Scrive Chiara Valerio in “Protezione”, pubblicato sul settimanale L’Espresso del primo di
settembre 2019: “Storditi dall’intrattenimento, siamo protetti. Ecco io penso che
l’unica difesa alla dittatura dell’intrattenimento – perché di questo si
tratta, dittatura – sia la lettura. Il lettore, come chi studia, è capace di, è
esercitato a, stare da solo. Chi sta da solo è politicamente complesso perché
appunto non deve essere intrattenuto, e non può essere la malta del cunicolo
dell’intrattenimento. Chi sa stare da solo si intrattiene da solo, con i propri
modi e i propri tempi, sfugge alla dittatura. L’intrattenimento di Stato, al
quale per esempio abbiamo assistito durante tutto il mese di agosto, è una
violenta forma di negazione del tempo, dunque di costrizione, dunque un altro
tassello della tana nella quale non si può fare altro che temere e morire”.
Sottratti come siamo ai “doveri” della lettura e dello “studio” è facile, facilissimo anzi, che i conducator riescano a piazzare le loro parole d’ordine. Che sono parole vuote, senza senso, a denuncia di menti disturbate. Ché solo “l’intrattenimento” – come denuncia Chiara Valerio - è il loro orizzonte morale ed intellettuale. È facile allora per il mestatore di turno immaginare un popolo a sua perfetta somiglianza. Come infinite “maschere bianche”. Tutte eguali, senza un soffio di soggettività nella esistenza resa piatta dagli invocatori dei “pieni poteri”. Immaginate quel popolo riempire le piazze, osannare il conducator autoinvestitosi – o quasi, come la Storia non disdegna d’insegnare - dei “pieni poteri”, invocarlo come uomo della “provvidenza”! L’immagine proposta per questo post, un popolo amorfo, una sola maschera uguale per tutti, sessanta milioni di esseri senza storia, è sempre stato il sogno di tutti coloro che accarezzano la presa del potere per il potere. Ha scritto Paolo Boccardelli - direttore della “Luiss Business School” ed ordinario di “Management e Strategie d’Impresa” della “Luiss Guido Carli” - in “Nelle mani di un algoritmo che decide al nostro posto” – pubblicato sul settimanale “A&F” del 2 di settembre che “è necessario, (…), nutrire la nostra società con l’abilità fondamentale per il nostro tempo: il pensiero critico. Il pensiero critico si alimenta con l’apprendimento continuo, vive di domande e non di risposte preconfezionate; è alleato del dubbio e non delle certezze di pochi; si arricchisce grazie alle opinioni degli esperti veri e non presunti, si basa su dati e analisi rigorose, realizzate con metodi scientifici e presentate in modo appropriato nelle sedi corrette. In definitiva, il pensiero critico si nutre della conoscenza approfondita e non della superficialità”. Ecco la “condanna” del nostro tempo: “la superficialità”. Che torna comoda ai piazzisti ed ai saltimbanco delle nostre piazze, piazze reali o solamente mediatiche. Ha scritto Michele Serra in “Prima regola: parla per te” del 9 di settembre, sul quotidiano le Repubblica: A proposito della violenza verbale massificata, l'idea che possa essere almeno un poco ridimensionata in seguito al mutato clima politico mi sembra una pia illusione. E però, siccome è pia, vale la pena farla nostra, e illuderci: Enea venne detto "pius" perché capace di pietas, ovvero di compassione e di rispetto. Ditemi se non ce n'è bisogno... Al primo posto, tra le violenze da estirpare, non metterei però le cattive parole, ma i cattivi concetti, specie quelli carichi di menzogna dai quali deriva poi ogni sopruso verbale, e ogni volgarità formale. Ce n'è soprattutto uno, di concetto violento, che negli ultimi anni è stato dilagante, e di speciale gravità. Una specie di "padre di tutte le falsità", nonché di tutte le prepotenze. È quando un leader politico afferma di parlare a nome degli italiani, o di agire per conto degli italiani, quando è ovvio per tutti, e dovrebbe esserlo anche per lui, che sta parlando e agendo solamente a nome dei suoi elettori. Legittimo rappresentante di una parte, quel leader che si autonomina portavoce di un popolo intero diventa un insopportabile sopraffattore, nonché un mentitore conclamato. Lo fa molto spesso il Salvini, e ogni volta che parla a nome "degli italiani" mi domando perché qualcuno non lo interrompa o lo metta a tacere, tanto insopportabile (e violenta, appunto) è la pretesa di sostituire una parte, che è la sua, al tutto, che è di tutti. Se ogni politico, non solamente il Salvini, premettesse che sta parlando a nome dei suoi elettori, pochi o tanti che siano, non certo dell'intera comunità, sarebbe un enorme passo avanti per ristabilire quel minimo di fair play, cioè di rispetto della verità e degli avversari, che ultimamente è andato in cocci. Scrive ancora Chiara Valerio in “Protezione”: C’è un racconto di Kafka intitolato “La tana” al centro del quale sta un topo che potrebbe essere un uomo giacché sia gli uomini che i topi pensano in termini architettonici e, se non pensano, agiscono. Il topo, il narratore, ha un’esigenza che è un’ossessione, proteggersi dai nemici e così, nel corso della sua intera vita costruisce cunicoli e vicoli ciechi all’interno dei quali è signore e padrone. Potrebbe esserlo a dirla tutta e vivere tranquillo, ma ciò non accade perché, nonostante i muri, a un certo punto comincia a sentire un suono e si convince che quel sibilo è il segno di un nemico, all’esterno, che vuole ucciderlo. Cosa può fare qualcuno diverso da noi se non uccidersi? Questo pensa l’uomo topo. La protezione infatti per essere completa, per essere legittima, ha bisogno di un confine e oltre il confine, di un nemico. Come funziona però la costruzione dei cunicoli protettivi quando non si è soli come il narratore di Kafka, ma si vive nel mondo e, nonostante si sia democraticamente eletti, si ha la sindrome del topo, della protezione e del nemico? Prendiamo Salvini che ha fatto delle parole protezione e paura le strisce della propria bandiera. Prendiamo Trump, che con le parole borders e security ha aggiunto due stelle alla bandiera americana. Quali sono i cunicoli necessari alla nostra protezione? Dico Papeete, dico televisione. Intrattenere prima che capire. Intrattenere, per evitare che ciascuno di noi rimanga solo a gestire il proprio tempo. Intrattenere, prima di tutto, perché la gestione del tempo porta pensiero e il pensiero conduce al rispetto del tempo degli altri. C’è qualcuno, anzi sono in tanti, tantissimi, che vorrebbero quel popolo lì, quello nascosto dietro maschere bianche, popolo uniforme, popolo stordito “dall’intrattenimento” più stupido, più becero che si possa immaginare. C’è qualcuno, anzi sono in tantissimi, che vorrebbero ridurci a “topi”. E tutto ciò và impedito, và ostacolato con la vigilanza e la “resistenza”.
Sottratti come siamo ai “doveri” della lettura e dello “studio” è facile, facilissimo anzi, che i conducator riescano a piazzare le loro parole d’ordine. Che sono parole vuote, senza senso, a denuncia di menti disturbate. Ché solo “l’intrattenimento” – come denuncia Chiara Valerio - è il loro orizzonte morale ed intellettuale. È facile allora per il mestatore di turno immaginare un popolo a sua perfetta somiglianza. Come infinite “maschere bianche”. Tutte eguali, senza un soffio di soggettività nella esistenza resa piatta dagli invocatori dei “pieni poteri”. Immaginate quel popolo riempire le piazze, osannare il conducator autoinvestitosi – o quasi, come la Storia non disdegna d’insegnare - dei “pieni poteri”, invocarlo come uomo della “provvidenza”! L’immagine proposta per questo post, un popolo amorfo, una sola maschera uguale per tutti, sessanta milioni di esseri senza storia, è sempre stato il sogno di tutti coloro che accarezzano la presa del potere per il potere. Ha scritto Paolo Boccardelli - direttore della “Luiss Business School” ed ordinario di “Management e Strategie d’Impresa” della “Luiss Guido Carli” - in “Nelle mani di un algoritmo che decide al nostro posto” – pubblicato sul settimanale “A&F” del 2 di settembre che “è necessario, (…), nutrire la nostra società con l’abilità fondamentale per il nostro tempo: il pensiero critico. Il pensiero critico si alimenta con l’apprendimento continuo, vive di domande e non di risposte preconfezionate; è alleato del dubbio e non delle certezze di pochi; si arricchisce grazie alle opinioni degli esperti veri e non presunti, si basa su dati e analisi rigorose, realizzate con metodi scientifici e presentate in modo appropriato nelle sedi corrette. In definitiva, il pensiero critico si nutre della conoscenza approfondita e non della superficialità”. Ecco la “condanna” del nostro tempo: “la superficialità”. Che torna comoda ai piazzisti ed ai saltimbanco delle nostre piazze, piazze reali o solamente mediatiche. Ha scritto Michele Serra in “Prima regola: parla per te” del 9 di settembre, sul quotidiano le Repubblica: A proposito della violenza verbale massificata, l'idea che possa essere almeno un poco ridimensionata in seguito al mutato clima politico mi sembra una pia illusione. E però, siccome è pia, vale la pena farla nostra, e illuderci: Enea venne detto "pius" perché capace di pietas, ovvero di compassione e di rispetto. Ditemi se non ce n'è bisogno... Al primo posto, tra le violenze da estirpare, non metterei però le cattive parole, ma i cattivi concetti, specie quelli carichi di menzogna dai quali deriva poi ogni sopruso verbale, e ogni volgarità formale. Ce n'è soprattutto uno, di concetto violento, che negli ultimi anni è stato dilagante, e di speciale gravità. Una specie di "padre di tutte le falsità", nonché di tutte le prepotenze. È quando un leader politico afferma di parlare a nome degli italiani, o di agire per conto degli italiani, quando è ovvio per tutti, e dovrebbe esserlo anche per lui, che sta parlando e agendo solamente a nome dei suoi elettori. Legittimo rappresentante di una parte, quel leader che si autonomina portavoce di un popolo intero diventa un insopportabile sopraffattore, nonché un mentitore conclamato. Lo fa molto spesso il Salvini, e ogni volta che parla a nome "degli italiani" mi domando perché qualcuno non lo interrompa o lo metta a tacere, tanto insopportabile (e violenta, appunto) è la pretesa di sostituire una parte, che è la sua, al tutto, che è di tutti. Se ogni politico, non solamente il Salvini, premettesse che sta parlando a nome dei suoi elettori, pochi o tanti che siano, non certo dell'intera comunità, sarebbe un enorme passo avanti per ristabilire quel minimo di fair play, cioè di rispetto della verità e degli avversari, che ultimamente è andato in cocci. Scrive ancora Chiara Valerio in “Protezione”: C’è un racconto di Kafka intitolato “La tana” al centro del quale sta un topo che potrebbe essere un uomo giacché sia gli uomini che i topi pensano in termini architettonici e, se non pensano, agiscono. Il topo, il narratore, ha un’esigenza che è un’ossessione, proteggersi dai nemici e così, nel corso della sua intera vita costruisce cunicoli e vicoli ciechi all’interno dei quali è signore e padrone. Potrebbe esserlo a dirla tutta e vivere tranquillo, ma ciò non accade perché, nonostante i muri, a un certo punto comincia a sentire un suono e si convince che quel sibilo è il segno di un nemico, all’esterno, che vuole ucciderlo. Cosa può fare qualcuno diverso da noi se non uccidersi? Questo pensa l’uomo topo. La protezione infatti per essere completa, per essere legittima, ha bisogno di un confine e oltre il confine, di un nemico. Come funziona però la costruzione dei cunicoli protettivi quando non si è soli come il narratore di Kafka, ma si vive nel mondo e, nonostante si sia democraticamente eletti, si ha la sindrome del topo, della protezione e del nemico? Prendiamo Salvini che ha fatto delle parole protezione e paura le strisce della propria bandiera. Prendiamo Trump, che con le parole borders e security ha aggiunto due stelle alla bandiera americana. Quali sono i cunicoli necessari alla nostra protezione? Dico Papeete, dico televisione. Intrattenere prima che capire. Intrattenere, per evitare che ciascuno di noi rimanga solo a gestire il proprio tempo. Intrattenere, prima di tutto, perché la gestione del tempo porta pensiero e il pensiero conduce al rispetto del tempo degli altri. C’è qualcuno, anzi sono in tanti, tantissimi, che vorrebbero quel popolo lì, quello nascosto dietro maschere bianche, popolo uniforme, popolo stordito “dall’intrattenimento” più stupido, più becero che si possa immaginare. C’è qualcuno, anzi sono in tantissimi, che vorrebbero ridurci a “topi”. E tutto ciò và impedito, và ostacolato con la vigilanza e la “resistenza”.
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