo nella storia dell'umanità che il nostro pianeta avesse sostenuto una popolazione così numerosa: tutto questo è reso possibile dall'enorme uso di energia fossile, carbone, petrolio e gas, a disposizione dell'umanità. Dagli inizi dell'Ottocento i consumi di energia, e quindi la quantità di emissioni di gas serra, si sono moltiplicati di un fattore mille a fronte di una crescita di un fattore dieci della popolazione mondiale. In media, la quantità di energia a disposizione di ogni individuo è oggi circa 100 volte maggiore che all'inizio della rivoluzione industriale, con un evidente aumento, in media, del benessere individuale. Si tratta di un miglioramento enorme, rispetto al quale i Paesi più sviluppati e ricchi non hanno nessun ragionevole motivo per arretrare e i Paesi più poveri non hanno nessun ragionevole motivo per rinunciare a raggiungerlo. La pressione del cambiamento climatico, per quanto grande e catastrofica possa essere, non sarà sufficiente per cambiare in modo sostanziale e rapido questa situazione dominata da enormi interessi sociali, economici e, quindi, politici. Non saranno le buone intenzioni, né la saggezza scientifica, a cambiare il finale della nostra storia, e nemmeno la paura di eventi climatici estremi. Siamo tutti impregnati del benessere delle società contemporanee, è fuori questione che tutti assieme si possa rinunciare in tempi brevi e per un periodo di tempo non quantificabile, a una fetta significativa di questo benessere. A meno che... Ciò che vi sto raccontando, se non si era ancora capito, è di fatto la storia dell'energia, elemento onnipresente e fondamentale per il funzionamento della società umana. L'abbondanza o la scarsità di energia, il suo costo, la sua origine, definiscono le caratteristiche economiche di una società e la sua traiettoria nelle vicende della storia umana. Semplificando al massimo, l'energia è sempre stata essenziale, da quando l'uomo primitivo ha scoperto come usare il fuoco per scaldarsi e cuocere il cibo. Per tempi lunghissimi la principale forma di energia termica è venuta dal legno, elemento abbondante in buona parte del globo: non a caso il controllo del taglio degli alberi è stato per secoli "fondamentale strumento di governo delle società. Abbiamo visto che alla fine del diciottesimo secolo il carbone prende il sopravvento sul legno così come il petrolio inizierà il suo dominio dopo che, nella notte del 27 agosto 1859 a Titusville, in Texas, Edwin Drake riesce a farlo zampillare dal sottosuolo usando una speciale trivella incamiciata in un tubo di acciaio. Discorso analogo con il gas combustibile, oggi componente essenziale del mix energetico, trasportato da una parte all'altra del globo in gasdotti lunghi migliaia di chilometri. Tutte queste sorgenti energetiche hanno due caratteristiche in comune. Innanzitutto sono forme di energia accumulata dal Sole tramite processi biologici e chimico fisici, a partire dall'onnipresente fotosintesi clorofilliana delle piante. In secondo luogo costano "poco": si trovano sottoterra, scavando più o meno in profondità e si rivendono dopo processi industriali iper-ottimizzati, dimentichi del tempo, lunghissimo, che la natura ci ha messo per produrle e, soprattutto degli effetti, indesiderati, dovuti al loro utilizzo. Un litro di benzina, tolte le accise, costa come la Coca-cola, meno del latte: allo stesso tempo si stima che l'inquinamento dovuto all'uso di combustibili fossili, - inquinamento chimico di aria, acqua e terreno - sia la causa della morte di otto milioni di persone all'anno a livello mondiale. A questo effetto deleterio per la salute delle persone, dobbiamo aggiungere il costo, probabilmente incalcolabile, degli effetti dei mutamenti climatici. Sembrerebbe che siamo presi tra l'incudine ed il martello: una pressione economica insostenibile ci spinge verso l'uso intensissimo delle sorgenti fossili che allo stesso tempo sono causa di un pericolo crescente per la sopravvivenza della nostra specie. C'è solo un modo per uscire il più rapidamente possibile da questa situazione: trovare fonti di energia non fossile che costino meno di quelle su cui si basa l'economia attuale. Se si mette in moto l'economia le cose possono cambiare in modo molto rapido. La rivoluzione del WWW è avvenuta meno di vent'anni fa e ha cambiato il mondo, quella dell'Intelligenza Artificiale, - ChatGPT e le sue sorelle per capirci - sta avvenendo sotto i nostri occhi in tempi che si misurano in mesi. E qui sta la buona notizia. In dieci anni i costi delle sorgenti rinnovabili, solare e fotovoltaico in testa, seguito dall'eolico, sono crollati. Oggi un KWatt-ora di fotovoltaico costa tre volte meno del carbone e due volte in meno del gas industriale, per non parlare del nucleare che nel frattempo è salito del 30% e costa almeno cinque volte tanto. Chi investe in impianti industriali per produzione energetica lo sa e oggi investe nelle rinnovabili che stanno crescendo a ritmo esponenziale in tutto il mondo, quasi raddoppiando ogni anno che passa. Naturalmente questa transizione è complessa e non basta considerare il prezzo dell'energia prodotta da fonti rinnovabili. Occorre accumularla per garantire continuità giorno/notte. Occorre trasportarla nella forma di energia elettrica ridisegnando e potenziando il sistema di distribuzione. Ma il processo industriale è in corso: anche il costo delle batterie, trascinate dall'industria dell'auto elettrica, è crollato di quasi dieci volte nello stesso periodo. Nuove tecniche di accumulo termodinamico, meno impattanti a livello ambientale delle batterie al litio, sono in corso avanzato di sviluppo: alcune sono state ideate in Italia, come quella che appare la più promettente, EnergyDome, entrata da pochissimo in fase di produzione di grandi impianti di accumulo industriale da centinaia di MWatt-ora. Ed è qui che entra in gioco il terzo 10.000 del titolo della nostra storia. L'energia solare che investe la Terra corrisponde a una potenza 10.000 volte maggiore dei 17 Tera Watt che servono all'intera umanità (un TeraWatt sono un miliardo di KWatt). Ricordiamoci che la totalità dell'energia solare deve essere rapidamente re-irradiata verso lo spazio, altrimenti il Pianeta si scalda: intercettare e usare una piccolissima parte di questa energia trasportata da fotoni molto energetici, prima di rinviarla verso lo spazio alla temperatura della Terra, quindi sottoforma di molti più fotoni molto meno energetici è esattamente quello che dobbiamo fare. È quello che fanno le piante da miliardi di anni e che per la prima volta nella storia possiamo fare anche noi usando pannelli fotovoltaici e pale eoliche, grazie al recentissimo crollo dei costi (oltre, naturalmente, al ciclo della pioggia che produce l'energia idroelettrica). Stiamo muovendoci verso un mondo in cui anche la nostra specie userà per lo più l'energia primaria del Sole, gratuita e illimitata, come fa il resto della natura, e che oggi possiamo finalmente sfruttare con tecnologie industriali a costi convenienti. Con conseguenze incredibili dal punto di vista geopolitico, in quanto il Sole arriva dappertutto e l'energia può essere raccolta a livello locale: fine dei cartelli sul petrolio, fine della geopolitica imposta da oleodotti e gasdotti, con tutte le guerre che ciò si tira dietro. I Paesi che non hanno Sole, hanno il vento, a terra o sul mare. E tutto questo con una copertura limitatissima del territorio: pensate che in Italia, se volessimo generare tutta l'energia elettrica necessaria con il fotovoltaico servirebbero 600 km quadrati: solo di aree industriali dismesse e inutilizzate abbiamo 9000 km quadrati, quindici volte di più, la superfice dell'Umbria! Con i costi energetici che crollano, sarà possibile fare cose oggi impossibili per motivi di costo: produzione di idrogeno, dissalazione dell'acqua del mare, cattura della C02 dall'aria. Visioni di un sognatore? No, è semplicemente una prospettiva ragionevole a partire da quello che sta accadendo oggi nel mondo. Il lieto fine della storia è garantito? No. se rimaniamo ciechi e sordi. ancorati a visioni, ancorati a visioni già tramontate ma incombenti, legate agli interessi di chi la sua storia l’ha già scritta, traendone il massimo beneficio. Ma la storia che noi vogliamo scrivere ha un finale diverso.

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